Harrie, un’adolescente con grandi occhi blu e capelli rossi, vive in un mondo tutto suo fatto di sogni, favole, film e tanti interrogativi su una madre mai conosciuta. Paul, instabile e annoiato frontman dei Purple River, uno dei gruppi musicali del momento, si ritrova a fare i conti con il prezzo della celebrità tanto inseguita, che sfregia la sua giovane vita. Il loro incontro avviene per caso o per volere del destino: da quel momento i loro cuori esplodono «come stelle nella notte» e spontaneo nasce il desiderio di fuggire insieme a Nizza, città sdraiata sul mare, tanto luminosa ed elegante da sembrare il paradiso. Tutti li cercano: Emma, la zia di Harrie che l’ha cresciuta dopo la scomparsa della madre; Samuel, il manager della band, che tenta in ogni modo di proteggere il gruppo da scandali e danni d’immagine, e Cordelia, affermata giornalista dal passato segreto, sempre a caccia di gossip sulle rockstar. Tutto ciò che il paradiso permette è la storia di una passione travolgente come solo può esserlo il primo amore. E sullo sfondo gli anni Novanta, Dublino, la Costa Azzurra, e l’ombra di una malattia subdola che si insinua nel tessuto del racconto come io narrante: una protagonista sommessa che presto alzerà la voce.
L’ultima
fatica letteraria della scrittrice Manuela Caracciolo pubblicato da
Cairo Editore s’intitola Tutto
ciò che il Paradiso permette.
Questo romanzo rappresenta per l’autrice un piacevole snodo
professionale, in quanto le ha permesso di vincere il premio
letterario Zanibelli 2018. ( Fonte Testo : http://www.sulromanzo.it/blog/quando-l-amore-ci-trasforma-tutto-cio-che-il-paradiso-permette-di-manuela-caracciolo)
L’abbiamo
capito? Forse no. Questo romanzo, dipinto come un capolavoro di
letteratura, è un caleidoscopio di errori e incongruenze pazzesche.
Leggendolo, purtroppo non si può non notarlo. C’è anche una
vicenda noiosa frammentata poi dalle continue ripetizioni di verbi,
aggettivi, avverbi, errori e incongruenze.
(A
pagina 21 si dice che Harrie ha compiuti
i diciassette anni a pagina 39 si scrive: Mentre
la piccola Harrie cresceva,
lo scontro intorno a Belfast
intanto
si era inasprito fino all’apice dell’inferno di quel
giorno
maledetto 30 gennaio del 1972
a
Derry. Quattordici le vittime civili cadute quel
giorno, profondissima
la ferita che
aveva
squarciato in due la vita degli irlandesi, nessuno escluso.
Quel
giorno... p.195
si scrive: che Harrie ha 31 anni nel 2001, significa che è nata nel
1970. Ma a p.21 e altrove si dice che ha 17 anni e poiché siamo nel
1990 (p.123 si parla del 1985 come di 5 anni prima la data degli
eventi) deve essere nata nel 1973. Nel 1972 quindi non è ancora
nata-
Pag
41: Rabbrividì
nel vento più feroce e quasi urlò quando udì un tonfo sordo
provenire proprio da
dentro quel
luogo blindato. «Signorina, ha bisogno?» una voce femminile la
richiamò da
dietro le
spalle, facendola capitombolare con il sedere a terra.
«Signorina,
ha bisogno?»
(di che?) una voce femminile la richiamò da
dietro
le spalle, facendola capitombolare con il sedere a terra – Non
sarebbe stato forse più comprensibile scrivere sintatticamente in
maniera più semplice e comprensibile? (dietro di lei – signorina,
ha bisogno di qualcosa? - Si chiuse nel suo ufficio a ungere con la
sua voce baritonale le ruote degli scribacchini locali che avevano
bisogno di sentir affermare la qualità della propria penna come
l’importanza della loro presenza all’evento musicale –
Non sarebbe stato meglio scrivere: - Si chiuse nel suo ufficio
cercando di corrompere con la sua voce baritonale e decisa gli
scribacchini locali bisognosi che qualcuno confermasse la qualità
della propria penna e l’importanza della loro presenza all’evento
musicale -
pag 16 - Mentre il volume si alzava nella sua testa, per Harrie lì
intorno non poteva esserci anima viva. C’erano solo lei e la
musica. Ridondante.
Bastava
semplificarla così: Mentre il volume si alzava nella sua testa, per
Harrie lì attorno c’erano solo lei e la musica, perché se c’erano
solo lei e la musica, è scontanto che lì intorno per lei non ci sia
nessuno...
Affogò
quella sensazione nella tazza di caffè riscaldato, tra uno sbadiglio
e una grattata. Mi chiedo dove si gratta... In testa? Sulle palle?
Dietro il sedere? - Spalancando la
porta
fece entrare la notte. Voi penserete all’uscio di casa, giusto?
Invece l’azione si svolge vicino a una macchina. Quindi l’autista
spalancando lo sportello fece entrare la notte – pagina 16 - La
voce del suo
impresario,
o della sua
coscienza, risuonò nella sua
testa come un tuono – mancanza di caporali di chiusura nei discorsi
diretti. Che
Harrie stesse diventando una donna se ne era accorta chi?
Emma, giusto. Non
voglio
nulla, voglio
solo starmene un po’ in pace. Pag.47.
Si preparò il bagno con cura, portando dalla sua stanza la radio e
sintonizzandola sull’unica stazione che a quell’ora trasmettesse
canzoni rock. Forse
sarebbe stato meglio scrivere: Si
preparò il bagno con cura, portando con sé la radio e
sintonizzandola sull’unica stazione che a quell’ora avrebbe
trasmesso solo canzoni rock - Pag.86 -
Sentì impellente il bisogno di fumare e cercò
affannosamente le sigarette. Io avrei anticipato integrando questo
capitolo con quello a pagina 87 declinando tutto al trapassato
prossimo. Nel cassetto della portiera aveva
notato
sfavillante un pacchetto argentato di sigarette.
In quel momento lo
aveva visto
come un’oasi nel deserto. Non aveva fuoco però... Pagina 90: Tom
e Steve non gradirono il tono canzonatorio di Bryan ma si notava
lontano un miglio che aveva la scimmia rugosa e incazzata della rota
appollaiata sulla spalla...
?
Questa
frase non è comprensibile. Non si capisce se Bryan abbia veramente
una scimmia incazzata sulla rota della sua spalla, o muscoli
rotatori che dir si voglia, oppure è una metafora?
A
pagina 150, un certo Patrick viene nominato una sola volta in tutto
il romanzo senza specificare chi è.
ecc.)
E
mi fermo, poiché dall’inizio alla fine, il romanzo porta i segni
di una goffa e disarmonica stesura sintattica, ortografica e di
stile.
Come
avrebbe detto Bukoswki: “La
verità profonda, per fare qualunque cosa, per scrivere, per
dipingere, sta nella semplicità. La vita è profonda nella sua
semplicità.”
Aggiungo, che i veri scrittori raccontano
in modo realistico e senza troppe circonlocuzioni, la quotidianità.
Dovrebbero farsi capire al tocco di un avverbio, di un aggettivo, un
verbo, una frase sintatticamente semplice.
Questo è il messaggio che tuttavia non trapela dalla lettura del
romanzo. Anzi, non respira l’aria della semplice lettura: lo stile
è di per sé ridondante e l’abbondanza di frasi e periodi
ghirogarate lascia dentro il lettore, il nulla.
La
playlist: anche i libri hanno colonne sonore
Ogni
capitolo del romanzo porta il titolo di una canzone famosa, che ha
fatto la storia. Niente da eccepire, ma avrei preferito meno titoli
di canzoni e più costrutto narrativo positivo. Anche se l’idea
dell’autrice di accompagnare ogni sezione con il titolo di un brano
e guidare il lettore nel suo percorso di lettura nel suo viaggio, non
è da scartare. Ma questo non basta. Le buone idee vanno di pari
passo con un buono e sano modo di leggere, cosa che invece non ho
recepito.
Credo
che la storia avrebbe acquistato molto su tutti i livelli, se il
lavoro di correzione degli editor nonché i correttori di bozze fosse
stato più accurato. Poiché oltre il lavoro di editing eseguito sul
testo da parte degli editor, ho trovato tanti e ben altri errori di
diversa natura.
È
una storia che mi sento di sconsigliare, ma ognuno è libero di
leggerlo per farsi una propria idea e per riflettere su cosa sia
veramente necessario perché qualcuno possa essere considerato un
bravo autore; su come sia facile a volte venire editata da una casa
editrice in auge quando non lo si merita, ma che alla prova dei
fatti, si rivela un vero flop
letterario,
dove si narra di virus Hiv,
tematica esplosa negli anni ’90 e che oggi come oggi non causa più
tutto il clamore o la curiosità di una volta.
Paul e Harrie commetteranno i loro errori e da questi ultimi impareranno e sapranno rialzarsi dandoci il buon esempio, mentre per qualcun altro sarà oramai troppo tardi, ma anche in questo caso le pagine lasceranno il segno solo per le incongruenze e gli errori, per non parlare dello stile piuttosto convenzionale, approssimativo e immaturo, ma di cui l’autrice, con le sue frasi a effetto, auliche e pompose crede di saper narrare. Mi dispiace, ma non è così che vanno le cose. Narrare significa entrare in sintonia con il lettore, dare e avere un qualcosa che ti rimane dentro, lasciare il segno, avere empatia per tutto ciò che succede attorno a noi. Concludere per tirare le fila, colpire, far ricordare, conquistare il lettore fin dall’incipit. Al posto dell’autrice avrei scelto un registro linguistico meno forzato, esagerazioni che a lungo andare storpiano il vero senso di ciò che si vuole comunicare. Per intenderci, parlo dello stile formale, dove il lessico è studiato ma sobrio, senza ricercatezze, la sintassi è elegante ma senza eccessi. Io, autore, devo rivolgermi al lettore come se stessi parlando a un amico, a un compagno. Lo conosco, devo conoscere i suoi gusti, le sue aspettative e in ciò che racconto lasciare fuori il mio ego. Tutto qui. Il romanzo non si fa leggere facilmente e, sinceramente, mi sarei aspettata qualcosa di più da una autrice che ha vinto un premio e che soprattutto la sua opera venga classificata come la migliore dell’anno!
Paul e Harrie commetteranno i loro errori e da questi ultimi impareranno e sapranno rialzarsi dandoci il buon esempio, mentre per qualcun altro sarà oramai troppo tardi, ma anche in questo caso le pagine lasceranno il segno solo per le incongruenze e gli errori, per non parlare dello stile piuttosto convenzionale, approssimativo e immaturo, ma di cui l’autrice, con le sue frasi a effetto, auliche e pompose crede di saper narrare. Mi dispiace, ma non è così che vanno le cose. Narrare significa entrare in sintonia con il lettore, dare e avere un qualcosa che ti rimane dentro, lasciare il segno, avere empatia per tutto ciò che succede attorno a noi. Concludere per tirare le fila, colpire, far ricordare, conquistare il lettore fin dall’incipit. Al posto dell’autrice avrei scelto un registro linguistico meno forzato, esagerazioni che a lungo andare storpiano il vero senso di ciò che si vuole comunicare. Per intenderci, parlo dello stile formale, dove il lessico è studiato ma sobrio, senza ricercatezze, la sintassi è elegante ma senza eccessi. Io, autore, devo rivolgermi al lettore come se stessi parlando a un amico, a un compagno. Lo conosco, devo conoscere i suoi gusti, le sue aspettative e in ciò che racconto lasciare fuori il mio ego. Tutto qui. Il romanzo non si fa leggere facilmente e, sinceramente, mi sarei aspettata qualcosa di più da una autrice che ha vinto un premio e che soprattutto la sua opera venga classificata come la migliore dell’anno!







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