“Piovono emozioni” di Daniela Perelli è uno di quei romanzi “lisci”, passatemi il termine. Ovvero, uno di quei libri che riportano una serie di racconti (più o meno collegati tra loro) leggeri, scorrevoli, ma non privi di contenuti.
Mi piacciono questi romanzi, perché sono capaci di trasmetterti molto anche in pochissime righe. Per intenderci, sono come “i detti”, che si tramandano e si imparano nel corso della propria vita. Corti ma fondamentali! Questa tipologia di romanzi quindi, ci consegna tra le mani piccoli aneddoti della vita dei protagonisti di ogni singola storia, che ci fanno riflettere su tante cose e che, allo stesso tempo, risultano molto piacevoli da leggere. A tal proposito vorrei proprio consigliarvi “Quando sarò bambino” di Adamo D'agostino (per il quale è stato realizzato anche un film) che ho trovato molto piacevole e con un finale a sorpresa che vi sorprenderà.
Ecco, proprio sulla base di questo piccolo romanzo ho scelto di leggere “Piovono emozioni”, ritrovandomi purtroppo, ahimè, un po’ delusa.
Non vorrei sminuirlo, perché l'idea di base è molto interessante, purtroppo però è sviluppata male.
Le storie narrate risultano molto fluide durante la lettura e spensierate. Il problema però è che sono incomplete, o meglio, hanno un punto di inizio e uno di arrivo ma non hanno uno svolgimento centrale pieno.
Per capirci, immaginate siano le 17:00 in punto, ora dello spuntino pomeridiano che per molti oramai è diventato “english”: tè e biscotti. Bene. Proviamo a sostituire i biscotti con una bella fetta di torta, non so, quella che preferite (per me assolutamente Red Velvet! Ma anche una bella fetta di Moretta non guasta!). Avete osservato e divorato con gli occhi quella fetta di torta per tutto il tempo, da dietro il bancone, mentre con ansia aspettavate il vostro turno e il relativo scontrino d’ordine, sperando che nessuno prima di voi scelga proprio quella, l'ultima fetta di torta rimasta. Tocca a voi, è tutta vostra. Fatto lo scontrino vi recate dinanzi al bancone dove una gentilissima ragazza ve la passa, ma non prima di averla impiattata a dovere insieme ad un piccolo tovagliolino e un ciuffetto di panna zuccherata. Bene. La prendete e vi recate al tavolo, sognanti, già con la bava alla bocca, perché presto le vostre papille gustative assaggeranno quanto di più squisito al mondo! Quindi, vi accomodate al vostro posto, dove nel frattempo un'altra ragazza ha già lasciato per voi una tazza di tè fumante ai frutti di bosco. Annusate il profumo che arriva dai vapori che ancora escono per il calore della bevanda, prendete la fetta di torta tra le mani facendo attenzione a non sprecarne nemmeno una briciola, tanto l'avete desiderata, chiudete gli occhi, aprite la bocca, avvicinate la torta alle labbra, pronti per far godere le vostre papille gustative e… la cassiera si palesa davanti a voi. Con una mano blocca l'ingresso della torta nella vostra bocca e voi aprite gli occhi, delusi. “Mi spiace, ma questa torta era del cliente precedente, la ragazza dietro il bancone si è sbagliata” – così risponde al vostro sguardo interrogativo e inquisitorio. In una frazione di secondo, prende la torta e la porta via, lasciandovi con la bocca ancora aperta e la mano ferma a mezz'aria, vuota.
Così mi sono sentita al termine della lettura di ogni racconto presente in questo romanzo e mi dispiace davvero, perché le storielle sono sul serio interessanti! Ma, non si può raccontare un episodio accaduto al protagonista della storia, senza mai raccontare effettivamente l'episodio stesso, ma soltanto girandoci intorno. In particolare se la storia è improntata in maniera tale che tutto giri intorno a quell’episodio e tutto ci convince che prima della fine sapremo cosa è accaduto al protagonista, invece poi la cosa non avviene.
Sono sicura che elaborando ancora meglio le storie e non lasciandole come “sospese a metà”, l'autrice potrebbe ottenere molto di più.
Detto ciò, lascio a voi le vostre considerazioni e mi rendo sempre disponibile per un confronto.
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