La storia di Elena è ambientata tra l’Italia e l’Inghilterra, tra la ricerca di un lavoro stabile e una relazione amorosa appagante. Il riferimento alle libellule, oltre alla sua predilezione per questi insetti, riguarda prevalentemente alla sua voglia di libertà e leggerezza.
Ogni capitolo è contrassegnato dal nome di un personaggio o di una città, con relativi ricordi e lunghe spiegazioni. Il primo, intitolato Roma, racconta più che altro della vita di Annalisa, una giovane suora che divide la stanza in un convento dove risiede momentaneamente anche Elena. Il racconto della vita della suora però, non apporta uno sviluppo coerente con la storia, non ha una funzione precisa nella narrazione, risultando soltanto una lunga e inutile esplicazione. Lo stesso vale per quasi tutti i capitoli dove si riscontrano ripetizioni, “spiegoni” troppo lunghi, frequenti e molto infantili, con dialoghi scontati che non aiutano a sviluppare un ritmo. Anche i verbi sono discordanti all’interno di una stessa frase.
Analizzando la protagonista principale, la ventottenne Elena, appare una donna dalle caratteristiche di una quindicenne, che riesce ad innamorarsi a prima vista ogni volta che incontra un nuovo ragazzo, che scambia le prime attenzioni di un uomo per vero amore. Parla di felicità quando assapora una cioccolata con il ragazzo di turno, sognando di potere continuare a frequentarlo per poi asserire di preferire la carriera all’amore.
Alcuni personaggi non hanno una funzione precisa, le loro azioni o emozioni inoltre non sono riuscite a creare la giusta empatia, come anche le parentesi che raccontano avvenimenti del tutto incoerenti con la storia.
Credo che questo non possa definirsi un romanzo, ma un insieme di pagine di un diario da cui emerge la personalità di una ragazzina; pagine che non riescono ad andare oltre l’intrattenimento, senza un ritmo o una morale, bisognose di una correzione approfondita.
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