«So che mi odi per ciò che è successo anni fa, e anche se è passato del tempo vorrei… ecco, io vorrei, chiederti scusa. Avrei dovuto farlo prima. Non sai quanto mi dispiace per come sono andate le cose», dico tutto d’un fiato.
Il ghigno scompare dalle sue labbra lasciando il posto a un’espressione imperscrutabile.
«Tu pensi che con delle cazzo di scuse sia tutto a posto? Sei davvero così ingenua o sei stupida?», mi dice inclinando il capo guardandomi con curiosità.
«Io…», le parole mi muoiono sulle labbra mentre i suoi occhi scivolano lungo tutto il mio corpo per poi risalire sul mio viso e mi sento come se fossi sotto esame.
La sua mascella si irrigidisce e afferma con voce dura: «Non le voglio le tue fottute scuse. Come non ti voglio qui a Yale. Non ti voglio in nessun cazzo di posto dove sono io, piccola infame».
Le sue parole mi colpiscono come uno schiaffo, abbasso lo sguardo sentendomi a disagio e devo metterci tutta la forza di volontà per non dimostrargli quanto mi abbia ferita.
Ci provo.
Ci provo, maledizione. Ma ugualmente una lacrima solitaria scivola sulla mia guancia e la asciugo in fretta riportando lo sguardo su di lui.
«Smettila di chiamarmi in questo modo. Smettila. Per favore. Cosa posso fare per far sì che tu smetta di odiarmi?».
«Per odiarti avrei dovuto provare qualche tipo di affetto per te, Mitchell. Invece tu per me sei niente», sibila in tono cattivo avvicinandosi di nuovo. Faccio un passo indietro d’istinto e finisco con le spalle contro la porta.
Sono in trappola.
Damon mi imprigiona poggiando una mano contro la porta e con l’altra mi agguanta per il mento sollevandomi il viso fino a ritrovarci a un soffio l’uno dall’altro.
I nostri nasi quasi si sfiorano e il mio cuore sembra voglia sfondarmi il petto per quanto batte forte.
«Cerca di starmi alla larga, o renderò il tuo primo anno un inferno. Questa volta non ci saranno tua zia o i miei genitori a difenderti. Questa volta non mi limiterò a vietarti di venire a casa mia. Questa volta mi assicurerò che tu paghi per i tuoi errori. Benvenuta a Yale, Cheryl. Sei nel mio cazzo di regno e qui comando io», esordisce lapidario facendomi tremare per quanto sono pregne di cattiveria le sue parole. «E adesso sparisci», aggiunge mollando la presa dal mio volto e si allontana.
Non me lo lascio ripetere e scappo via come se temessi che potesse inseguirmi e mettere in atto la sua minaccia.
Mi fermo soltanto una volta che sono fuori dalla struttura e cerco di riprendere fiato.
Cerco di far rallentare il battito impazzito del mio cuore, ma non c’è verso.
Le sue parole mi vorticano nella testa e ho l’impressione che più che un avvertimento la sua sia una promessa.
Damon Coleman è il demonio e ho paura di essere appena piombata all’inferno.
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