Ludovica Mancini ha diciassette anni, una testa sulle spalle e fuma qualche sigaretta di troppo. Non transige sulla maleducazione e attacca con la sua lingua velenosa chiunque osi sbarrarle la strada. È una che sa farsi notare.
Infatti, Lorenzo l’ha notata eccome.
Lorenzo Castelli è tutt’altra storia: un vero e proprio guaio che cammina. Diciannove anni, tre bocciature alle spalle, ancora deve capire la differenza tra italiano e dialetto romano.
Sullo sfondo di una Roma eterna, dove il liceo classico Giosuè Carducci si divide in centrale e succursale, Lorenzo e Ludovica finiscono in classe assieme e separarli diviene quasi impossibile.
Quasi.
Lui… ride.
Mi volto di nuovo, decidendo di non degnarlo più delle mie attenzioni. Tuttavia, l’unica cosa a cui riesco a pensare è che poco fa ha parlato in italiano, dopo che l’ho rimproverato in palestra per il suo dialetto.
Qui lo dico e qui lo nego: la voce di Lorenzo Castelli, modulata in un italiano corretto e autoritario, con quel pizzico di accento romano, è sesso.
Ma qui lo dico e qui lo nego.
Ghiaccio.
Ciascuna delle mie terminazioni nervose si tramuta in ghiaccio, le ossa diventano blocchi di cemento e il cervello credo si sia paralizzato. Perché mi rifiuto anche solo di pensare al fatto che un ragazzo mi abbia rifilato un complimento coatto nello spogliatoio della palestra, mentre io sono mezza nuda ad asciugare l’indumento che dovrei indossare. Non sono in grado di accettare una cosa simile.
«Guarda che ce l’ho co’ te, principe’.»
Premo la maglietta al petto con tutta la forza di cui dispongo, coprendomi il più possibile, e mi volto con estrema lentezza, per nulla preparata allo scontro imminente.
È così che scopro il proprietario della voce bassa, roca e seducente, con l’accento romano troppo calcato e il dialetto immancabile.
In un attimo mi ritrovo seduta sulla lavatrice in bagno, con Lorenzo fra le gambe a tracciare il suo passaggio sul mio corpo. Ha le mani calde, mentre me le fa scorrere sulla pancia e si appresta a sfilarmi la felpa, assicurandosi di fare attenzione al tutore.
«Io…» Gli si strozza la voce. «Ludovica, io…»
«Tu?» lo incito a continuare.
«Io… non so che cosa dire…» Sorrido, con tutto l’amore che ho per lui, e allaccio un braccio attorno alla sua vita. «E allora non dire più niente. Baciami e basta.»
Stringendo i miei capelli, Lorenzo si appropria della mia bocca. Stavolta non lo fa con la sua solita calma, con quella voglia di esplorare e godersi il momento. Lorenzo mi bacia quasi con disperazione, come se ne dipendesse la sua vita. Mi bacia come se mi amasse talmente tanto da odiarmi.
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