“Ora John fissava di nuovo Alan sorridendo e annuendo.
«Bella nottata! Vagammo in auto tutti e tre fermandoci prima a un bar. Dopo aver fatto colazione, ricordo che mi mangiai due cornetti e un cappuccino bollente, ritornammo in auto e andammo ad un vecchio parco giochi pronto per la demolizione. Sai no? Quei posti pieni di altalene e cavalli a molla… beh io e Leonard siamo saliti su tutti gli scivoli. Rusty urlava mentre cercava di toccare il cielo dalla sua altalena. Donnie era su uno di quei cavalli a dondolo, ma ci restò poco perché dato che lo cavalcava con troppa irruenza lo ruppe e si ritrovò in terra. Rimase per un po’ a gambe all’aria con le mani sullo stomaco per le risate. Noi ridevamo con lui. Si macchiò il cardigan di terra e la madre, ci raccontò poi, lo fece lavare a lui».
Buttò giù una sorsata più grande, rilasciando un gemito di soddisfazione, come quello di un assetato che si disseta da una fonte d’acqua fresca dopo aver camminato per chilometri in un deserto rovente.
Mentre teneva stretto il boccale, il volto ora mostrava lievi segni di rammarico nel suo sguardo vissuto e costellato dai solchi del tempo. Non erano le rughe sulle gote che facevano sentire il peso dei suoi racconti. Ma quegli occhi azzurri quasi vitrei… «Eravamo tornati bambini quella notte. Non ci importava che qualcuno lo potesse vedere. Avevamo vent’anni e più. Ma non in quel momento».”
Dal racconto : Il Viaggio
Della raccolta : Visioni sotto un anfratto di stelle
“Mentre lui dormiva il sonno dei giusti, Sefene si svegliò e gli si avvicinò. Gli mise una mano sul petto e sentì il cuore di quell’uomo battere forte. Sorrise ancora crudelmente cercando di accostarsi a lui nella branda. Lorenzo non si accorse di nulla, continuava a dormire. Sefene cominciò a cantare dolcemente con la sua voce soave, carezzando delicatamente il volto di lui, cercando di dar vita a una specie di armonia docile e calma. Lorenzo parve sorbire l’effetto della nenia. Lei sorrise. Stava per baciarlo quando lui parlò nel sonno: «Elisa…» Sefene si bloccò e indietreggiò con la testa. Stizzita, emise un lieve grugnito mostrando dei denti di squalo che le allargavano la bocca come quella di un mostro. Le venature blu sotto gli occhi e sulle guance diventarono spesse e ben visibili. Lo sguardo ora era blu scuro ma gli occhi avevano la forma di quelli di un serpente molto crudele.
Alitò.
Un anelito fetido carezzò la faccia di Lorenzo che non manifestò alcun fastidio. Dormiva tremendamente stanco.
Sefene furiosa si alzò dalla branda e cominciò a muoversi rabbiosamente nella stanza con la bocca spalancata e i denti da squalo neri delle sue vittime passate.
«Devo mangiare la tua anima…» sussurrò con una voce roca e grottesca, fissandolo con gli occhi da serpe sempre più iraconda. Poi si fermò. Capì che poteva derubarlo della sua anima semplicemente raggirandolo.”
Dal racconto : L'anima del Pescatore
Della raccolta : Visioni sotto un anfratto di stelle
Quando aprii non riuscii a proferire parole, ma solo a strabuzzare gli occhi per la sorpresa e le fitte al cuore. Vidi dopo quarant’anni il piccolo Jeremia. Ora non più piccolo, ma l’innocenza dei suoi occhi era rimasta bloccata in quel corpo da adulto.
«Jeremia…» sussurrai senza alcun filo di voce.
«Salve, signore». Aveva il sorriso plastificato e dei tocchi di trucco sul volto sbiaditi. «Siamo in città per la prima volta e da pochi giorni. Le porgo dei biglietti per il nostro spettacolo di domani. Spero venga a vederci». Continuava a parlare senza alcuna emozione.
«Jeremia… sei vivo!» Lui mi fissava sorridendo, non capendo cosa gli stessi dicendo.
«Signore, i biglietti, prego». Mi stava porgendo dei fogli di carta. Erano volantini pubblicitari che assicuravano uno sconto a chi fosse andato allo spettacolo la sera successiva.
«Jeremia, sono io! Ian!»
Non riuscii a trattenermi. Scagliai a terra i fogli e lo presi per le spalle scuotendolo. La sua espressione mutò per un attimo. Divenne serio, triste e addolorato. Era come se lo avessi svegliato da un lungo sonno. Tremava. Osservai di nuovo il suo sguardo. Una lacrima scivolò via percorrendo il suo naso color ebano.
«Signore… vi attendiamo domani. Venga al nostro spettacolo. Lì ci sono i biglietti». La voce rotta e strozzata. Ci staccammo l’uno dall’altro, scossi. Lui mi fissò, cercando di comunicarmi qualcosa terrorizzato, poi si voltò e se ne andò.
Dal racconto : Il Biglietto del Clown
Della raccolta : Visioni sotto un anfratto di stelle
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