Piana d’Ogliastra, prima metà del Novecento.
Anna sogna di andare a scuola per diventare maestra.
Celeste non ha mai visto il mare.
Caterina ha l’innocenza negli occhi e un cavallino di legno tra le dita.
Tre vite diverse, accomunate dall’essere nate in una terra bella e spietata al tempo stesso, navigano a vista tra le rovine di un’infanzia amputata prima del tempo dalla cecità degli uomini. Orfane di affetti, piegate come ginepri solitari per non soccombere alla violenza del vento della vita, troveranno conforto tra le fredde mura di un collegio e lì, al riparo dalla crudeltà del mondo, sperimenteranno l’amore filiale, l’amicizia e il perdono, i soli sentimenti in grado di restituire un senso alla loro esistenza.
Maena Delrio ci regala un romanzo corale ambientato in Sardegna, una storia familiare che attraversa il Novecento.
Non si poteva aggiustare ciò che si era rotto, come non si poteva cambiare ciò che era stato. Bisognava accettarlo, e andare avanti, senza permettere al passato di condizionare il futuro, senza ignorare gli eventi, le varianti, le opportunità.
Lei stessa aveva lottato, senza mai giungere a compromessi, senza scegliere il male minore, senza permettere al rancore di offuscarle la ragione per nessun motivo. Non si era arresa, mai.
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