giovedì 17 dicembre 2020

Segnalazione Romanzo - LO STESSO PASSO di Donatella Rodighiero

 






Respiro Readers

vi segnaliamo

l' uscita del  nuovo romanzo

 dell'autrice italiana Donatella Rodighiero.













TITOLO: Lo stesso passo

AUTRICE: Donatella Rodighiero

CASA EDITRICE: Pav Edizioni

GENERE: Narrativa Contemporanea

PAGINE:  378

PREZZO CARTACEO: 17.10

DATA USCITA : 3 Novembre  2020






Liliana lascia l'ospedale con Matteo e Selene, nati la notte di Natale. Accanto a lei c'è Davide, innamorato di questa sua nuova famiglia che tanto aveva desiderato. "Adesso sei mia Liliana. Io che senza te sono nulla. Sii il mio cielo, io sarò il tuo mare. E il mare senza l'azzurro del cielo è solo una massa d'acqua senza i suoi colori". Lo stabilimento pronto per la nuova stagione, Lucas, rassegnato di non aver per sé Liliana, sarà però, per lei, la sicurezza, il supporto il miglior amico, specialmente quando qualcosa inizia ad andare storto. Proprio quando Liliana inizia a organizzare il matrimonio con Davide, con la presenza pressante di Anna, farà la sua comparsa Vittorio, fratello gemello di Davide, la cui somiglianza col fratello apparirà solo nell'aspetto. Sarà solo l'inizio di un susseguirsi di eventi drammatici che metteranno a dura prova i protagonisti.
Lo stesso passo" seguito e finale de" Il mare negli occhi". 





…...Quell’uomo era in grado di portare una ventata di serenità in Liliana.
«Sempre più croccante! Ho fatto a botte con una brutta influenza, ma sono di nuovo in piedi e tutto tuo», terminò l’uomo facendole l’occhiolino.
Dietro di lui, Alberto con Anna, che con calma spingeva il passeggino con i gemelli, che appena scorsero la madre iniziarono ad agitarsi e pretenderla.
Liliana, incurante di avere solo una mano disponibile, sollevò prima Matteo, che aveva le mani impasticciate di biscotto e iniziò a baciargli le guanciotte morbide.
Il bimbo iniziò a ridere a quel gesto. Stessa cosa a Selene, che già rideva ancor prima di sentire le labbra della madre mordicchiarle le guance, Ripetette quel gioco tanto divertente per i bambini, ma lasciandoli nel passeggino.
«Sono stati veramente bravi. Hanno dormito tanto, come faceva Davide. Hanno pranzato e mangiato tutto, come Davide. Non hanno mai pianto, come faceva anche Davide. Hanno mangiato ben mezza mela grattugiata a testa, come faceva Davide. Sono veramente belli...».
«Come Davide», terminò la frase Liliana. “Vedi te. Tutto come Davide. Io li ho solo partoriti”, pensò.
Lasciò nuovamente il passeggino ad Anna e Alberto e con nonno Ennio sottobraccio andarono tutti sotto alle tende più grandi affiancate dalla pedana in legno bianco.
Li osservò, uno a uno, prendere posto sulle spiaggine appena rifoderate: avevano abbandonando così il color crema delle stagioni passate e colorandosi di un bel blu oltremare a cui era stato abbinato un cuscino con motivi floreali con la stessa base di blu e piccole inserti di turchese. Liliana adorava quei cuscini, di cui fece confezionare anche gli asciugamani per i lettini. I teli aperti sulla sabbia facevano un bel contrasto, parevano pozze d’acqua, Liliana vi sistemò sopra i gemelli, liberi dai golfini e dalle calze. A quella libertà improvvisa iniziarono a sgambettare contenti.
Nonno Ennio, seduto sulla sedia accanto ai bambini con la schiena incurvata, le mani e il peso sul suo bastone, sorrideva ai gemelli, che presero quel sorriso per un gioco divertente così che non toglievano lo sguardo dall’anziano sopra di loro.
Liliana spostava il suo sguardo da quel quadretto dolcissimo a Leon e Lorenzo, che non avevano ancora smesso di correre e saltare intorno a Lucas e Noah, tanto da ricordare i nativi americani quando danzavano scatenati attorno al fuoco. Liliana sorrise a quella scena, finché non vide una figura camminare verso i bambini, si alzò in piedi. Non si era sbagliata. Vittorio si stava avvicinando ai bambini. Il sorriso sul volto di Liliana svanì immediatamente, si guardò attorno per cercare Ulisse, portò pollice e indice alle labbra e soffiò forte, emettendo un fischio fortissimo. Pochi istanti e Ulisse comparve da dietro le cabine correndo verso di lei. Si sentì gli sguardi dei clienti e di Anna, scioccata, su di sé, ma se ne infischiò. Ulisse, senza nemmeno che Liliana gli dicesse qualcosa, capì e corse correndo verso la riva, senza passare dalla passerella di legno, incurante, alzò la sabbia tra gli ombrelloni. Fortunatamente i clienti erano più presi dal passaggio di quel gigante che della sabbia sollevata.
Il cane si mise tra Vittorio e i bambini che si erano messi accanto a Lucas e quell’armadio di Noah.
I bambini furono rimessi nei seggiolini tra Alberto e nonno Ennio.
Tutto senza togliere lo sguardo dalla riva dove Ulisse con le zanne ben in mostra e sulla difensiva, pareva ancor più grande: Vittorio non piaceva nemmeno a lui.
«Anna, per favore, porta i bambini all’interno», il tono di voce di nonno Ennio le fu nuovo. Fermo. Autoritario. Le ricordò quello di Davide. Quelle volte che era arrabbiato o dava ordini e indicazioni in azienda. E rivide negli occhi di Ennio la stessa tonalità di blu di Davide, Lorenzo e dei gemelli nonché di Alberto.
«Perché babbo?» Alberto attendeva una risposta dal padre, mentre Anna spingeva già il passeggino verso la struttura, aveva capito prima del marito. Preoccupata dalla presenza di suo figlio Vittorio e di Lidia.

«Guarda da te. Non c’è da stare tranquilli con quella in giro», disse Ennio alzandosi e avviandosi verso Liliana, senza guardare il figlio, ma la coppia sull’arenile e Liliana, che raggiungeva i bambini alla postazione di guardia.
Pochi metri e sarebbe stata accanto ai bambini. Da dov’era notò lo sguardo gelido in Lidia fissare Lorenzo, che teneva stretta la mano di Leon, che a sua volta teneva vicinissimo a sé il bambino, mostrando quanto fosse alto, molto più alto di Lorenzo. Chi avesse visto in quel momento Leon accanto a Noah avrebbe facilmente pensato che fossero padre e figlio.
A Liliana non piaceva per nulla il modo in cui Lidia fissava Lorenzo: gli occhi sgranati e un sorriso sottile, tirato ai lati del viso, la pelle tesa, le braccia tese lungo il corpo e le dita chiuse a pugno.
“Perché è qui? Non avrebbe dovuto esser nemmeno vivo. È sicuramente lui, quel coso che dovrebbe esser morto anni fa. Quella stupida vecchia l’ha tenuto, ma Vittorio non sa nulla. E non deve sapere che è stata roba mia. Non voglio nemmeno ripensare a quello sbaglio. Vittorio non dovrà mai venire a saperlo. Non può rovinare tutti i miei piani quell’essere, devo trovare il modo per farlo sparire per sempre questa volta. Prima che lo usino contro di me”, e mentre pensava ciò, Lidia guardava con sempre più odio il bambino che non abbassava lo sguardo da lei.
«Piantala di fissarlo!» Leon mise Lorenzo dietro di lui, poi guardò Lidia, che a quella richiesta spostò lo sguardo cattivo verso di lui.
«Lorenzo, non vieni a salutare lo zio?»
«No!» rispose Lorenzo, sempre dietro a Leon e sotto lo sguardo vigile di Lucas e Noah.
Vittorio fece per avvicinarsi, ma si fermò al ringhio di Ulisse che parve dire: “Eh no, da qui non passi”.
Vittorio arretrò di qualche passo e fu in quel momento che vide arrivare Liliana seguita a passo più lento da Ennio.
«Ma che bei bambini vedo qui e questo cane non mi è sconosciuto».
Liliana che stava per parlare rimase a bocca chiusa. Nervosa ancor di più.
Dalla riva, in un completo avorio appoggiato a un bastone da passeggio intagliato, andava avvicinandosi De Marchi.
“Ma porca miseriaccia schifosa. Non bastavano quei due, No! Pure quel rompiscatole. Questa volta lascerò che Ulisse se lo mangi, giuro!” Liliana non seppe quantificare la rabbia che aveva dentro.
«Vittorio! Ti è già stato detto che non ti devi avvicinare ai bambini!» Liliana avrebbe voluto saper sputare fuoco e incenerire entrambi.
«Datti una calmata, ha solo salutato suo nipote», le parole di Lidia, tutta sorrisi ebeti, fece infuriare del tutto Liliana.
«Stai zitta tu e vatti a cercare un bel sasso dove nasconderti».
Lidia, che mai si sarebbe aspettata quella risposta in presenza di Vittorio, si avvicinò a lui.
«Ma vedi te se non posso nemmeno salutare mio nipote. Vedi di far spostare questa bestia prima che mi ci faccia una pelliccia, cretina!»
Mai parola fu perfetta per far scattare più persone nello stesso istante e ciò fece capire a Vittorio di non esser in una posizione favorevole.
«Qui l’unica a cui sta bene quel termine è quella che ti sta accanto. E no, non puoi avvicinarti, salutare, né respirare la stessa aria di Lorenzo, devi stargli lontano almeno cento metri, come minimo! E avvicinati solo anche di un centimetro al mio Ulisse e lascerò che sia lui a far di te una leggera colazione. Mi sono pentita di avervi concesso di stare nel mio stabilimento. Non è stato abbastanza darvi una postazione nelle ultime file, avrei dovuto farvi stare in un altro paese!» Liliana parlava con sicurezza e fermezza, poi prese per mano Lorenzo.
«Abbiamo pagato e ho tutto il diritto di stare qui, non sarai certo tu a vietarmelo!»
«Dimentichi che qui sono proprio l’unica persona che può farlo, in qualsiasi istante, e posso buttarvi fuori all’istante, anzi, credo proprio che lo farò!»
«Lily, lasciali perdere. Non farti il sangue amaro per loro. È una così bella giornata. Loro se ne torneranno al loro ombrellone e noi a goderci in santa pace il resto del pomeriggio che ci resta. Che ne dici biscottino? Andiamo a mangiarci un gelato? Andiamo bimbi?»
«Nonno!»
Vittorio sorrise. E si avvicinò a Ennio che parve un’altra persona.
Ma non poté avvicinarsi come voleva. Perché il muro ringhiante chiamato Ulisse gli si parò ancora davanti.
Le mani del vecchio accarezzavano dolci la folta criniera di Ulisse. Il cane spostava la sua attenzione al vecchio con occhi dolci che però mutavano in rabbiosi alla vista di Vittorio e Lidia.
«Vedi te nonno, non ci fosse questa bestia potrei venirti a salutare», commentò Vittorio digrignando i denti e fissando Ulisse. Inconsapevole che quello era l’unico modo per far arrabbiare ancor di più l’animale.
«Strano Vittorio. sei giunto in paese da più di un mese. Hai avuto tutto il tempo che volevi, se solo avessi voluto. Sei stato solo da tua madre per delle non spettanti richieste e basta. Non sei nemmeno andato a salutare tua figlia Lorena. E non venirmi a raccontare che non sapevi che fosse qui. Sarò vecchio, ma ancora in possesso di tutte le mie facoltà psichiche, fisiche e intellettive. Ora dai la colpa al povero Ulisse e anche qui, con pretese che nemmeno ti aspettano, senza meritartele. Tornatene con… quella, al tuo ombrellone. E quando ricorderai l’educazione che ti è stata insegnata, se davvero qualcosa ti importa ancora, verrai a salutare me e la tua famiglia. E non ti permettere più di usare quel tono con Liliana. Non te lo permetto. Ravvediti e torna in te».
«Ma nonno. Lascia almeno che ti presenti la mia compagna...», con la voce amareggiata, delusa, Vittorio guardava il nonno addolorato.
«Non c’è n’è bisogno Vittorio, la conosciamo tutti anche troppo bene. Qui l’unico che non sa chi ha accanto sei solo tu».
E con un braccio in quello di Liliana e nell’altra mano quella piccola di Lorenzo e Leon al suo fianco, Ennio risalì la passerella, lasciandosi alle spalle lo sguardo interrogativo e deluso di Vittorio e quello iracondo di Lidia.
Matteo e Selene, con addosso solo il body, sgambettavano felici, ridevano al solletico che Lorenzo e Leon facevano sotto i loro piedini con una piuma sbucata dal taschino di nonno Ennio, anche lui divertito da quella scena.
Liliana faceva finta di non sentire le domande di Anna, ansiosa di sapere a che punto fossero i preparativi per il matrimonio: chi avesse scelto come testimoni? Dove sarebbe stata la location? Di che colore sarebbe stato il vestito? Se aveva trovato il tempo per andare a provare i modelli che le aveva fatto mettere da parte e che secondo lei, Anna, erano perfetti per lei e per Davide? A quel punto fu Ennio a rispondere alla nuora.
«Ma Annina carissima, Davide è un bellissimo uomo, ma avrei dei dubbi sul vederlo arrivare all’altare con una gonna lunga grigio perla. Preferirei che si optasse per un completo a pantalone».
Liliana trattenne una risata con tutte le sue forze, almeno finché Anna avrebbe risposto.
«Ma babbo! Io intendevo per Liliana! Non per Davide...».
«Ma insomma Anna! L’hai appena detto tu che quell’abito sarebbe perfetto per Davide».
«Oh Alberto. Dillo tu, che non intendevo quello».
Lo sguardo e il volto di Anna non riuscivano a stabilirsi su di una precisa espressione. Tant’è che Alberto rise. Ennio e Liliana lo seguirono a ruota.
«Nonna, mettilo tu quel vestito. Ti sta bene di sicurissimo», intervenne Leon a dar man forte a nonna Anna, che accarezzò la testa del bambino sorridendogli.
«Meno male che ci sei almeno tu a difendermi!»
E anche Anna si lasciò travolgere da una risata liberatoria.
«E comunque, Liliana. Dimmi, come vanno i preparativi e...».
«Eccetera, eccetera», fece eco nonno Ennio accarezzando la criniera di Ulisse che pareva sorridere anche lui, invece annusava l’effluvio della carne che cuoceva sulle griglie.
«Allora, l’abito è bello e pronto. Come sarà lo scoprirete solo il giorno stesso. No, non ho provato i vestiti né li proverò. Avendo già tutto pronto. I testimoni li ho già. Almeno, uno è confermato, Lucas. Il secondo mi darà conferma a breve. Il menù lo deciderò con Davide, al suo ritorno. Mi manca la location, Davide ne aveva in mente una e mi dirà».
«Ma come? Non hai ancora la location? Saprai bene che sarà difficile trovarne una libera in breve tempo!» disse Anna angosciata, come se quella che doveva sposarsi fosse lei.
«A esser onesta, se voglio, posso tranquillamente fare tutto qui. Ho un ristorante che contiene almeno trecento posti, oltre la terrazza, stessa capienza sulla terrazza sul tetto. La location è l’ultimo dei miei problemi, voglio aspettare Davide e ascoltare le sue idee e proposte».
«Io so già cosa vuol proporti Davide, biscottino bello», parlò Ennio, orgoglioso, pavoneggiandosi

«Come babbo?» chiese Anna sbalordita.
«Certo, vorrà chiederti di celebrare e festeggiare il tutto nella mia campagna. A mezz’ora da qui. È nel mezzo del nulla. Campi e vigneti. E una bella collina dove cresce un noce favoloso che è lì da ancor prima io nascessi. Poi è un vero spettacolo. Certo, c’è qualche mucca, capretta, gatti che convivono con i topini. Che ne dici di farci un pensierino biscottino?»
Non dovette pensarci nemmeno un secondo, Liliana, quell’idea per lei fu qualcosa di favoloso.
«Ma io non ho bisogno di pensarci! Accetto immediatamente! E lei però accetta di farmi da testimone?»
Al culmine della felicità Liliana abbracciò Ennio che gongolava felice.
«Sono contento che vi sposerete lì. Ma per il testimone non credo accetterò. Perdona questo vecchio, avessi qualche anno in meno avrei accettato volentieri, ma inizio a stancarmi con un nonnulla, però ci sarò. Sarò un angelo custode. Fai come se avessi accettato. Non ti offendere biscottino».
Non si offese, Liliana, ma sentì nascere dentro sé una strana tristezza e quelle parole: “Sarò un angelo custode” le fecero pensare al peggio. Sentì nascerle un nodo che andava via via serrarle la gola. Sorrise. Si sforzò e abbracciò nuovamente nonno Ennio, felice di quel gesto che per lui era stato tanto importante.
«Uno dei prossimi giorni ci andremo, appena tornerà Davide, che se non torna presto andrò a prenderlo personalmente».
«Aggiudicato! Faremo un bel pranzo là. Con i miei prodotti. Quanto tempo che non ci torno. Parlo con il fattore al telefono. Che bella invenzione il telefono».
«Aggiudicato nonno Ennio! Vero bimbi? Chi viene con me e nonno Ennio in campagna a vedere mucche e caprette?»
E per celare quella lacrima che, spavalda, le corse lungo la guancia, Liliana si girò verso i bambini urlando quell’evento favoloso.
«Ma mangiano anche i bimbi le “cabrette”?» chiese preoccupato Lorenzo.
«No! Mangiano l’erba. E giocano con i bambini», rispose Alberto.
«Ah ecco. Allora va bene», rispose il bambino infilandosi la maglietta.
«Ma Lorenzo! Non andiamo adesso. Andiamo appena tornerà il babbo».
Deluso, Lorenzo guardò Liliana sollevando gli occhioni blu.
«Ma sei proprio sicura? Uffa però!»
Non poté fare altro, Liliana, che abbracciare il bambino e lui le schioccò un grosso bacio sul collo, a quel contatto Liliana provò solletico e scoppiò a ridere.















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