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Nathan MacTavish è il meteorologo più sexy del Regno Unito. Come potrebbe essere diversamente, con i suoi geni scozzesi, gli occhi azzurri e un sorriso da canaglia che non deve chiedere mai, soprattutto alle donne?
Peccato che il bel Nat abbia seri problemi con il gentil sesso che cerca di risolvere – con poco successo – grazie all’aiuto di un gatto e di un gruppo di temibili signore di mezza età. Se sul fronte sentimentale la sua vita è un disastro, almeno su quello professionale sembra andare tutto alla grande...
Arabella Johnson lavora per City Channel, nota rete televisiva londinese, e l’ultima cosa di cui ha bisogno è un uomo – anzi, un troglodita – misogino e pieno di sé che le gironzoli attorno.
MacTavish è il sogno erotico di ogni donna e l’incarnazione di tutti i suoi peggiori incubi. Per fortuna, nei week-end può fuggire da Londra e rifugiarsi da zia Mabel e sarebbe tutto perfetto, se non iniziasse a provare una fastidiosa, irritante attrazione per Nat, i suoi sorrisi e quei bicipiti da urlo…
«Mi scuso se ho urtato la tua sensibilità con la mia galanteria, sono un vero maschio alfa arido e fallocratico.» Sorrido per la brillante scelta del termine.
Lei socchiude gli occhi. «Fallocratico, ma davvero? Adesso non tirerai fuori anche quella storia dell’invidia del pene?»
Premo il tasto relativo al piano terra e infilo le mani in tasca, quindi mi volto a guardarla; l’ascensore è luminosissimo, poco spazioso e Miss Nevrotica sta arrossendo come un peperone; dovrei tacere e smetterla di tormentarla. Lo farei, se fossi un vero gentiluomo ma, ahimè, non è questo il giorno. «Invidi il mio pene?» domando e lei avvampa del tutto.
«Non stavamo parlando del tuo… del tuo…»
Non riesce a terminare la frase, così sorrido. Ѐ quasi tenera quando si imbarazza o, per lo meno, lo sarebbe se non sapessi che in lei convivono due entità diverse e ben distinte: una ragazza carina e timida e una pazza scatenata che staccherebbe il suddetto pene dal mio corpo con un colpo di katana.
«Pene. Il mio pene, è questa la parola che stavi cercando.»
Lei batte un piede a terra. «Ho capito, non c’è bisogno che continui a ripeterlo» sbotta e pare quasi che le lentiggini che le punteggiano il naso prendano fuoco. Vorrei dirle: ma nessuno ti ha mai detto che se mostri a un uomo quanto ti causa fastidio un argomento, lui continuerà a punzecchiarti in eterno sulla materia in questione? Va bene che non siamo più al liceo da un pezzo, ma noi maschi – si sa – siamo eterni bambinoni.
«Puoi anche usare un’altra parola: pisello, fallo, uccello, batacchio…» insisto.
Arabella assottiglia le labbra e sembra sul punto di esplodere, quando l’ascensore muore con un sobbalzo.
«Oddio, cos’è stato?» strilla e mi abbraccia fortissimo.
«Credo che l’ascensore si sia fermato»
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