Che dire di quest’autrice, che mi sorprende sempre e comunque, per la scrittura scorrevole, semplice ma incisiva al punto giusto. A ogni passaggio dell’intreccio il lettore salterà dalla sedia, per la suspense come solo Marialuisa Moro sa incastrare alla perfezione, iniziando dall’incipit, svolgimento e finale.
Dopo aver letto “Delitti Artici”, sequel di Puzzle, mi sono addentrata nella lettura di questo mini racconto, dove la vita scorre tranquilla nel villaggio di Gjesvaer. Questo non fa che confermare la mia idea, che l’autrice sappia il fatto suo quando scrive il genere che le è più connaturale. Chi ha letto PUZZLE, ambientato a pochi chilometri da Capo Nord, sa di chi parlo: il celeberrimo musone commissario Stig Olsen, il quale deve fare i conti con uno dei casi dei più sanguinari e orripilanti della sua carriera, “il caso del macellaio di Gjesvᴂr”, così definito poiché l’assassino si diverte a fare a pezzi le sue vittime per ricomporle in un orrido puzzle, a suo piacimento. Devo ammetterlo, in questo romanzo, l’autrice incastra un gioco mentalist agghiacciante ma che rasenta la compiutezza, come perfetta è la location artica, dove si muovono i personaggi a tutto tondo, ossia evolvono sino alla parola fine nella storia. Tra questi c’è Stiven Olsen, un personaggio introverso, dai modi rudi, metodico nelle sue indagini, quasi invasate, che può sembrare impassibile agli occhi del lettore, ma il personaggio creato dall’autrice affascina proprio per questo suo lato oscuro e imprevedibile. Tuttavia questo non è l’unico motivo per cui credo che tale e breve romanzo possa essere considerato valevole; mi riferisco alla diversità di un personaggio: un bambino affetto da labioschisi, nota comunemente come “labbro leporino”, deriso dai suoi compagni di scuola perché non amano la difformità. Un esempio di bullismo che va denunciato sempre e comunque.
I
Personaggi, come ripeto, sono resi credibili proprio per le
ambientazioni descritte della stagione invernale, quindi buie per
circa sei mesi l’anno, paesini dalle sfumature tenebrose e ostili e
asfissianti. L’atmosfera, in questo caso si respira, si tocca con
mano, amalgamandosi con il sangue versato da questo omicida seriale.
Vorrei
fare un appunto, a chi dice che il racconto sia stato scritto con uno
stile piuttosto semplice, probabilmente non si è compreso, che più
si scrive in modo semplice e dunque comprensivo, più si ha davanti
un’opera migliore di narrativa. Chi vuole leggere qualcosa di
oltremodo impegnativo, ci sono tanti libri alla “Eco” su cui
sperimentare letteratura elevata e farsi un’idea.
Comunque sia, è mia abitudine tirare le somme sui punti positivi e
quelli negativi in ogni storia che mi viene data in lettura o che
leggo per mio piacere personale.
Questo
romanzo breve dell’autrice è ben scritto, scorrevole e fluido,
dove i personaggi interagiscono sulla scena in modo adatto allo
sviluppo della narrazione create in ambientazioni glaciali che
spaziano tra fiordi, aurora Boreale e sole di mezzanotte, la cui
penna dell’autrice ricama e si destreggia benissimo nei momenti più
clou della vicenda. Il terrore e l’angoscia incalzano attraverso le
azioni dei personaggi che si muovono in questi ambienti ostili, quasi
surreali, dove il commissario Olsen non lascia spazio alle
indecisioni, per quanto riguarda gli innumerevoli interrogativi sul
caso.
In ogni caso, poiché sono stata abituata allo stile della
Moro,
mi sento in dovere di essere onesta soprattutto con me stessa, e
quindi a non poter assegnare le cinque stelle nella valutazione a
questo lavoro dell’autrice, la quale resta e resterà insieme alla
Mantovani e a Morgan Rice e ad altre, una delle mie preferite
scrittrici in selfpublishing, poiché non ho trovato il suo
caratteristico stile che ha lasciato il segno nelle prime letture.
Per farla breve; l’intreccio thriller probabilmente sarebbe
risultato migliore, se fosse stato ancor di più definito in alcune
sue parti. Inoltre,
ho evidenziato alcuni errori di punteggiatura, nonché refusi che si
sarebbero potuti evitare, ma non tanto da sottovalutarne l’integrale
romanzo scritto in modo confacente, disinvolto e naturale, dove i
personaggi influenzano lo scenario rendendolo interessante per la
sua misteriosità; snodo narrativo, credo, abilmente adottato
dall’autrice affinché lo sviluppo della narrazione sia appropriata
sino alla parola “fine”. Puzzle è un thriller ben condotto,
inquietante per certi suoi versi, dal ritmo che non lascia al lettore
il tempo di riprendere fiato.
Quindi
mi sento di consigliarlo e non solo agli amanti del genere, sarebbe
un vero “delitto” non farlo. Lettura decisamente proposta di cui
mi sento di suggerire altri titoli della stessa autrice.
(Un passato scomodo, Orrore a Helsinki, Delitti artici, un amante fantasma, Premonizione, Dietro la tela, “letto” Storia di follia, Prigionieri dell’acqua, Girotondo, Zoccoli assassini, “letto” Le montagne stanno a guardare, Elli, Dark America, (Una trilogia scandinava tra cui Puzzle, “letto” Orrore a Helsinki, “letto” Il pozzo di Alesund “letto”), Donne cattive muoiono, Incubo, Tarocchi, Un piccolo scambio, (Questione di soldi, L’età di mezzo, Io e Zdenka), psicologici (Il quaderno), Paranormal romance (L’uomo sulla panchina – “letto”), dark romance (Il peccato porta il tuo nome – “letto”), oltre che una raccolta di racconti raggruppati sotto il titolo “Tu non devi crescere”.
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