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Isabel:
Sono Isabel de Todos los Santos, principessa ereditaria di una delle monarchie più antiche del mondo.
Ho vissuto tutta la vita sotto una campana di vetro, ma finalmente è la mia occasione di spiccare il volo: andrò al college, tutta sola.
Peccato che una festa troppo movimentata rovini i miei piani e per punizione mi ritrovi in Scozia, dove piove sempre. E io ho una dannata paura dei temporali.
Sarà per questo che, durante una tempesta, finisco per puro caso tra le braccia di un ragazzo alto e bellissimo. Lui mi stringe, mi conforta e poi sparisce nel nulla.
L’ho promesso ai miei familiari: niente casini. Starò lontana dai guai.
Peccato che i suoi occhi grigi mi abbiano lanciato un vero incantesimo.
Il college. Nuovi amici. Un ragazzo normale di cui innamorarmi per la prima volta.
Tutto quello che voglio.
David:
I miei genitori mi hanno chiamato così, proprio come Beckham.
Ma i tifosi mi chiamano King.
C’è una cosa che so fare maledettamente bene, ed è giocare a pallone.
Sono un vero Dio, in campo e con le ragazze, ma ora devo stare lontano dai casini.
Questa è la mia grande occasione: l’esordio in Premier League in una squadra scozzese, il mio sogno da sempre, e la Nazionale.
C’è anche l’università, perché io sono abituato a onorare le promesse.
Giocare e studiare duro. Questo è quello che devo fare.
Fino a che una bellissima ragazza dai boccoli chiari mi si incolla addosso durante un temporale.
Lei è così dolce e innocente, e soprattutto non ha la più pallida idea di chi io sia.
Resistere alle tentazioni. Tutto quello che non voglio.
«Non hai nemmeno intenzione di salutarmi?»
Il tono acido mi colpisce alle spalle.
Lo sento penetrare nella carne, fin quasi a trafiggermi il cuore.
Era questo che non volevo. Non volevo incontrarlo, e che mi facesse sentire in colpa.
No, un attimo. lui mi ha mentito, giusto? La colpa mica è solo mia. Assolutamente no, accidenti.
E non conta nulla che lui sia bellissimo oggi, con quel cavolo di completo e i capelli che si è già spettinato con le mani, come fa sempre senza nemmeno accorgersene.
I suoi occhi di quello spettacolare grigio screziato sono così severi, adesso. Diversi da quando si stava finalmente aprendo con me. Diversi da come erano durante i suoi baci.
Ehi, sveglia! Ti stava raccontando un sacco di balle!
Il pensiero fa montare tutta la mia rabbia. Già non è stato facile per me parlare in pubblico, rispondere alle domande del Rettore, sciorinare il mio bel discorso sull’importanza dello studio, su noi ragazzi che siamo padroni del nostro futuro, e tutto il resto.
Non lo è mai. Io non sono mia madre, nemmeno mio nonno.
Non lo so chi sono.
E non lo saprò mai, perché tutti mi vedranno sempre e solo attraverso questo titolo che non ho scelto.
Qualcosa adesso mi morde il cuore. Forse è la vera Isabel, chissà.
«Non lo so. Potresti salutarmi tu, per cominciare.»
«Dipende. Ho il permesso di rivolgermi a Vostra Altezza?»
«Prima mi parlavi, mi pare» sibilo.
Sono davanti a lui, adesso. Per guardarlo negli occhi devo alzare la faccia, anche se grazie ai tacchi ho guadagnato diversi centimetri. Ma non gli permetterò di farmi sentire inadeguata.
Il signor calciatore sarà abituato a modelle sfrontate che non vedono l’ora di entrargli nei pantaloni, ma gli insegnerò io come rivolgersi a una signora.
«Per cosa? Per farmi sentire un deficiente?»
«Non so, dimmelo tu. Magari un povero parcheggiatore che non ha i soldi nemmeno per i libri di scuola.»
«Questo lo hai dedotto tu, maestà.»
«E tu ti sei ben guardato dallo smentirmi.»
«Sentila, miss trasparenza. Quanti castelli hai? E le corone dove le tieni, nel mobiletto del bagno?»
Sono vagamente consapevole delle persone attorno a noi che assistono a questa specie di sfida senza osare intervenire. Io e Mister Temporale e campione di calcio di ‘sto cavolo ci guardiamo con occhi che lanciano fiamme.
Se le parole fossero coltelli, saremmo già morti.
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