Se l’architettura del CoFE aveva ammutolito Sara Nardi coi suoi miracoli d’ingegneria edilizia, il parco di Astrea superò i più spericolati azzardi della sua immaginazione. Aveva previsto si trattasse di un classico giardino all’inglese già quando aveva adocchiato la particolare conformazione di aiuole e macchie verdi dalla vetrata dell’amministrazione, ma immergersi in un paesaggio naturale da fiaba era tutta un’altra cosa.
“Se non sai cosa aspettarti, resta sul sentiero. E non dare da mangiare agli animali!” si divertì a innervosirla Edo.
Sara cercava di darsi un’aria ‘vissuta’, ma non aveva il coraggio di superare Aza e si manteneva ai bordi della fila. Tra lecci, querce e salici bianchi, presto la luce del sole fu schermata da un intrico di fronde e piante rampicanti intrecciate ad arte sopra il sentiero principale, chiamato ‘Meridiano’, che attraversava il parco di Astrea dal polo classico a quello artistico.
Gli studenti che si intrattenevano sulle panchine disposte regolarmente lungo il percorso erano anche meno di quelli che si aggiravano per i corridoi dei dormitori. Nessuno badò a Sara, e questo in un certo senso la fece sentire meglio; voleva prendersi un po’ di tempo, prima di dar confidenza ad altri suoi colleghi. Chissà poi se quelli che la accompagnavano si sarebbero rivelati davvero la scelta giusta.
Wei sembrava essersi calato autonomamente nel ruolo di guida, e indicava ora un particolare tipo di arbusto, ora un sentiero che portava a un’ala degna di nota del CoFE. Di tanto in tanto incontravano, piantati a un bivio, cartelli lignei dalle indicazioni interessanti come “Biblioteca comparata”, “Laboratorio quantico”, “Sala virtual immersion”, “Sotterranei - Accesso su autorizzazione”.
Di fronte all’ultimo cartello, Sara interruppe la logorrea del cinese e si appressò alla sua poltrona sospesa: “Credevo che sotto i nostri piedi ci fosse un parcheggio. È lì che sono scesa dall’auto con la segretaria di Jimenez.”
“Credi che se si fosse trattato di un parco macchine, si sarebbero disturbati a vietarne le visite senza permesso?” gongolò l’altro. E Aza: “Io non mi sono mai neppure avvicinata a quel tunnel. La sola idea mi mette i brividi.”
“Perché non ci hai ancora fatto lezione. Voi del classico vi passerete in media molto più tempo rispetto a noi.”
Di fronte all’ultima rivelazione di Bellini, in Sara aumentò il desiderio di saperne di più: “Ci sono aule speciali? Dei laboratori, forse?”
“Forse un altro mondo. Un labirinto che a ritrovarcisi da soli si perde per sempre la via del ritorno.”
“Non ascoltarlo. Vuole solo farti scappare da qui a gambe levate” sibilò Aza lanciandogli un’occhiata di sbieco.
L’ultima arrivata sorrise e fu contenta che per una volta la sua espressione rapita passasse inosservata agli occhi degli altri. No che non aveva paura, non finché ci fossero stati i suoi nuovi compagni di scuola accanto a lei. Provò ancora una volta una fitta di nostalgia al pensiero di quanto la sua amica Marta si sarebbe divertita in quella nuova avventura. Non vedeva l’ora di cominciare le lezioni, e di sentirsi parte a tutti gli effetti di quel percorso formativo fuori da ogni schema.
Stava per richiedere nuove informazioni sul polo tecnico di cui facevano parte i due ragazzi, quando un curioso animaletto a quattro zampe, a metà tra un felino e un roditore, attraversò il sentiero da un arbusto di ginepro all’altro. Non pareva spaventato dalla loro presenza, per cui il piccolo gruppo ebbe tutto l’agio di ammirarne la folta pelliccia scura, le orecchie allungate e il musetto a punta ricoperto di baffi ispidi.
“Bel micetto. Qui!” si accovacciò Aza accanto alla macchia in cui il quadrupede si era infrattato. Contemporaneamente, fece segno agli altri di fermarsi e di stare in silenzio.
“Un esemplare di fluogatto, battezzato dal nostro professore emerito di biogenetica e assai raro da incontrare a quest’ora del pomeriggio” sussurrò Wei, dedicando un sorrisetto da saputello alla sua ‘allieva’ per un giorno.
“Fluogatto?” Se Marta fosse stata lì con loro, probabilmente Sara l’avrebbe sentita paragonare quella gita a un’incursione nel Paese delle Meraviglie di Alice.
Nel frattempo Aza era riuscita ad attrare lo strano animale con un sacchetto di crackers che aveva pescato dalle tasche dei jeans; con una mossa fulminea lo prese in braccio e lo avvicinò a Sara perché ne ammirasse gli occhi chiarissimi, dalle pupille quasi trasparenti.
In effetti somigliava parecchio a un comune gatto marsupiale australiano, ma a osservarlo a pochi centimetri di distanza si notava subito, oltre a quella degli occhi, anche l’anomalia del pelo.
“È una specie sconosciuta?” si informò Sara, che si avventurò ad accarezzare la pelliccia della creatura con la punta delle dita. Una sorta di polverina violetta le rimase appiccicata ai polpastrelli; somigliava a quella dei glitter che a volte per scherzo aveva usato il sabato sera per uscire con le amiche.
“Non a caso il professor Kataria l’ha chiamato fluo. Di notte è uno spettacolo unico” Wei ritenne opportuno intervenire per l’ennesima volta “anche se non è il solo a controllare la luminescenza dei pigmenti cutanei. Si tratta di speciali molecole secrete nello strato…”
“Dacci un taglio, secchione” tagliò corto Edo “che dici, la portiamo all’albero della luce?”
“Non so. Forse dovremmo aspettare il tramonto.”
“Per me è già cotta adesso. Tra un paio d’ore sarà collassata a letto.”
“Non sono stanca, invece!” rispose piccata Sara. Si lasciò tuttavia convincere ad allungare la strada fino a un sentiero secondario che conduceva in una piccola radura accanto a uno stagno. Qui spiccava un albero solitario e dalla folta chioma, un castagno che stando alla forma spessa e contorta del tronco dimostrava di essere tra le più antiche forme vegetali dell’area.
“Lo chiamate albero della luce? Come mai?”
Senza rovinarle la sorpresa, spontaneamente Edo le afferrò il polso e avvicinò a un nodo del fusto il palmo della sua mano destra. Sara fissò il legno scuro e ruvido, ma non avvertì nulla in particolare, eccetto il suo stesso cuore che batteva all’impazzata. Continuò fin tanto che Bellini prolungò la stretta, poi fu lasciata a quel particolare, intimo scambio energetico col castagno che rifletté le sue stesse emozioni.
Il sole parve piovere i suoi raggi dall’alto con intensità raddoppiata, poi triplicata, al punto che la ragazza dovette socchiudere gli occhi per non farsi accecare da quello splendore inusuale.
“L’albero della luce…” pensò, faticando a convincersi che in realtà il bagliore non era un fenomeno celeste, ma veniva prodotto direttamente dalla linfa che scorreva all’interno delle foglie del castagno. Le ultime appendici a forma stellata di quel prodigio si allungavano verso di lei come dita di fata, di un verde così splendente da parere dipinto.
“Merito della luciferasi” spiegò Edo, che non si era allontanato per non perdersi la meraviglia dell’altra “il bosco è pieno di piante e alberi a cui è stato iniettato questo enzima, ma l’albero della luce è quello che ha dato più soddisfazioni al professor Kataria. Dai dormitori lo spettacolo è magnifico.”
“Come fa ad accendersi con un semplice contatto?” volle sapere Sara, che una volta staccata la mano dal tronco notò un netto affievolimento della fluorescenza nella chioma.
“Percepisce il flusso elettromagnetico generato dal campo organico dell’uomo. Sai che tutti noi siamo fonti ambulanti di energia, no? I vegetali luminescenti sono progettati per avvertire la più piccola differenza di tensione.”
Obbedendo a un impulso perdonabile visto il suo tardivo ingresso al CoFE, Sara tirò fuori il cellulare e immortalò lo straordinario effetto della luciferasi con un paio di scatti fotografici. Wei scosse il capo, e Aza scoppiò a ridere.
Raffaele Isolato è laureato in lingue e letterature straniere all’università Federico II di Napoli. Appassionato di filosofia, letteratura comparata e storia delle religioni, vive in completo isolamento da oltre vent’anni, dedicandosi a nuove sperimentazioni letterarie e a ricerche etiche ed epistemiche che spaziano dalla saggistica e dalla poesia, alla narrativa fantasy, noir, avventuristica. Più di trenta le sue opere già pubblicate in rete e cartaceo: Le città cadute (Cronache di un’apocalisse), Il gioco di Nuitaka, Necrophilia, Memorie di uno schizoide (la prima autobiografia dell’Isolato), Perfect (saga distopica in tre volumi), Viaggio a Mezzomondo, Amazing Amazon, Una giornata in frigo, Il male online, Elemental Symphony, Il ladro di anime, Le cento e una ballata (raccolta di ballate in endecasillabi e settenari), I dialoghi della nuova morale, Chi vuole andare in TV? (Terrore agli studi), Viaggio a Nord, Dall’altra parte del nulla, Lineamenti di religione universale, Inferno XXI (poema didascalico-allegorico in trenta canti), Il nulla imperfetto, Nati alla luna nuova, Viaggio a Lost City, L’angelo dalle ali di carta, All’ultima porta, non fermarti, Il Presidente (tragedia in cinque atti in versi sciolti).
Con Brè Edizioni ha pubblicato: La pietra e lo scandalo, Cuor di notte (14 novelle d’amore ingrato), Italian Fantasy (15 racconti dell’incredibile), Italian Horror (15 racconti di incubi a occhi aperti), L’angelo dell’Allegra, Il costumista di Burlenzago volume I (Carnevale) e volume II (Halloween).
Con Eroscultura Editore, dello stesso gruppo, il romanzo erotico L’amore elementare.
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