Nel gennaio 1796 Thomas Langlois Lefroy, futuro Capo della Corte Suprema irlandese, e Jane Austen, futura autrice di grandi capolavori della letteratura, entrambi ventenni, si conobbero e si piacquero. A questa innocente attrazione - ci dice la storia - nulla seguì. Jane non si sposò mai e Tom contrasse un'unione di convenienza, che gli garantì un suocero potente, una ricca dote e la protezione economica di uno zio già molto contrariato da matrimoni indesiderabili in famiglia. Gran parte delle lettere di Jane Austen, dopo la sua morte, fu data alle fiamme dalla sorella Cassandra, per motivi che non sono mai stati veramente chiariti. Qui finisce la verità storica.
E se, invece, Tom Lefroy, dopo quell'occasionale conoscenza, avesse scritto una lettera a Jane Austen? Se a quella lettera - imprudente e ingiustificabile dalle convenzioni sociali - fosse seguita una vera e propria corrispondenza?
Le lettere di Tom a Jane, che sono pura invenzione letteraria, si incastrano però con minuziosa esattezza con le biografie storiche dei protagonisti: personaggi, luoghi ed eventi sono reali e mostrano che quello che non è mai accaduto sarebbe però stato possibile e plausibile. In un serrato contrappunto fra realtà storica e immaginazione, la trama si dipana fra continui echi delle Lettere austeniane sfuggite alle fiamme, citazioni dei capolavori, precisi riferimenti a viaggi, vicende e personaggi storici.
Come fate ad essere così insensibile? Ecco, vi offro un’occasione per dirmi chiaramente che non v’importa nulla di me, che sono una distrazione dalla noia del quotidiano, un divertimento poco oltre il confine del lecito, niente più che un briciolo di sale. (Lettera del 3 giugno 1796)
È dunque così da osteggiare la nostra amicizia? Abbiamo dato così tanto spettacolo in quei pochi
giorni a Natale? O forse, cara amica, agli occhi imparziali degli altri, i nostri sguardi rivelavano più di
quanto non ci siamo concessi di dire e di pensare. (Lettera del 18 luglio 1796)
.Se fossi un personaggio di un vostro romanzo, cara Jane, che forza la sua natura, i suoi desideri e il
suo contegno piegandoli a una promessa di silenzio sempre meno decorosa, sempre più bugiarda, non
avreste per me pagine di rimprovero e crudeli sferzate di ironia? (Lettera del 21 novembre 1796)
Potrei dire, con una certa approssimazione, di aver iniziato ad amarti in quell’istante, nell’esatto
momento in cui, appoggiando la tua mano sul mio braccio, ho creduto di essere l’uomo più
sfacciatamente fortunato di tutto lo Hampshire e probabilmente dell’intera Inghilterra. (Lettera del 30
giugno 1798)
Amalia Frontali è uno pseudonimo. In quanto tale, ha la fortuna non di indifferente di poter fare sempre e solo ciò che preferisce, vale a dire leggere, cucinare, passeggiare col suo cane e uccidere piante in vaso.
E naturalmente scrivere. Amalia scrive dal 2017, sperimentando generi, registri e forme narrative. Ha un debole per lo stile epistolare e per le ambientazioni storiche e belliche.
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