giovedì 3 settembre 2020

Segnalazione Romanzo - PER UN TUO SGUARDO di Blue Chastain







Respiro Readers

vi segnaliamo l'uscita 

del nuovo romanzo dell'autrice italiana Blue Chastain.









TITOLO: Per un tuo sguardo

AUTRICE: Blue Chastain

CASA EDITRICE: Self Publishing

GENERE: Romance

PAGINE: 325

PREZZO EBOOK: 2.99

PREZZO CARTACEO: 9.99

DATA USCITA EBOOK:  20 Agosto 2020








«Cosa ti importa?»
Queste sono le parole che Elizabeth ripete più spesso, perché a nessuno è mai davvero importato di lei. Sua madre e suo fratello la amano, ma non possono dimostrarlo, e comunque è sempre stata lei a sostenerli e proteggerli dal senatore.
La sua non si può chiamare vita: è sopravvissuta in gabbia, senza permettersi mai di desiderare nulla per sé, anche se nei suoi sogni c’è sempre stato uno sguardo di smeraldo incastonato in un volto bellissimo, il volto di un uomo che la odia.
È a quell’uomo ricco e potente che si rivolge quando decide di scappare e ancora una volta non lo fa per se stessa, ma per sua madre.
Se però nel frattempo riuscirà ad avere almeno un assaggio di Xander, non si farà sfuggire l’occasione di provare, anche se solo per poco, cosa sia la seduzione.


Alexander Long è noto al mondo non solo perché possiede e gestisce il Dark Palace, uno dei più famosi casinò di Las Vegas, ma anche per le raffinate arti amatorie. Le storie del seduttore, come lo chiama la stampa, non durano più di due settimane, ma lui tratta comunque tutte le donne come un gioiello prezioso.
Tutte le donne tranne una: la sorella dell’uomo che caccia da sette anni.
E ora lei è lì, nelle sue mani, in cerca d’aiuto.
La richiesta di Elizabeth è assurda, come è assurdo che la faccia proprio a lui, che non sprecherà certo l’opportunità di averla in suo potere.
E stavolta le farà abbassare quello sguardo di ghiaccio o riuscirà a leggere dentro di esso.








Nascosto dietro la parete di vetro unidirezionale del suo ufficio, che si trovava all’ultimo piano del Dark Palace, Xander guardava in basso la sala da gioco principale, senza che le persone da sotto potessero vedere lui. Aveva sistemato apposta quella stanza in modo da avere sempre il controllo di tutto e dove non arrivava con lo sguardo arrivava con i monitor della videosorveglianza. O con la sorveglianza in carne e ossa.
Sull’ampia scrivania alle sue spalle c’erano i documenti che avrebbe dovuto controllare: la situazione finanziaria di alcuni giocatori insolventi del Dark Palace. Li aveva lasciati continuare a giocare apposta, sapendo che avrebbero perso, perché non erano i soldi che voleva da loro: erano gli agganci. All’età di trentaquattro anni, Alexander Long doveva il suo potere ai debiti di gioco che faceva contrarre a chi gli serviva, per poi farsi ripagare in favori di diversa natura.
Ma quella sera non riusciva a concentrarsi, da quando aveva saputo che lei era salita su un aereo con destinazione Las Vegas.
«Sta atterrando adesso» gli disse Nathan, entrando con il fascicolo che gli aveva chiesto. «In perfetto orario.»
O in ritardo di sette anni.
«Sappiamo dove alloggerà? Chiedi a Blake di occuparsi del suo trasferimento, ma senza usare le maniere forti.» Noto alla stampa per la galanteria con cui trattava il genere femminile, Xander non avrebbe mai usato le maniere forti con una donna, neanche con quella donna.
«Perché, ne sa usare altre?»
In effetti no: Nathan, Blake e Nick erano gli unici tre amici che Xander avesse al mondo, dato che non aveva permesso a nessun altro di avvicinarsi abbastanza da diventarlo, ma erano amici proprio perché conoscevano l’uno le tenebre dell’altro e le accettavano com’erano.
«Allora vai tu e trova il modo di persuaderla. Hai fatto ricerche su di lei: usale, usa tutto, dille qualunque cosa la costringa a venire qui.»
«Non ce ne sarà bisogno. Ha prenotato un taxi che l’attende all’aeroporto proprio per portarla da noi.»
Elizabeth Campbell stava venendo al Dark Palace di sua spontanea volontà? A che gioco stava giocando?
«Perché mai sta venendo qui?»
«Dovrai chiederglielo di persona.»
E non vedeva l’ora di farlo. L’ultima e unica volta in cui l’aveva vista di persona, lei l’aveva trattato come uno scarto umano, nonostante avesse quindici anni e lui ventisette. Quando fosse stata all’interno del Dark Palace, però, sarebbe stata in suo potere e i ruoli si sarebbero invertiti. Diavolo, era in suo potere dal momento in cui aveva preso un volo per Las Vegas.
«È da sola?» chiese continuando a dare la schiena a Nathan.
Non voleva che gli si leggesse in volto il turbamento, perché era abituato a mantenere sempre il controllo.
«Sì, e ha viaggiato sotto falso nome.»
Non si chiese come ci fosse riuscita: i Campbell si facevano beffe della legge e qualcosa doveva avere imparato anche lei.
«Che nome?»
Sentì Nathan ridacchiare. «Jane Smith.»
Di sicuro non aveva imparato l’originalità. «Da chi sta sfuggendo?»
Forse da lui? E perché, in quel caso, gli stava proprio finendo in bocca?
Un pensiero lo turbò: l’immagine di lei che gli finiva davvero in bocca. Lo scacciò, come aveva scacciato pensieri simili su Elizabeth Campbell da quando la quindicenne aveva iniziato a trasformarsi in una donna.
«Come ho detto, dovrai chiederglielo di persona.»
Sicuro di aver ritrovato la compostezza, Alexander si girò a guardare il suo esperto informatico. «Ma tu cosa credi?»
Si fidava delle opinioni di Nathan, che muovendosi anche nel deep web aveva purtroppo incontrato e conosciuto il lato più oscuro della razza umana, e aveva imparato ad averci a che fare. Quello che Xander leggeva nelle persone, spesso solo guardandole negli occhi, Nathan lo leggeva nei loro account, trovando le strategie migliori, i punti deboli e il modo di usarli. Poi passava tutto a Blake, a cui spettava la parte pratica.
«Deve sapere che questo posto è tuo, sei sulle riviste di continuo. Se sta venendo qui, significa che vuole parlare proprio con te, ma non so per quale motivo.»
Nathan gettò sulla scrivania il fascicolo che aveva con sé, un fascicolo molto scarno, a differenza di quelli sugli altri membri della stessa famiglia.
«Nessun indizio? Immagino che avrai rifatto dei controlli…» disse a Nathan, mentre rileggeva ciò che già sapeva a memoria.
Ventidue anni appena compiuti, la figlia di George Campbell, senatore della California, studiava Architettura. Xander digrignò i denti, perché quella sarebbe stata la sua scelta, se avesse potuto vivere la vita come aveva desiderato. Invece tutto era andato a rotoli per colpa dei Campbell e lui aveva dovuto imboccare un altro percorso, che ora l’aveva portato lì, in attesa di una di loro.
«Apparentemente non è cambiato nulla nella sua vita. Continua a non uscire quasi mai, ogni tanto fa qualche apparizione pubblica al fianco del padre, ma anche in quelle occasioni parla il meno possibile e si defila il prima possibile. Sembra un fantasma.»
E aveva proprio l’aria di un fantasma, con quei capelli mori, lisci e lunghi fino ai fianchi, nella foto che stava guardando. Doveva essere stata scattata in un raro momento in cui non era in posa, perché Xander sapeva che teneva sempre la chioma raccolta in modo austero, a ribadire, qualora non fosse chiaro, quanto fosse inavvicinabile. Xander sapeva che vestiva sempre elegante e mai casual, che si truccava poco gli occhi e non metteva il rossetto, che teneva le unghie corte e non laccate, che amava il balletto e l’opera lirica.
Xander sapeva tutto di lei, e soprattutto sapeva che effetto facesse lo sguardo dei suoi occhi, che si notavano anche in una foto sgranata come quella che teneva in mano, occhi così grandi e così chiari da sembrare finti – d’altronde era finta Elizabeth.
Li rivedeva negli incubi, quegli occhi, freddi come la morte che gli aveva strappato via la famiglia.
La stampa l’aveva soprannominata la principessa di ghiaccio e lui non aveva dubbi che fosse gelida anche dentro.
«Cos’altro sappiamo su di lei?»
Doveva essere successo qualcosa, per spingerla ad addentrarsi nella tana del nemico.
«Tutto» rispose Nathan, efficiente come sempre. «Niente» aggiunse poi.
«Se vuole essere una battuta, capisco perché Blake ti dia tanto addosso.»
«Blake mi dà addosso perché è invidioso del mio cervello, mentre lui è tutto muscoli. Ma non era una battuta. Sappiamo tutto quello che c’è da sapere perché non c’è da sapere niente. Questa donna continua a non avere una traccia virtuale, credo non abbia nemmeno un computer o un cellulare.»
«Chi non ha un cellulare al giorno d’oggi?»
«Elizabeth Campbell. Come ti ho detto, sembra un fantasma.»
«E allora come ha prenotato il volo e il taxi?»
«L’ha fatto una sua guardia del corpo per lei, il che mi fa pensare che la sua famiglia non ne sappia nulla.»
Questo era interessante. Lei era stata molto fedele alla sua famiglia, sette anni prima, quando, alle spalle del senatore, aveva guardato i due Long, padre e figlio, chiedere giustizia per Anya. Non aveva battuto ciglio mentre George Campbell li informava con un sorriso sprezzante che non l’avrebbero ottenuta.
Si pentì di non avere ancora bevuto niente: era stato Nick a chiedergli di limitare gli alcolici, di cui negli ultimi tempi aveva fatto largo uso, e glielo aveva chiesto con sincera preoccupazione, con un tono carico d’affetto, perciò non era riuscito a mandarlo al diavolo come avrebbe fatto con chiunque altro pensasse di dirgli come vivere la sua vita. Sempre che la sua si potesse definire vita.
E ora era troppo sobrio per poter nascondere come si sentiva, perché ciò che Nick non capiva era che l’alcol era l’unica cosa in grado di abbassare il volume della voce interiore che gli urlava la sua colpa.
Ma non era solo colpa sua, si disse chiudendo il fascicolo e fissando il cognome stampatovi sopra. Campbell, la famiglia di senatori: lo era stato il nonno, lo era il padre e lo sarebbe diventato il figlio Henry, sempre che fosse tornato negli Stati Uniti, da cui era fuggito sette anni prima, dopo avere distrutto i Long.
Il potere del paparino lo teneva nascosto da allora e nonostante le abilità di Nathan non erano ancora riusciti a scovarlo, per presentargli il conto dei suoi peccati.
«È sempre single?» chiese, sapendo già la risposta.
Si teneva aggiornato su di lei, come sugli altri, ma Elizabeth era il tarlo che lo rodeva ogni istante, perché non poteva credere che una quindicenne covasse già tanta crudeltà. Aveva solo un anno in meno di Anya, a quel tempo, e Xander aveva davvero creduto che si sarebbe schierata al fianco di una ragazza in difficoltà. Peggio: quando l’aveva vista lì, rigida nell’ombra, aveva creduto che anche Elizabeth fosse una ragazzina bisognosa di protezione.
Era stata l’unica volta in vita sua in cui si era sbagliato a leggere un essere umano.
«Sempre, non è mai stata vista con un uomo.»
«Vuole dire poco, loro sono bravi a cancellare ogni traccia…»
«Ma sono bravo anch’io, lo sai» ribatté Nathan, con quel sorriso sbarazzino che portava troppe persone a sottovalutarlo. «Non dico che non abbia avuto dei flirt, ma devono essere state cose passeggere, perché una relazione anche solo di una settimana avrebbe lasciato delle bricioline di pane e io le avrei seguite.»
Aveva comunque senso. In quella famiglia non c’era spazio per i sentimenti o la spontaneità, niente era lasciato al caso e lei doveva sapere bene che una relazione era merce da scambiare con qualcos’altro. Quando si fosse impegnata, sarebbe stato per creare altre alleanze politiche, e poco ma sicuro non avrebbe avuto alcuna difficoltà a circuire il prescelto.
In quegli anni Elizabeth Campbell era cresciuta diventando una donna bellissima e Xander ne aveva osservato le forme sbocciare, forme stupende fuori quanto lei era orrenda dentro.
Era l’unica donna che giudicasse in quel modo, anzi, non l’unica: c’era anche sua madre, Joanne Campbell. Lui non avrebbe trovato riposo fino a quando l’ultimo dei Campbell non avesse pagato ciò che aveva fatto alla sua famiglia.
E a quanto pareva, l’ora dei conti era finalmente giunta.
«Contatta l’autista del taxi con cui è d’accordo, offrigli il doppio, il triplo, ma fai in modo che accetti di venire sostituito da Blake.»
Doveva impedire che lei cambiasse idea all’ultimo momento.
«Non eravamo d’accordo che Blake non fosse la persona migliore?»
«Se è già decisa a venire qui non dovrà persuaderla. Ma non sappiamo di cosa si tratti e se ci sia bisogno delle sue capacità.»
«Pensi a una trappola?»
«Penso che da una Campbell mi devo aspettare di tutto. E appena arriva, portatela da me.»
Ma invece di obbedire come sempre e andarsene, l’altro tentennò. «Cosa vuoi farle?»
«Credi che io potrei fare del male a una donna?»
Alexander Long era stato soprannominato dalla stampa ‘il seduttore’ per il modo in cui trattava le donne, come delle dee, sia quelle con cui stava, anche se solo per un breve periodo, sia tutte le altre. Faceva donazioni generose per sostenere gli enti che aiutavano le vittime di abusi e si spendeva in prima persona per proteggerne una ogni volta che poteva. Anche quando le sue storie di letto finivano, lasciava le amanti con delicatezza e generosità. Non poteva dare ciò che più contava, ovvero i sentimenti, che in lui erano morti da un pezzo, perciò sceglieva compagne che non cercassero nulla di serio e si sforzava comunque di compensare la sua mancanza emotiva con i doni e la gentilezza.
«No, ma non sono sicuro che tu la consideri una donna» ribatté Nathan. «Non credo che tu possa considerare qualunque dei Campbell un essere umano.»
Perché non lo erano, erano mostri, e in parte avevano reso un mostro anche lui, incapace di provare qualcosa che non fosse la sete di vendetta. Tutto il resto gli era ormai indifferente: i soldi, il successo, persino il sesso. Era sulla cima e aveva solo voglia di buttarsi giù.
Ma adesso, per la prima volta, c’era qualcosa, qualcuno che lo stava tirando su.
«Forse, ma non è lei che voglio.» Bugia. «Era poco più di una bambina, allora.» Verità.
Perché per quanto fosse stata spregevole non era Elizabeth la vera colpevole. Era suo fratello.
«E quindi cosa vuoi fare?» insistette Nathan.
Xander si diresse al tavolino degli alcolici e si versò un bicchiere colmo di whisky.
Aveva promesso a Nick di limitarsi con il bere, ma non sarebbe stata la prima volta che non manteneva la parola. Aveva infranto anche la promessa di matrimonio fatta a Marisol.
Buttò giù il bicchiere in un sorso, prima di rispondere senza incertezze: «Tutto ciò che devo.»





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