Dove stiamo andando? Non lasciamoci ingannare dall'età veneranda di questo interrogativo che nonostante le sembianze di un matusalemme spiazza gli uomini di tutte le epoche e di tutte le latitudini. I più propensi alla rassegnazione potrebbero dire: non c'è altro posto in cui andare se non quello in cui siamo già; un posto fatto di solitudine, di uomini posseduti dalla tecnologia, di anime sopraffatte e impotenti. È il luogo desolato descritto nelle storie di Stefano Labbia, fatte di scenari aridi e frenetici, fatte di nichilismo e di una umanità di pietra. Persi in un labirinto senza entrata, in cui siamo collocati da sempre, in cui siamo nati, dove stiamo correndo? E che senso ha? E seppure stiamo andando da qualche parte, seppure questo non fosse un mondo statico, siamo davvero noi a stabilire la rotta della nostra esistenza? Le anime che trovano voce nelle pagine di Stefano Labbia sono perse e rabbiose eppure non sempre rassegnate perché, anche se non lo danno a vedere, sanno che questo non è il migliore dei mondi possibili.




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