venerdì 16 ottobre 2020

Segnalazione Romanzo - SCRIVI CHE TI PASSA. LIBERARSI ATTRAVERSO LA SCRITTURA di Marilena Corato

 







Respiro Readers

vi segnaliamo

l' uscita  del romanzo

 dell'autrice italiana Marilena Corato.














TITOLO: Scrivi che ti passa. Liberarsi attraverso la scrittura

AUTRICE: Marilena Corato

CASA EDITRICE: Self Publishing

GENERE:  Narrativa

PAGINE:  172

PREZZO EBOOK: 1.99

PREZZO CARTACEO: 10.39

DATA USCITA: 3 Agosto 2020







A volte pensiamo che comportarci come delle perfette casalinghe sia il modo giusto per far felici tutti. In fondo siamo a casa, siamo fortunate, o no? É quello che si chiede Sara, la protagonista del libro, che da due anni è caduta nel limbo dell'ansia. Le giornate per lei sono tutte uguali: porta le bimbe a scuola, pulizie, spesa e poi a casa. La sera vorrebbe parlare di argomenti interessanti con le amiche o in famiglia, invece si trova a discutere su sconti sugli ammorbidenti. Tutto questo rischia di farla impazzire, ma un giorno, mentre è intenta a pulire la cameretta delle figlie, accade qualcosa. Un amuleto trovato tra i peluches sarà in grado di portarla in un mondo parallelo, lì conoscerà una persona che l'aiuterà a trovare se stessa. Il resto è magia.









Novembre è il mio mese preferito. Si sta bene, non fa ancora troppo 

freddo e la frenesia delle feste è appena cominciata. Come ogni 

mattina, la sveglia emette quello strano sibilo quasi impercettibile 

che sveglia solo me e riesce ad alzarmi dal letto dolcemente; così ho 

la possibilità di fare colazione prima degli altri.

Vado in cucina, preparo il mio tè e lo sorseggio ancora bollente. Dieci 

minuti di silenzio che gusto fino all’ultimo secondo. Fin quando…

«Mamma!»

La belva si è svegliata.

«Amore della mamma, calmati, arrivo!» La prendo e la porto giù.

Ha tre anni, si chiama Adele ed è mammona all’ennesima potenza. La 

segue a ruota la mia primogenita Letizia, otto anni, fortunatamente 

più autonoma – si fa per dire –, che si dirige verso il bagno ancora 

con 

gli occhi chiusi e scaraventa il pigiama dove capita.

Spesso mi chiedo dove abbia sbagliato nell’educare le mie figlie: non 

mi sentono neanche. Non riesco a capire quale stregoneria venga usata 

per far mettere in ordine i giochi, le mutandine sporche dentro il 

portabiancheria e magari anche le tazze della colazione nel 

lavandino. Chiedo troppo?

Sì.

«Buongiorno». Ecco mio marito dirigersi verso il bagno in “modalità 

Letizia”, tranne che per il pigiama scaraventato. Credo che quella sia 

l’unica parola che gli esca dalla bocca prima di aprire la porta e 

andare a lavoro. Si sa, sono uomini, sono di poche parole… soprattutto 

al mattino. Peccato.

Sapete, io invece sono una gran chiacchierona; mi piace anche 

ascoltare, ma capisco che non possiamo essere tutti uguali. Perciò me 

ne faccio una ragione.

Intanto proseguono i preparativi per cercare di uscire di casa in 

orario. Accompagniamo la prima figlia a scuola e la seconda 

all’asilo. Mio marito va a lavorare e io torno a casa.

Non lavoro da circa sei mesi ed è la prima volta che mi succede da 

quando ho compiuto diciotto anni. Non sono abituata a stare a casa e 

fare la casalinga e, ad essere sincera, a quarant’anni suonati sto 

riflettendo davvero su un futuro diverso.

Perlustro accuratamente la zona salotto per vedere che cosa c’è da 

fare, e onestamente avrei tanto “da fare”, ma le faccende domestiche 

non sono il mio forte. Non fraintendetemi, la mia casa è abbastanza 

pulita, quindi… è appunto “abbastanza pulita”.

Opto per la cucina. Preparo montagne di verdure fresche che congelo 

per i pasti futuri, e poi passo ai secondi; spesso però mi accorgo che 

manca qualcosa e così esco a prendere il pane, ad esempio, e aggiungo 

un saluto alla tabaccaia e un caffè al bar. E poi ancora casa.

Se non ho lavatrici da fare e la casa è abbastanza accettabile, mi 

dedico a sistemare quei cassetti che di norma dovrebbero già essere in 

ordine, così subito dopo posso dire: “Bene! Sono già le undici e tre 

quarti. Devo preparare la tavola!”

Mio marito arriva quasi tutti i giorni per l’una e mezza, quindi il più 

delle volte, per non mangiarmi il tavolo, inizio a sbocconcellare 

qualcosa; ho troppa fame, una fame anomala e mi rendo conto che, 

oltre al cibo, divoro la noia che mi circonda.

Ecco mio marito che esordisce con un: «Novità?» Novità… ma quali 

novità? Per circa cinque secondi penso alla risposta, ma non 

partorisco niente ed esce il solito «Tutto bene». Ma tutto cosa? 

Stare 

a casa è noioso! Ti puoi riposare, è vero, e decidi tu i ritmi con cui 

programmare le faccende. Ma davvero c’è chi sceglie spontaneamente t

utto questo?

Mi sono data anche alla lettura, ho letto più libri in questo periodo 

che nell’ultimo decennio, e questo è positivo; mi hanno aiutata molto, 

ma soprattutto mi hanno fatto compagnia.

Stando a casa perdi un po’ il contatto col mondo. A fine giornata mi 

piacerebbe poter raccontare qualche episodio lavorativo e invece mi 

ritrovo a parlare di sconti sugli ammorbidenti. Tutto questo 

ovviamente non interessa a nessuno. Le mie amiche lavorano e spesso 

senza capire il mio dolore se ne escono con la solita frase: “Beata te 

che stai a casa…” Certo, beata me.

Di solito mando loro il mio sorriso più finto; altre volte non ho 

neanche voglia di recitare, così faccio finta di non aver sentito e 

cambio discorso.

Al pomeriggio vado a prendere le bimbe a scuola, l’euforia di poter 

avere un pretesto per uscire non ha eguali, ma nonostante non le 

abbia viste per tutta la mattina mi sento scarica appena entriamo in 

casa. Ma è normale? Il senso di colpa, che accompagna questa mia 

sensazione giornaliera, mi schiaccia a terra come se fossi un insetto 

inutile. Questo senso di inadeguatezza nel fare la mamma e la brava 

donna di casa va in contrapposizione con quello che la società si 

aspetta da me e non parlo solo degli estranei, ma della mia stessa 

famiglia. Se ne stanno lì a compatirmi e a dirmi che dovrei fare 

qualche torta in più, leggere qualche fiaba in più, giocare un po' di 

più 

con loro; come se questa fosse la soluzione. Il problema non è 

quello che dovrei fare con loro, ne sono sicura e certamente non 

ricordo di aver chiesto un parere a proposito, ma quello che ricordo 

è 

che non mi prendo più cura di me stessa, da troppo tempo ormai ed è 

per questo che adesso mi sento smarrita. E per prendermi cura di me 

non intendo giornate intere in una SPA – anche se ogni tanto ci 

vorrebbe-, semplicemente trovare il coraggio per farsi delle domande 

e nel migliore dei casi darsi anche delle risposte. Troppo difficile, lo 

so.

Ovviamente tra compiti di matematica, impegni e attività sportive – 

delle bimbe –, passo velocemente dal ruolo di maestra a quello di 

taxi. Ed è molto interessante, soprattutto se pensi che non ti è 

riconosciuto; in fondo sei a casa, sei molto fortunata. Davvero? Mah!

Oggi è venuta a trovarmi Francesca, la mamma di una compagna di 

Letizia. Mi ha scaraventato addosso tutta la sua frustrazione dicendo 

che è delusa da me perché mi sono un po’ allontanata. E’ vero l’ho 

fatto. Chissà perché le persone non si chiedono mai che cosa spinga un 

essere umano all’evaporazione sociale. Spesso è voluta e altre volte è 

forzata.

Nel mio caso sono entrambe le cose.

Dopo un periodo, come dire, faticoso, ho deciso di formattare la mia 

vita. Non pensavo fosse così difficile, ma quando non puoi farne a 

meno 

devi decidere sul da farsi al più presto o vieni inghiottita dalla 

“lingua nera”; che poi non sai neanche dove deciderà di digerirti, ma 

dal 

momento che il nero non è il mio colore preferito opto per qualsiasi 

altra strada.

Ritornando a Francesca, cerco di spiegarle il mio brutto periodo e lei 

quasi si sente in colpa per avermi giudicata male.

Non mi sono vergognata nel dirle che soffro di stati d’ansia. Non 

starò 

qui a spiegarvi i motivi per cui ho attirato questa “patologia”, né 

tanto 

meno le problematiche che una persona deve affrontare una volta 

entrata in questo tunnel. È solo un brutto periodo e spero vivamente 

di riuscire a superarlo.

Ci spero da quasi due anni e ogni giorno ringrazio il cielo per i miei 

progressi. Sono sempre stata una ragazza carina, simpatica e piena di 

amici, sempre in modalità ON. Semplicemente ora sono in modalità 

OFF. Capita.

«Bè, se proprio vuoi saperlo, mi sono inventata un sacco di scuse per 

non uscire con te, il più delle volte. C’erano dei momenti in cui non 

riuscivo proprio a gestire le crisi, e perciò…», dico di getto a 

Francesca, liberandomi.

«E perché non me lo hai detto prima? In qualche modo avremmo 

potuto…»

«Fare niente!», la interrompo. «Sono cose che devo risolvere da sola. 

poi alla gente non piace avere a che fare con questi problemi», 

sospiro.

Mi abbraccia forte e non dice più nulla. In fondo anche lei è mamma, 

è 

di tre figli per giunta, quindi credo che un po' mi possa capire. In quel 

momento mi sento più leggera; mi sembra davvero dispiaciuta e 

quell’abbraccio, per me, è più importante di mille altre parole.


Verso sera avverto un formicolio strano su tutto il corpo, quasi 

impercettibile a dire la verità, e molto piacevole. È davvero bello 

poter dire quello che si pensa senza nascondersi dietro a dei sorrisi di 

cera ed oggi pomeriggio ne ho avuto conferma. Ora posso andare a 

dormire tranquilla; diciamo come sempre “tranquilla”, ma è quella 

tranquillità che fa quasi paura.

Prima di addormentarmi rifletto su come cambiano le amicizie nel 

tempo. Dicono tutti di conoscerti bene ma nessuno è in grado di capire 

quando stai male. Anzi, presi da mille cose quasi ti scansano, perché 

in 

realtà le persone avvertono che c’è qualcosa che non va, ma sarebbe 

troppo faticoso spendere energie per starti vicino. Per fortuna, in quei 

momenti si ha la lucidità di vedere con altri occhi quello che ti 

circonda, focalizzando chi resta e chi se ne va. È un passo molto 

importante della vita.

Al mattino seguente, ancora quel sibilo nell’orecchio: “Dai Sara, 

alzati!” Il disperato bisogno di zuccheri mi trascina fino in cucina. 

Avanzo lentamente e mi metto a guardare attraverso la finestra. A 

quell’ora il tempo sembra si che possa fermare. Se non fosse per 

qualche auto che inizia a percorrere la strada davanti casa, penserei 

un fermo immagine con me come protagonista principale.

Me ne sto immobile per qualche minuto e guardo le montagne già 

innevate, sono proprio immense.

Di solito fisso un punto preciso, il più alto, e con la mente mi 

immagino esattamente lì; poi rido perché soffro troppo il freddo e 

non 

reggerei neanche mezzo minuto.

A un certo punto il film si interrompe, sento il borbottio dell’acqua 

calda. È ora della tisana mattutina.

Passano quindici minuti e tutta la famiglia è in cucina a fare colazione.

«Ma ancora questi biscotti?», borbotta Letizia.

«Ringrazia di averli sul tavolo ogni mattina», rispondo nervosa.

Mi rendo conto di quanto siano piccoli i problemi a quell’età, ma non 

riesco a lasciar perdere; vorrei farle capire dei concetti di base, ma il 

più delle volte non ci riesco. Sono scarica già dal mattino. 

Ovviamente 

la piccola, imitando la sorella, mi propone la stessa scena qualche 

minuto dopo.

Basta, ci rinuncio.

Come siamo arrivati a non riuscire ad imporci con le nostre figlie? 

Mio marito scende in cucina e come un fantasma si prepara, mi sente 

sgridare le bambine e non batte ciglio, e quando si siede a tavola 

lancia loro un sorrisone. Bene!, mi dico, e così viene accentuata la 

parte della strega cattiva. Meglio sorvolare, è davvero tardi per 

aprire un dibattito sull’argomento. Rischiamo di trovare chiusi i 

cancelli di scuola.

Con un sorriso da ebete saluto la piccola mentre mi allontano 

dall’asilo.

«Ciao amore, fai la brava oggi». Salgo in macchina e rifletto sul 

fatto che la mia vita sociale terminerà tra pochi minuti, quando 

spalancherò la porta di casa e l’eco del salotto mi stringerà a sé 

pronto a divorarmi.

Il rumore dei miei sospiri mi ricorda la bronchite di mia figlia di 

qualche anno fa. È proprio vero che più c’è silenzio fuori e più riesci 

sentirti dentro.

Mi dicono di trovarmi qualcosa da fare per occupare il tempo. Già, Il 

Tempo. Non voglio creare un diversivo qualunque che copra i miei 

sospiri, ma vorrei che proprio questi sospiri mi indicassero la strada 

giusta per migliorare, dal momento che molto gentilmente mi 

accompagnano per gran parte della giornata. Chiedo troppo?

I miei pensieri filosofici vengono interrotti dal trillo del mio 

cellulare.

«Ciao amore! Come stai?» È sempre squillante la mia amica Monica.

«Come sempre. Niente di nuovo», rispondo con l’entusiasmo di un 

bradipo.

«Dai Sara, è un solo un periodo. Passerà. Perché non scrivi? È 

terapeutico, lo dice sempre mia zia».

Vorrei dirle che non ho tempo, ma sarebbe falso. La verità è che a 

volte ho paura di farlo, perché smuove sempre qualcosa dentro di me. 

Che poi non sarebbe neanche tanto negativo, ma è più facile non 

vedere 

a volte. «Magari oggi ci provo. Okay?», farfuglio.

Sembra quasi che debba farle un favore, immagino la sua faccia 

mentre vorrebbe dirmi: “Ho quarantasei anni! Pensi che non abbia 

capito che stai scappando?”

Ma Monica è così, lei non supera mai i confini, non invade il tuo 

spazio 

ma cerca di condividerlo con te nel migliore dei modi; ed è per questo 

che le voglio bene.

«Ascolta, noi ci sentiamo dopo», mi dice, «anche perché se non ti sento 

quattro o cinque volte al giorno mi preoccupo, lo sai». Scoppiamo in 

una risata scema e chiudiamo la telefonata.

Col sorriso da quindicenne stampato sul viso fisso il telefono, come 

se 

lei potesse vedermi.

Nel frattempo mi ricordo di guardare l’ora – neanche avessi chissà 

quale appuntamento – e la mia testa parte con i suoi soliti pensieri. 

Penso a quanto sia importante essere realizzati, cercati, capiti. 

Quanto 

sarebbe bello alzarsi con una motivazione vera che brucia ogni tuo 

dubbio. Riuscire a non pensare mai a quando arriverà sera, ma 

accorgerti che è già sera! Andare a letto soddisfatti e pieni d’amore, 

così pieni da poterne dare agli altri e ricevere ulteriore soddisfazione.

Mi commuovo solo al pensiero. Sono lacrime di gioia, che mi fanno 

vibrare l’anima e che si interrompono bruscamente quando scorgo la 

pila di panni da stirare nella camera da letto. Dai super-mamma, c’è 

del lavoro per te! Non sei contenta?

Come no.





























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