Un romanzo molto particolare questo libro della Calabrese che comincia con l’incidente quasi mortale della protagonista Lia. Una donna sposata con un medico che ama fin dai tempi della scuola e che gli ha dato una figlia stupenda: Stefania. Una donna che lavora e che come tante è divisa tra i doveri familiari, i genitori, i rapporti con i suoceri non proprio idilliaci e i doveri imposti dall’essere di religione evangelica, religione con cui spesso si trova in disaccordo. Lei si ritrova improvvisamente come un’anima vagante a guardare il proprio corpo sul letto di un ospedale. Accanto a sé vede e sente una creatura che non sa chi sia ma che la spinge a ripensare al suo passato perché deve tornare a vivere uscendo dal coma. La narrazione comincia dunque con la protagonista che si ritrova nei luoghi dove è nata, un piccolo paesino collinare dedito all’agricoltura e dai modi semplici e antichi, un paese in cui il tempo passa insieme al passare delle stagioni. Comincia a ricordare alcuni episodi, anche se inizialmente refrattaria a farlo, per poi proseguire mano mano a rivedere la sua vita con occhi diversi grazie a questo percorso a ritroso della sua infanzia e di ciò che le persone incontrate le hanno donato. Ripercorre il suo passato confrontandolo con le conseguenze che esso ha generato. Ricorda i giorni della scuola, i primi amori, l’incontro con quello che è il suo attuale marito e vari episodi che riguardano sua figlia Stefana inframezzati da descrizioni paesaggistiche, sermoni evangelici, excursus storici, racconti di tradizioni secolari e descrizioni architettoniche. Durante questo suo rimembrare, viene descritta la bellissima costiera salernitana, la zona di Mercatello, l’antico borgo di Roscigno oramai “fantasma”, la costiera e tanto altro. I personaggi sono sufficientemente descritti, anche se sarebbe stato molto interessante un maggiore approfondimento dei sentimenti provati da Lia e da suo marito Tommaso. Figura che viene solo di striscio accennata. La scrittura è fluida e piena di descrizioni favolose che utilizzano al pieno le sfumature della bella lingua italiana. Le frasi sono ben costruite e i dialoghi scorrevoli. Personalmente mi è molto piaciuto l’inizio, soprattutto l’idea di questa entità che spinge Lia a ricordare dicendole “io devo nascere”. Ho faticato però a leggerlo nella parte centrale, poiché la narrazione intercala descrizioni del paesaggio, spiegazioni relative alla religione o alle tradizioni, con minuziose spiegazioni di edifici storici senza che vi sia un continuum tra una cosa e l’altra. Inoltre mi sono ritrovata talvolta a dover tornare indietro per cercare di capire se mi ero persa qualche pagina poiché non mi era chiaro il passaggio tra un discorso e l’altro. Ho trovato anche ridondanti alcune descrizioni che parevano messe lì e che non aggiungevano nulla al racconto, anzi ne appesantivano la lettura. Un libro particolare che consiglio a chi vuole passare qualche ora a leggere un libro ben scritto con una storia che puó dare spunti di riflessione. Magari seduti su un masso di fronte al mare!
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