Respiro Readers
vi segnalo un thriller
di un'autore italiano.
TITOLO: L'intrigo: guanti puri e senza macchia
AUTORE: Cesario Picca
GENERE: Thriller
La luce della saggezza illumina gli
onesti
La morte di un importante e coraggioso
banchiere in un incidente stradale tra Soverato e Catanzaro si
intreccia con un’offensiva politica, mediatica, giudiziaria e
clericale contro la Massoneria. Le obbedienze italiane, e in
particolare gli iniziati siciliani e calabresi, devono difendersi
dalle infamanti accuse di collusione con le organizzazioni criminali
da parte della commissione Antimafia. Eppure non sono loro ad
arricchirsi con il gigantesco flusso di risorse pubbliche destinato
all’accoglienza dei migranti. Al contrario, i massoni tentano di
impedire che quel denaro si disperda in infiniti rivoli che sembrano
condurre verso uno stretto connubio tra clericalismo, politica e
criminalità organizzata.
C’è molta cronaca in questa ennesima
avventura gialla del cronista salentino Rosario “Saru” Santacroce
alle prese con una pericolosa indagine che parte dalla Calabria e
coinvolge l’intera penisola. Sullo sfondo c’è il mondo
dell’esoterismo, un universo poco conosciuto e, forse proprio per
questo, tanto chiacchierato. Un modo originale per conoscere i
simboli massonici e il loro significato, i personaggi, la loro storia
e il loro prezioso contributo al bene e al progresso dell’umanità.
L’impegno e l’abnegazione di una pm
in prima linea e di una determinata poliziotta, già scampata a un
agguato, permetteranno di svelare l’intrigo che si cela dietro un
mortale intreccio di falsi dossier, giornalisti prezzolati, interessi
economici, politici corrotti e clerici poco propensi alla carità
cristiana. Compagne di vita, con la complicità di Saru, le due donne
faranno scattare le manette ai polsi di onorevoli, imprenditori,
uomini di chiesa e boss mafiosi che vedono nella Massoneria l’unico
ostacolo ai loro progetti di arricchimento personale. E quando
l’azione di inquirenti e investigatori si rivelerà insufficiente,
ci penserà il caso a impedire che il sonno della ragione generi un
nuovo mostro spingendo una labile mente, obnubilata da campagne di
odio, a mettere a segno il proprio disperato disegno di morte.
Il professor Matano espose alla Cota e
alla pm De Paolis le sue impressioni, enunciò i suoi dubbi,
manifestò loro le sue supposizioni e spiegò quelli che considerava
i potenziali nessi logici. Nella stanza del magistrato c’erano solo
loro tre. Le due donne non vollero nessun’altra persona
nell’ufficio perché molto diffidenti. Lavoravano in una terra
complessa e l’esperienza aveva fatto comprendere loro quanto fosse
difficile fidarsi degli altri in certi ambienti e in particolare in
quelli giudiziari. Si erano scontrate parecchie volte con colleghi e
superiori e in più di un’occasione avevano avuto la sgradevole
sensazione di essere spiate; non si erano sentite circondate da un
clima di fiducia e collaborazione ancora più importante in quella
parte dell’Italia dove l’eterna lotta tra legalità e illegalità
si svolgeva su un filo talmente sottile da rendere complicato capire
da che parte fossero i protagonisti in campo.
In quel particolare momento c’erano
in ballo tanti soldi e quelli avevano sempre avuto l’estremo potere
di aggrovigliare le matasse, di infittire le trame, di cambiare le
persone e, soprattutto, di corromperle. Un anno prima era stata
proprio la Cota ad arrestare il suo vice. Volle farlo personalmente
perché desiderava guardare negli occhi quel bastardo mentre gli
metteva le manette ai polsi davanti alla moglie e ai figli. Aveva
voluto dargli una lezione di legalità proprio davanti a loro,
affinché comprendessero quanto è difficile fare i conti con la
realtà laddove non c’è da fidarsi neppure di chi ci sta a fianco.
Desiderava che quei piccoli capissero che, se anche l’onestà
qualche volta non paga, resta sempre un valore per il quale vale la
pena combattere. E pertanto non aveva voluto sentire ragioni quando
qualcuno degli anziani le aveva proposto di aspettare che il collega
si presentasse in ufficio. E perché mai avrebbe dovuto risparmiargli
quell’affronto? Non vedeva alcun motivo per cui avrebbe dovuto
avere pietà per quell’essere spregevole che per almeno un paio
d’anni era riuscito a ingannarla. Proprio non riusciva a capire
perché mai avrebbe dovuto provare compassione dal momento che lui
non ne aveva avuta quando aveva vanificato il lavoro investigativo
dei suoi stessi uomini facendo le soffiate.
Lui non aveva avuto alcuna pietà per
chi aveva sacrificato vita privata e affetti per far trionfare la
legalità. L’ufficio non avrebbe ricavato vantaggio da quel gesto
di cortesia e, soprattutto, avrebbe fatto un torto enorme
all’ispettore Massimiliano Bianco che aveva perso la vita in
un’operazione proprio per colpa di quella mela marcia. Era stato
quel poliziotto corrotto a informare due pericolosi latitanti che la
squadra mobile era sulle loro tracce. Non erano riusciti a scappare
perché, per problemi organizzativi, il blitz era stato anticipato e
lui non aveva avuto il tempo di avvertirli. Ma era stata colpa sua se
il collega Bianco aveva perso la vita. Perché quando si erano
trovati faccia a faccia con quell’assassino della ’ndrina,
braccato nel bosco per alcune centinaia di metri, pronto a reagire
furiosamente come un animale ferito, lui non aveva sparato
permettendo così a quel delinquente di ammazzare l’ispettore. E si
era guardato bene dal rispondere al fuoco, prezzolato e corrotto qual
era.
Dopo quell’omicidio, Maria Cota aveva
riflettuto per mesi, aveva ripercorso a ritroso molte volte i vari
passaggi che avevano caratterizzato gli ultimi anni dell’ufficio
che dirigeva; era convinta che ci fosse qualcosa che non quadrava e
che le stesse sfuggendo di mano un elemento fondamentale. Ma non
riusciva a credere che ci potesse essere una talpa tra i suoi uomini
e, soprattutto, che il suo fiuto da mastino fosse stato abilmente
raggirato da chi sapeva vendersi per colui che non era.
E ogni volta che giungeva a una
conclusione logica finiva per imbattersi nel suo braccio destro.
C’era sempre lui quando in un’indagine andava storta qualche
cosa. Per parecchio tempo aveva finto di non capire perché non
riusciva ad accettare l’idea che il traditore potesse essere
davvero lui. Pertanto avvertiva ancora un senso di colpa per la morte
di Bianco che forse avrebbe potuto evitare se solo avesse aperto gli
occhi un po’ prima davanti all’impietosa evidenza dei fatti.
Cesario Picca è salentino di
origine e bolognese d’adozione. Per oltre vent’anni si è
occupato di cronaca nera e giudiziaria. La strada è stata la sua
casa, le lancette dell’orologio la sua schiavitù, i fatti da
raccontare il suo dio, il pubblico e i lettori i suoi unici padroni.
Non c’erano né feriali, né festivi; né vita privata, né
sociale. Né caldo, né freddo; né pioggia, né vento; né neve, né
tempesta che potessero fermarlo nella folle corsa alla ricerca di una
storia da raccontare. Quando organizzava una serata al cinema o al
teatro immancabilmente un episodio di cronaca gli sconvolgeva i
programmi. Tanti i sabati sera trascorsi al pronto soccorso o davanti
a una caserma dei carabinieri o sotto gli uffici della Questura.
Tante le giornate a ‘pascolare’ in Procura o in Tribunale. Però
gli piaceva, amava il suo lavoro, ne avvertiva quasi l’essenza
stupefacente.
Ora Cesario Picca scrive gialli. Ha
inventato il personaggio Rosario (Saru) Santacroce, un
cronista salentino che vive e lavora a Bologna. Saru fa conoscere ai
lettori i meccanismi dell’informazione. Fa leggere loro veri
articoli di cronaca e riporta alla luce fatti realmente accaduti. È
un personaggio esplosivo, razionale, qualche volta rude e
politicamente non corretto. È genuino, schietto e sincero. Va dritto
alla sostanza anche se non disdegna la forma; ama la vita, odia la
falsità, l’ipocrisia e il finto buonismo. Il suo amore per il
Salento traspare attraverso il gusto per la buona tavola, i prodotti
e i piatti tipici, i modi di pensare e di dire, i luoghi e i ricordi.
Nel 2005 ha pubblicato il saggio
giuridico Senza bavaglio – L’evoluzione del concetto di
libertà di stampa. Nel 2002 è stato insignito del premio
‘Piero Passetti - cronista dell’anno’ grazie a un’inchiesta
giornalistica con la quale ha svelato una mega truffa. È relatore o
moderatore in numerosi convegni e partecipa a molte trasmissioni
radiotelevisive.
Tremiti di paura è la prima
avventura di Saru Santacroce, si svolge nelle Perle dell’Adriatico
e al centro vi è un femminicidio. Gioco mortale è ambientato
a Bologna e si sviluppa nel mondo della trasgressione mettendo a
nudo, spesso a tinte forti, contorni e sfumature della licenziosità
e svelando misteri e retroscena. La terza avventura Il dio
danzante – delitto nel Salento dimostra come sia spesso
difficile fare i conti con le proprie certezze. Vite spezzate
è un thriller psicologico, è ambientato a Londra, è dedicato alle
vittime di abusi ed è ispirato dalla serie tv Criminal Minds.
L’intrigo – guanti puri e senza macchia è un giallo
impregnato di esoterismo che prende spunto dagli attacchi alla
Massoneria dei mesi scorsi e dalla politica dell’immigrazione.
Grazie per la gentile disponibilità
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