venerdì 23 aprile 2021

Recensione Romanzo - BY GRAZIA - DARK WINGS di Krisha Skies

 















Precaria è la pace che da una ventina d'anni perdura tra la Repubblica di Azra, terra della Gente Alata, e le città-Stato della federazione del Patto Meridionale, abitate da esseri umani. La giovane universitaria Lyan Alba decide di trasferirsi nella Città Bianca, capitale di Azra, dove vive già suo padre, interprete presso l’ambasciata. Scopre presto a sue spese, tuttavia, che laggiù la vita per i pochi esseri umani presenti non è affatto facile. Due culture così diverse difficilmente possono coesistere. Le discriminazioni razziali e un conflitto nelle vicine terre dei coloni umani gettano un’ombra sulla permanenza di Lyan, che però è intenzionata a restare. Lei è lì per rintracciare un giovane Alato, conosciuto anni prima, rimasto nel suo cuore. Ma un'altra ingombrante presenza turba le sue emozioni, nonostante i pregiudizi. Sentimenti contrastanti, condizionati dal destino, la porranno di fronte a una scelta che, malgrado le apparenze, si rivelerà la più difficile della sua vita: volare o cadere… Dark Wings è il primo volume della saga del "Ciclo delle Ali Oscure".





Eccomi qua, lettrici dipendenti. Oggi vi parlo di Dark Wings, il primo volume del Ciclo delle Ali Oscure.

Un genere fantascientifico entusiasmante, arricchito altresì da numerosi colpi di scena che trascinano all’interno di emozionanti e suggestive ambientazioni, lasciandoti veramente col fiato sospeso.

Dark Wings emoziona, incanta a ogni passaggio, a ogni paragrafo dialogico.

La trama, originale, talmente veritiera, entra subito in empatia con il lettore. I personaggi sono descritti in modo eccellente nella loro complessità psicofisica, e nei quali emerge a volte una fragilità che li rende verosimilmente umani.

Lo stile colloquiale, attento e sottile dell’autrice, rende l’intreccio della storia comprensibile alla lettura.

Il prologo mi ha colpito intensamente. Frasi ricche di poesia e di un’intensità narratologica originale e unica, dove la bravura dell’autrice emerge: forte e accattivante nelle sue poliedricità concrete dei sentimenti contrastanti tra odio, amore, dolore, ideali e sacrificio; emozioni umane che danno un input in più a l’intero romanzo.

Per farvi comprendere in modo migliore cosa intendo, vi riporto qui il prologo:


Ali di seta, ma taglienti come lame affilate. Ali che hanno cavalcato la furia dei venti e planato sulle correnti.

Che cosa resta di esse, se non un nero sudario di cenere?

L’odore di piume carbonizzate è così acre da farmi bruciare gli occhi, da farmi mancare il respiro.

Che cosa ti hanno fatto?

Mi mordo la mano stretta a pugno per impedirmi di urlare, affannandomi a schiacciare il collo e la spalla contro le sbarre della prigione, così fredde da tagliarmi la guancia. Tuttavia, anche così il mio braccio destro, teso verso di te, non riesce a raggiungerti.

Artiglio l’aria con le dita in maniera spasmodica, sussurrando il tuo nome, implorandoti di avvicinarti, ma tu resti immobile, nell’angolo più buio e lontano della tua gabbia. Mi ignori, senza mostrare in alcun modo di avermi riconosciuta.

Cercando di riprendere fiato, mi stacco lentamente dalle sbarre, guardandomi indietro: per il momento sono sola, ma non lo sarò ancora per molto.

Non ho tempo. E ho paura, una paura che mi ha asciugato la bocca.

Mi lascio scivolare a terra sentendomi improvvisamente priva di ogni forza e mi guardo le mani.

Che cosa ci faccio qui? Io non sono una persona coraggiosa, non dovrei trovarmi in un luogo come questo. Il mio corpo lo sa e per questo non mi sostiene.

Soffocata dal terrore, combattuta tra il desiderio di provare ancora una volta a chiamare il tuo nome e quello di scappare lontano dall’orrore di questa prigione, sento che i battiti del mio cuore cominciano a susseguirsi in maniera irregolare, provocandomi dolorose strette allo stomaco.

Mi impongo di respirare profondamente, con lentezza, e mi copro gli occhi con le mani.

«Ti prego, ti prego, ti prego…» sussurro, anche se nemmeno io so bene a chi mi stia rivolgendo.

Mi sfugge un gemito e subito, con uno scatto, mi giro indietro per accertarmi che i miei singhiozzi soffocati non abbiano richiamato qualcuno.

Ma sono ancora sola.

Sospirando sollevata, torno a voltarmi verso la tua figura e, impedendomi di urlare per la sorpresa, ti trovo di fronte a me, intento a fissarmi. Per un attimo, troppo stupita per reagire, fisso il nero delle tue pupille dilatate in maniera innaturale, i lividi sul tuo viso, le tracce di sangue rappreso che hanno cercato di ripulire sommariamente.

Le tue splendide ali, bruciate.

Scuoto la testa, cercando di riprendermi dallo shock. Non voglio che tu possa leggere sul mio volto la pietà, perché so che ti ferirebbe.

Anche quando ti ho visto piangere, quell’unica volta, ho fatto finta di non accorgermene, perché altrimenti non ti saresti mai perdonato di aver ceduto alla debolezza.

Cerco di sorridere, per nascondere il mio dolore nel vederti così, ma, per quanto mi sforzi, riesco soltanto a tendere le labbra in un ghigno; ciò che vedo nel tuo sguardo è la sorpresa, il dubbio, il rimprovero.

Perché mi trovo qui? È ciò che i tuoi occhi mi chiedono.

La risposta, forse, è più semplice di quanto tu possa credere: sono qui per te, naturalmente. Perché voglio che tu stia bene, voglio che nessuno possa più torturare le tue ali col fuoco o colpire il tuo viso fino a farti sanguinare.

Sto rischiando la mia vita.

Per te.

Come se avessi potuto leggere tutte queste cose nella mia mente, distogli lo sguardo incurvando le spalle.

Che cosa provi?

Lentamente, mi avvicino di nuovo alle sbarre, stringendole tra le dita, mentre il freddo dell’acciaio serpeggia sotto la mia pelle. Sto per dirti di non preoccuparti per me, perché sei tu quello realmente in pericolo, ma, prima ancora che possa dischiudere le labbra, il tuo corpo sembra come attraversato da una scossa elettrica e la tua schiena si raddrizza. Le ali si spalancano.

Non sembra importarti del dolore. Attraverso le sbarre che ci separano, mi afferri con entrambe le mani il viso e i capelli, avvicinando il tuo volto al mio.

Posso percepire il tuo respiro rovente, le tue labbra ferite che sfiorano il mio orecchio.

Cerchi di raccogliere le forze per dirmi qualcosa, ma emetti soltanto un suono basso e aspro, qualcosa di simile a un ringhio.

Allora mi guardi dritto negli occhi, con un’espressione quasi feroce. Mi hai fiutato addosso la paura, come farebbe un predatore.

Adesso mi stai davvero spaventando, più di quanto non facciano gli uomini che hanno bruciato le tue ali.

Ti guardo stringere convulsamente le labbra, che non riescono ancora ad articolare suono, e poi ti sento infine sussurrare, in maniera stentata, qualcosa.

Allora metto le mie mani sulle tue e le stringo, sentendo svanire ogni speranza. «Ti prego, non farlo…» imploro. «Non puoi…»

Non mi rispondi per non disperdere le energie, perché sembra che persino respirare ti costi troppa fatica.

Avverto le tue dita che affondano di più tra i miei capelli, mentre il tuo viso si accosta ancora una volta al mio, per quanto te lo consenta l’acciaio di queste sbarre.

Nonostante cerchi di tirarmi indietro, le tue mani trovano la forza per trattenermi, impedendomi ogni movimento.

La tua bocca riarsa sfiora la mia, componendo quell’unica parola che mi hai sussurrato pochi istanti fa e che non hai trovato la forza di pronunciare di nuovo.


Perdonami.

Poi, in un attimo, mi spingi forte il viso contro le sbarre che vibrano per il contraccolpo. Una, due, tre volte…

Mentre continue scariche di dolore si irradiano dal punto dell’impatto in tutto il mio corpo, ho una frazione di secondo per accorgermi che sto perdendo i sensi e, in quell’attimo, cerco un’ultima volta, disperatamente, i tuoi occhi.

Che cosa hai fatto? Cosa?

Lotto per restare cosciente, tento di resistere con tutte le mie forze, ma ormai sto già scivolando nel nulla, dove regnano soltanto tenebre e silenzio.

Appena un istante prima di accasciarmi al suolo, avverto la tua mano gelida premuta su una guancia.

E la tua voce rauca, ma finalmente chiara.

«Perdonami… Lyan…»


«Ah, cosa non si farebbe per amore!»

Quello che Lyan cerca di fare per Azalel, aznariano

caduto in ostaggio nelle mani della Milizia per la Liberazione, pur sapendo di rischiare la vita per cercare di liberarlo. Dato che la versione umana è più rozza degli ultranazionalisti Alati.

- Non ditemi che non vi sono venuti i brividi a fior di pelle! -


Buono il contrasto dei due Mondi in conflitto tra loro: Creature Alate,

dall’altra gli esseri umani, che nel corso della storia percepiranno questi ultimi con più come Angeli benefattori ma più vicino a Demoni.

Tuttavia, nessun filo sottile divide il male dal bene, solo un’unica caratteristica

prevale nella lotta tra le due fazioni, ed è quella della prevaricazione di una razza nei confronti dell’altra.

Un’egemonia quasi sempre presente anche nella realtà della Storia dell’essere umano.

Pensiamo alle Guerre Mondiali, agli stermini perpetrati nel tempo, dove la pace ancora sembra lontana.

Basta una piccola scintilla per accendere gli animi di rivalsa verso altri simili.

Il razzismo, primo tra tutti, che aumenta e fomenta persone che già intrinsecamente covano odio per altre razze che reputano inferiori.

In quest’epoca vive e sogna la protagonista del romanzo, Lyan, una giovane lontana da quelli che furono gli orrori dei conflitti.

Un personaggio che sprigiona naturalezza e spontaneità nel fare le proprie scelte, che scaturiscono, soprattutto per quanto riguarda l’amore, che trascina la protagonista in un nuovo territorio chiamato: “Città Bianca”, capitale fondata dagli esseri Alati dopo aver usurpato gli esseri umani.

Un’altra qualità di questo romanzo che ho apprezzato molto, è stato quello di saper cogliere le diverse sfumature ma con uguale misura e attenzione le svariate situazioni e i temi trattati, a partire dal semplice evolversi dei personaggi, che non risultano piatti, bensì a tutto tondo, non propriamente come gli eroi perfetti che spesso ci capita di leggere in altre storie di genere.

Infatti, se andiamo ad analizzare il personaggio di Lyan, non è un’eroina, ma una ragazza fragile come tutti gli esseri umani, non nasconde timori, paure e debolezze, che riesce a superare grazie alla sua capacità di trasformarle in energie. Questo è un punto di forza nel romanzo, perché di solito, in altre storie di genere, leggo spesso che la protagonista è l’eroina del momento, l’unica a risolvere questa o quell’altra situazione. Ma si sa, più i protagonisti di una storia sono resi umani, “Umano, troppo umano”, come affermava un nostro amico filosofo “Nietzsche”, la cosa funziona egregiamente.

A dirla in breve: un fantasy che esula da tutti gli altri.

Che altro aggiungere; una sincera approvazione all’autrice, la quale riesce a trascinare con la sua forza narrante il lettore in una dimensione fantascientifica di grande spessore.


















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