"B. è la mia iniziale, la mia Miss V. ha due volti come la luna. Leggo romanzi di formazione maledetti, guardo film trash, ascolto musica elettronica e sono al momento senza lavoro. Se qualcuno ha un’offerta, mi faccia un fischio!
Mi sono seppellita quando sono nata, ma non volevo: mi ci hanno costretto. Ho una sensibilità da aliena, mi guardo allo specchio perché ho paura di me; a volte perché mi devo cercare. Non mi sono ancora trovata, ma forse questa è la volta buona e qui ve lo racconto. Forse di me capirete poco, devo capirci anche io. Il mio non è il paese delle Meraviglie, è simile a un film a scatole cinesi. L'unica certezza è erotica perché la sento nella pelle per ritrovarmi. Fino a quando non incontro...
B."
La
solitudine era la mia Madame X. La migliore, fino a quel momento,
proprio perché non dovevo un cazzo di spiegazioni a nessuno.
Mi
svegliai nel cuore della notte con il cervello in pappa di pensieri.
Erano pesi come macigni; per fortuna la mano amica li alleggerì
nello stropicciare le labbra, nude e ancora asciutte. La voce della
mia Marilyn mi portò lontano.
A occhi chiusi, dietro a una porta
serrata dal chiavistello trivellato dal tempo, andai ovunque, sul
tracciato del piacere che mi trafisse a gradi. Il corpo seguì i
movimenti della mano che si alzò e si abbassò, dentro e fuori,
umida e scivolosa dei pensieri che evaporarono.
La suoneria di
Midnight
Sky
si sovrappose a Bye
Bye Baby
per alcuni secondi.
“Che palle!”
Libido azzerata, mi
girarono le tette. Suonava sempre quando il corpo iniziava a
palpitare con il respiro in fibrillazione.
Presi il cellulare di
vecchia generazione – fottesega di stare su Facebook e altri
strumenti da ebeti del web – strusciando gli interni coscia per
tenere il piacere in caldo. Le allentai solo quando lessi il suo
nome.
“Ci vediamo?”
Guardai il quadrante con i numeri
giallo-fluo. Ore 2, spaccate.
Scrissi: “Ora?”
“No,
domani.”
Il solito coglione. Mi fermai a osservare il muro,
avvolto nel cono d’ombra. Sopra, la luna spalmava la sua luce
argentata. Premetti ancora gli interni coscia: rivoletti gocciolosi
si riversarono sul coprimaterasso. Tante gocce scandirono il ritmo
della mia indecisa-decisione.
Un’altra sequenza, un altro
messaggio da parte del coglione.
“La notte è corta.”
“Come
il tuo uccello.”
“Sei sempre la solita. O vieni o mi mandi un
video.”
“La terza chance?”
“Nisba?”
“Dacci un
taglio.”
“Il metodo-Bobbit è un po’ pesante, non trovi? E
poi mi lasci qui, con il culo scoperto?”
“Sei al solito
posto?”
Mi inviò un audio.
“Sì, al solito. Scopri il culo
con me?”
La sua voce da gattone accalorato mi scompigliò il
pelo pubico. Mi alzai in piedi. Feci per prendere la felpa, poi mi
fermai.
Estratto 2
La
stanza era così bella con la luna che entrava e faceva l’amore con
il buio e con le ombre delle fronde mosse dal vento. La stanza mi
proteggeva dal mondo e io proteggevo me stessa dal
Teofilo.
Finalmente mossi le dita sul tastierino appiccicaticcio.
“Resta lì, con il culo fuori. Magari tutta la notte, forse ti
riprendi.”
Spensi il telefono, lo lanciai sul comodino, mi stesi
di nuovo. Feci scivolare la mano tra le gambe, ma non mossi le pieghe
tentatrici. Il sonno fu più forte del desiderio. Per una volta mi
addormentai senza regalarmi l’orgasmo della buonanotte. Mi
addormentai, con una televisione in testa fatta di interferenze
oniriche impastate di facce, cosce spalancate, nuvole muta forme con
cuori pulsanti incorporati. Le lenzuola erano il dettaglio
stropicciato della realtà che mi vomitava addosso la sua crudezza.
Mi addormentai sapendo che per una buca data ne avrei ricevute
tre.
La legge dei grandi numeri non sbagliava, mentre quella
dell’attrazione, sempre. Almeno con me.
Grazie da parte di B.
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