«Hai bisogno di un lavoro, non di perseguitare un miliardario. Almeno lo sai che cosa fa la sua azienda?»
«No», rispondo secco. «E non mi interessa. Ti prego, Rick, ti pago.» Con quali soldi non lo so, però se vuole lo pago.
«Non voglio essere pagato, e lo sai, ma non voglio nemmeno finire in galera.»
«Non ci finirai, ti giuro che farò il bravo. Niente atti criminali o perseguibili legalmente.»
In fin dei conti, voglio solo l’indirizzo di Hart per farmi trovare lì e conoscere sua figlia, o almeno iniziare a capire che posti frequenta. Non posso più presentarmi alla Hart Med Inc. o mi arresteranno sul serio.
Signor Hart, la prego! Posso spiegarle!» urlo, ma il damerino mi ha già preso per la maglia e sbattuto contro il muro di casa sua.
«Che ci fai qui?» grida scuotendomi.
«Niente, lo giuro.»
«Adesso chiamo la polizia» esclama, poi con una mano estrae il cellulare dalla tasca, mentre con l’altra ancora mi tiene fermo stringendomi il collo.
«No, la prego…»
Devo subito pensare a qualcosa da dire o da fare per non permettergli di chiamare davvero la polizia. D’un tratto ho un’idea. O mi uccide o finisco in galera, sono le mie uniche due possibilità.
«Mi sono scopato sua moglie» affermo, poi serro gli occhi in attesa della mia morte.
«Che cosa pensavi di fare?» dice, mentre con una mano libera muove il coltellino nella ferita per provocarmi altra sofferenza. Apro solo la bocca, ma la voce non vuole saperne di uscire. Le lacrime mi inondano il volto: il dolore è indescrivibile. «Volevi fare l’eroe della situazione, eh?»
«Lascialo andare!» gli intima il damerino.
Lee si gira a guardare Hart che ha ancora la pistola puntata verso di lui. «Avanti, spari!» lo sprona. «Tanto se non colpisce me, colpisce lui!»
Hart sembra scosso dalle parole di Lee, come se non avesse messo in conto che potesse far del male anche a me, o come se non volesse farmi del male.
«Che cosa aspetta? Spari!» urla Lee.
Non riesco a pronunciare la parola no che il suono assordante del proiettile mi costringe a chiudere gli occhi per lo spavento.
«Io ne sono sempre più convinta, Nate» dice, «soprattutto dopo quello che mi hai fatto vedere. Hai bisogno di me, hai bisogno di un alibi e io sono perfetta.»
Le sorrido bonariamente. «Certo che lo sei, sei uno schianto» affermo divertito.
Lei resta spiazzata da quel complimento inaspettato e arrossisce. «Sei un imbecille! Intendevo perfetta come alibi, come testimone!»
Rido. «L’avevo capito.»
«Oh, Nate» mi dice, avvicinando la mano al mio viso. Mi accarezza la guancia e io socchiudo gli occhi assaporando il contatto con la sua pelle. «Non sopravvivresti nemmeno un giorno in galera con le cazzate che spari.»
Questa sua frase mi fa scoppiare a ridere sonoramente, ma quando incrocio il suo sguardo lei non sta ridendo affatto, eppure pensavo che fosse una battuta la sua.
«Non stavi scherzando?» le chiedo.
Scuote il capo in segno di diniego.
Perfetto.
Odio quando le cose iniziano a farsi serie, anch’io so che rischio grosso. Sono un cazzone, me ne rendo conto, ma non posso farci niente: sono fatto così.
Marianna Coccorese, nata a Napoli il 19 novembre 1990, è laureata con lode in Comunicazione pubblica, sociale e politica alla Federico II di Napoli. È appassionata di scrittura, musica, arte e sport, in particolar modo di pallavolo. Sogna di lavorare nel campo delle risorse umane; a dicembre del 2016 ha pubblicato il suo romanzo d’esordio, Scegli me, con la casa editrice Eden Editori. A maggio 2019 ha vinto il premio come Autore dell’anno, indetto dal giornale online Napoli Time. La scrittura è da sempre il modo migliore che ha per esprimersi, scrive principalmente per se stessa, lasciando in ogni libro una piccola parte di sé.
Nessun commento:
Posta un commento