“Gli ansiosi si addormentando contando le apocalissi zombie” di Alec Bogdanovic è un testo di difficile decifrazione. “Leggendo il libro di Alec ho incontrato uno spirito puro, la volontà di sfogarsi, di giungere a una catarsi col lettore che non porti però a giudizi di merito, ma “solo” a nuova consapevolezza” si afferma nella prefazione.
Il tema della depressione e dell’ansia, che ho vissuto e vivo personalmente, vera epidemia del nostro tempo, della “società eccitata” della quale parla il filosofo tedesco Cristopher Turcke, mi intrigava molto.
Mi aspettavo qualcosa di molto diverso, un testo introspettivo e profondo anche se condito da un’ironia che sicuramente non fa mai male.
Di fatto, vorrebbe essere una specie di autobiografia, non è chiaro se dell’autore stesso o di un personaggio immaginario.
Tutto il libro è percorso da una visione dei rapporti amorosi e sessuali tra uomini e donne come “una guerra fra i sessi” visione lontanissima dalla mia, per la quale l’amore è innanzitutto incontro e scambio paritario.
Vedendo l’amore come una guerra, è difficile che si produca l’ormone dell’Ossitocina, quella dell’amore che ci salva dalla depressione.
In un passo del racconto, l’autore cita anche la sottocultura dei cosiddetti “Incel” che ripresa dall’inglese significa “celibi involontari”. Una sottocultura molto attiva sul dark web della quale io mi sono occupato come studioso di scienze sociali e che sostiene di rappresentare i “maschi brutti” vittimizzati dalle donne che li ignorano.
La scrittura è molto frammentaria, divisa in micro-capitoli di uno o due pagine.
Il linguaggio usato nel descrivere i rapporti fra il protagonista e le ragazze è spesso volgare senza essere intrigante o eccitante dal punto di vista erotico (lo stesso termine usato in modi diversi può essere semplicemente volgare o eccitante, questo dipende dalla bravura di chi scrive).
Il finale, scritto ad aprile 2020, allude al coronavirus e una specie di apocalisse zombie causata da un virus ancora più cattivo. Anche questo finale risulta scarsamente comprensibile e collegato al resto del libro. Più che della depressione, il libro appare come la cronaca della frustrazione sessuale del protagonista. In alcune parti sembra anche sessista, ma qua si salva con l’autoironia del genere “premetto che dirò una cosa sessista”.
Nel complesso questo testo non mi è piaciuto, né per lo stile della scrittura, né per il linguaggio usato, né per l’idea di guerra fra i sessi che non mi appartiene. Inoltre, non riesce a raccontare davvero il dramma della depressione e dell’ansia generalizzata.
Certamente c’è qualcosa anche da salvare: l’ironia è sempre ben accetta e alcune parti risultano anche divertenti e utili a sdrammatizzare il tema. Non sempre però l’ironia è riuscita e appropriata.
Quello che mi è rimasto di questo libro è l’importanza vitale dell’amore. L’ossitocina, l’ormone dell’amore, è quello che ci impedirà di diventare zombie.
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