La sua vita stava per cambiare, e niente le faceva più paura di questo.
È stato papà a tirarmi via. Si è piegato sulla sua fronte e le ha dato un bacio. Un bacio che sai che è l’ultimo e non vuoi staccarti. Era una buona madre, la migliore, ha detto, mentre mi spingeva fuori. Poi ha scosso la testa. Ma forse tutti i figli dicono così.
Sulla superficie liscia del tavolo si posa leggera una treccia di capelli. Bellissima, piuttosto spessa, di un rosso che un tempo doveva essere stato fiammante. La sfioro con le dita, presa da un’emozione indicibile. È legata alla punta con un nastro di velluto nero e in cima da uno spago. Avrà chissà quanti anni, si capisce dalla patina opaca che copre le ciocche, dal senso di fragilità che traspare a ogni intreccio.
‹‹Vai, vai, vai! Corri, Nando, corri!›› Poi ci fu solo il suono di passi convulsi, ramoscelli infranti e un vento torbido che frusciava tra i rami. Vide Nando superare il varco e continuare a correre nel buio. Lei, invece, non riuscì a seguirlo. Qualcosa l’aveva presa. E la stava trattenendo.

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