L’appartamento faceva il pari con il ristorante: una disposizione di luci che creava un’atmosfera rilassante e accogliente, un arredamento moderno, senza fronzoli, lineare, di buon gusto. Quando dal soggiorno e dalla cucina la visita della casa passò alla camera da letto, Antonella rimase colpita dalla grandezza del letto matrimoniale, ci si poteva dormire in tre senza incontrarsi. A lato dell’enorme letto un altrettanto enorme specchio che raddoppiava visivamente il volume della stanza. Qui le luci arrivavano al massimo del virtuosismo, creando luoghi di ombre e altri di luce, da soddisfare ogni tipo di esigenza, dalla lettura, alla visione della TV, ad altro, che, solo a immaginarlo riflesso sullo specchio, le fece sentire di essere un po’ più umida al basso ventre.
“Però! È stupefacente, sei bravissimo! Dietro a tutto questo credo ci sia una sensualità essenziale, ma non per questo meno potente, o mi sbaglio?”
“Acuta la signora, no, non ti sbagli.”
“Questa è una delle tue armi per affascinare le prede che porti qui?”
“No, questo posto è riservato. L’accesso è consentito solo alle persone che stimo e che mi hanno affascinato prima di desiderarle.”
“Non ti manca certo la dialettica. Mi devo sentire lusingata o come un coniglietto nella tana del lupo?”
“Tra un uomo e una donna, quello che finisce per essere il coniglietto è sempre l’uomo. Siamo noi il sesso debole. Dammi la tua mano, vuoi?” E nel dire questo le si avvicinò e le porse la sua. Anche Antonella era stanca di schermaglie e la prese. Lui la strinse leggermente e la portò alle labbra baciandole il palmo, poi la chiuse su se stessa come a voler tenere prigioniero il piccolo bacio che vi aveva posto. La tirò verso di sé e la baciò con impeto, cercando la sua lingua, che si fece trovare subito disponibile. La trascinò con sé sul letto, iniziò a sbottonare la camicetta, con calma, guardandola negli occhi. Lei fissava i suoi, chiari, penetranti, lasciandolo fare, aveva voglia di essere al centro delle sue attenzioni, passiva. Avrebbe avuto tempo per scatenarsi, la notte era ancora giovane. Dopo circa tre ore si trovava distesa prona su quel letto, nuda, con il volto girato verso lo specchio, mentre guardava estasiata il cazzo eretto di Piero che entrava e usciva da lei. Le donne hanno un’eccitazione più tattile, olfattiva o cerebrale, che visiva, infatti in qualsiasi posizione riescono a vedere la penetrazione con difficoltà, per cui si devono adattare, questa volta stava vedendo tutto e la cosa l’affascinava e la eccitava al tempo stesso. Piero, appoggiato con le mani a lato delle spalle di Antonella, stava spingendo con il bacino un’erezione spasmodica nella sua fica scivolosa, tenendo le cosce di lei unite fra le sue, che scaricavano il peso sulle ginocchia, affondate nel materasso. Il rumore dello scontro dell’addome di Piero sul culo di Antonella stava mandando fuori di testa entrambi, ma lei era eccitata da tutte le concomitanti emozioni: il piacere di sentirsi frugata così a fondo, l’osservare lo stantuffo che spariva dentro di lei, ma che in quella posizione sarebbe potuto entrare da qualsiasi parte, e l’idea era ancora più eccitante, il rumore, quel ciack ciack che sapeva di resa totale, di animalità, di vera e propria monta, come fra uno stallone e una puledra. E sì che quello stallone non gli aveva dato tregua fino ad allora e lei era ormai vicina all’ennesimo orgasmo, il cui numero le sfuggiva, ma la cui potenza no. Piero, ormai anche lui stanco, si accasciò per qualche attimo disteso su di lei, in preda alle contrazioni di un piacere completo, fisico, visivo, psicologico. Appagato, si stava rilassando dopo aver dato tutto quello che aveva e non era stato poco. Antonella dopo aver esaurito tutte le risorse fisiche, aveva bisogno di rilassarsi e di coccole, tanto per fare sedimentare tutto il piacere provato e ripartire, una volta ricaricata, per affrontare nuove emozioni. Ma non le voleva in quel luogo e non le voleva da lui, doveva rientrare nel suo guscio, desiderava rilassarsi fra le braccia sicure e protettive del suo Riccardo. Si alzò per andare in bagno portandosi dietro i vestiti, quando rientrò in camera pronta per uscire, trovò Piero già vestito.
“Ti accompagno alla tua auto.”
“Grazie, sì.”
Si avviarono in silenzio, quando furono vicino all’auto, Piero le chiese: “Ti rivedrò?”
“Chi lo sa? Mai dire mai.” guardandolo con un sorriso furbetto. Poi continuò.
“Fino a ora sei stato perfetto, mi auguro che tu continui dimostrando di saper stare alla tua altezza.”
Lo baciò su una guancia e montò in macchina.
Arrivata a casa, era abbastanza tardi, le venne in mente che non aveva inviato altri messaggi a Riccardo per tranquillizzarlo, ma dedusse che una volta informato sul proseguo della serata, ora più ora meno, la sostanza non sarebbe cambiata. Entrò facendo piano nell’eventualità che ormai dormisse, invece era ben sveglio, davanti al suo computer, molto interessato a cosa stava vedendo o leggendo. Lei si fermò appoggiata allo stipite della porta e lo guardò sorridente, lui alzò gli occhi e la squadrò da capo a piedi.
“Sei ancora sveglio.”
“Non pretenderai che vada a dormire fregandomene di te e di cosa ti succede!”
“Hai fatto bene. Entrare e non vederti… mi saresti mancato.”
“Qualcosa è andato storto?”
“Tutt’altro, anche troppo bene. Se fosse stato un evento sportivo, direi che è stata una maratona, tanta fatica, ma alla fine riesci ad avere le tue soddisfazioni. Ma alla fine morivo dalla voglia di abbracciare l’allenatore.”
Lui guardandola negli occhi si alzò.
“E sei ancora lì?”
Antonella volò verso di lui e si abbracciarono stretti, poi, sempre abbracciati se ne andarono in camera.
Lasciarono andare i vestiti dove capitava e si infilarono a letto nudi abbracciandosi di nuovo.
“Hai sonno?”
“Forse prima, ora mi è passato del tutto. E tu? Dopo una maratona sarai stanca con tanta voglia di dormire, o mi sbaglio?”
“Stanca lo sono, ma non potrei dormire sapendo te curioso di sapere tutto, con me che dormo fregandomene dei tuoi desideri. La mia esperienza non posso archiviarla fra le cose positive, se prima non l’avrò condivisa con te, con tutto quello che ne segue.”
“Avresti voluto dormire là?”
“Neanche un minuto di più.”
“Sei contenta di essere qui?”
“Felice e vorrei fare felice anche te. Io sono e rimango tua.”
“Allora che differenza fa se adesso dormiamo tranquilli e parliamo domattina? Girati e facciamo la seggiolina, buona notte.”
E si misero a dormire di fianco con lei aderente a lui come se la tenesse in collo. Al mattino indugiarono un po’ di più a letto per un bisogno di coccole reciproco. Si cercarono con le mani e con le labbra, con calma, godendo del piacere tattile della loro presenza fisica che, implicitamente, comprendeva la loro presenza affettiva, il bisogno di rinnovare il loro patto di alleanza, la loro complicità.
“Allora è stata una faticaccia ieri sera” esordì Riccardo guardandola, sorridente, negli occhi.
“In effetti, sì, anche se la quantità non è detto che vada sempre a braccetto con la qualità.”
“Perché non era all’altezza?”
“No, devo essere onesta, era all’altezza, eccome, ma non era te.”
Riccardo sorrise e scrollò la testa.
“Cosa ridi, sono sincera, lo giuro.”
Gianfranco Bronchi, medico, nato lo scorso millennio a Badia Prataglia, paese dell’Appennino tosco-romagnolo, situato nel Parco delle Foreste Casentinesi, attualmente riconosciuto patrimonio dell’UNESCO e da poco inserito nella GREEN LIST dei parchi mondiali, ha vissuto a Firenze per cinquant’anni, prima per motivi di studio, poi per lavoro. Una volta in pensione, è voluto ritornare al paese natio, dove la vita in mezzo alla natura scorre nell’atmosfera rilassata della provincia, a misura d’uomo, a contatto con tutto quello che ama e che dà emozioni. Cresciuto in quei boschi, animale selvatico e libero, ha sviluppato fin da ragazzo una notevole sensualità che gli ha permesso di scoprire la bellezza ovunque si nasconda, per questo ama viaggiare. Scoperto il sesso in età precoce per l’epoca, ne è nata una grande passione che l’ha spinto oltre che a praticarlo, a studiarlo fin nei dettagli: anatomici, fisiologici, psicologici, sociologici e di costume. Convinto che i rapporti fra le persone, sia che si basino sull’attrazione che sull’aggressività, siano sempre rapporti di tipo sessuale, si è voluto cimentare nella condivisione di certe emozioni anche in ambito letterario. Ha pubblicato infatti poesie, che lui chiama SCHEGGE, in quanto non si sente poeta, ma vive l’espressione del proprio più segreto sentire come un impellente e inarrestabile bisogno di espressione e di condivisione, quest’ultimo vissuto come uno dei cardini principali su cui ruota il piacere di vivere. Per altro, è convinto che il sesso, inteso come peculiarità espressiva dell’essere umano, sia una delle capacità più importanti e incisive che hanno gli individui per condizionare la propria vita e quella degli altri. Per questo, nei secoli è stato lo strumento, tristemente più usato, per esercitare il potere sui popoli. Vivere il sesso compiutamente e secondo le proprie inclinazioni, rispettandosi, è uno dei più forti slanci verso la libertà anche se non il solo. Nel 2021 ha pubblicato, sempre per Eroscultura, Gelosia e complicità.
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