martedì 15 settembre 2020

Recensione Romanzo - BY GRAZIA - TUTTO CIO' CHE IL PARADISO PERMETTE di Manuela Caracciolo


















Harrie, un’adolescente con grandi occhi blu e capelli rossi, vive in un mondo tutto suo fatto di sogni, favole, film e tanti interrogativi su una madre mai conosciuta. Paul, instabile e annoiato frontman dei Purple River, uno dei gruppi musicali del momento, si ritrova a fare i conti con il prezzo della celebrità tanto inseguita, che sfregia la sua giovane vita. Il loro incontro avviene per caso o per volere del destino: da quel momento i loro cuori esplodono «come stelle nella notte» e spontaneo nasce il desiderio di fuggire insieme a Nizza, città sdraiata sul mare, tanto luminosa ed elegante da sembrare il paradiso. Tutti li cercano: Emma, la zia di Harrie che l’ha cresciuta dopo la scomparsa della madre; Samuel, il manager della band, che tenta in ogni modo di proteggere il gruppo da scandali e danni d’immagine, e Cordelia, affermata giornalista dal passato segreto, sempre a caccia di gossip sulle rockstar. Tutto ciò che il paradiso permette è la storia di una passione travolgente come solo può esserlo il primo amore. E sullo sfondo gli anni Novanta, Dublino, la Costa Azzurra, e l’ombra di una malattia subdola che si insinua nel tessuto del racconto come io narrante: una protagonista sommessa che presto alzerà la voce.








L’ultima fatica letteraria della scrittrice Manuela Caracciolo pubblicato da Cairo Editore s’intitola Tutto ciò che il Paradiso permette. Questo romanzo rappresenta per l’autrice un piacevole snodo professionale, in quanto le ha permesso di vincere il premio letterario Zanibelli 2018. ( Fonte Testo : http://www.sulromanzo.it/blog/quando-l-amore-ci-trasforma-tutto-cio-che-il-paradiso-permette-di-manuela-caracciolo) 


 L’abbiamo capito? Forse no. Questo romanzo, dipinto come un capolavoro di letteratura, è un caleidoscopio di errori e incongruenze pazzesche. Leggendolo, purtroppo non si può non notarlo. C’è anche una vicenda noiosa frammentata poi dalle continue ripetizioni di verbi, aggettivi, avverbi, errori e incongruenze.

 (A pagina 21 si dice che Harrie ha compiuti i diciassette anni a pagina 39 si scrive: Mentre la piccola Harrie cresceva, lo scontro intorno a Belfast
intanto si era inasprito fino all’apice dell’inferno di quel giorno maledetto 30 gennaio del 1972 a Derry. Quattordici le vittime civili cadute quel giorno, profondissima la ferita che
aveva squarciato in due la vita degli irlandesi, nessuno escluso.

Quel giorno... p.195 si scrive: che Harrie ha 31 anni nel 2001, significa che è nata nel 1970. Ma a p.21 e altrove si dice che ha 17 anni e poiché siamo nel 1990 (p.123 si parla del 1985 come di 5 anni prima la data degli eventi) deve essere nata nel 1973. Nel 1972 quindi non è ancora nata-
Pag 41: Rabbrividì nel vento più feroce e quasi urlò quando udì un tonfo sordo provenire proprio da dentro quel luogo blindato. «Signorina, ha bisogno?» una voce femminile la richiamò da dietro le spalle, facendola capitombolare con il sedere a terra. «Signorina, ha bisogno?» (di che?) una voce femminile la richiamò da dietro le spalle, facendola capitombolare con il sedere a terra – Non sarebbe stato forse più comprensibile scrivere sintatticamente in maniera più semplice e comprensibile? (dietro di lei – signorina, ha bisogno di qualcosa? - Si chiuse nel suo ufficio a ungere con la sua voce baritonale le ruote degli scribacchini locali che avevano bisogno di sentir affermare la qualità della propria penna come l’importanza della loro presenza all’evento musicale – Non sarebbe stato meglio scrivere: - Si chiuse nel suo ufficio cercando di corrompere con la sua voce baritonale e decisa gli scribacchini locali bisognosi che qualcuno confermasse la qualità della propria penna e l’importanza della loro presenza all’evento musicale - pag 16 - Mentre il volume si alzava nella sua testa, per Harrie lì intorno non poteva esserci anima viva. C’erano solo lei e la musica. Ridondante. Bastava semplificarla così: Mentre il volume si alzava nella sua testa, per Harrie lì attorno c’erano solo lei e la musica, perché se c’erano solo lei e la musica, è scontanto che lì intorno per lei non ci sia nessuno... Affogò quella sensazione nella tazza di caffè riscaldato, tra uno sbadiglio e una grattata. Mi chiedo dove si gratta... In testa? Sulle palle? Dietro il sedere? - Spalancando la porta fece entrare la notte. Voi penserete all’uscio di casa, giusto? Invece l’azione si svolge vicino a una macchina. Quindi l’autista spalancando lo sportello fece entrare la notte – pagina 16 - La voce del suo impresario, o della sua coscienza, risuonò nella sua testa come un tuono – mancanza di caporali di chiusura nei discorsi diretti. Che Harrie stesse diventando una donna se ne era accorta chi? Emma, giusto. Non voglio nulla, voglio solo starmene un po’ in pace. Pag.47. Si preparò il bagno con cura, portando dalla sua stanza la radio e sintonizzandola sull’unica stazione che a quell’ora trasmettesse canzoni rock. Forse sarebbe stato meglio scrivere: Si preparò il bagno con cura, portando con sé la radio e sintonizzandola sull’unica stazione che a quell’ora avrebbe trasmesso solo canzoni rock - Pag.86 - Sentì impellente il bisogno di fumare e cercò affannosamente le sigarette. Io avrei anticipato integrando questo capitolo con quello a pagina 87 declinando tutto al trapassato prossimo. Nel cassetto della portiera aveva notato sfavillante un pacchetto argentato di sigarette. In quel momento lo aveva visto come un’oasi nel deserto. Non aveva fuoco però... Pagina 90: Tom e Steve non gradirono il tono canzonatorio di Bryan ma si notava lontano un miglio che aveva la scimmia rugosa e incazzata della rota appollaiata sulla spalla... ? Questa frase non è comprensibile. Non si capisce se Bryan abbia veramente una scimmia incazzata sulla rota della sua spalla, o muscoli rotatori che dir si voglia, oppure è una metafora? A pagina 150, un certo Patrick viene nominato una sola volta in tutto il romanzo senza specificare chi è. ecc.) E mi fermo, poiché dall’inizio alla fine, il romanzo porta i segni di una goffa e disarmonica stesura sintattica, ortografica e di stile.



Come avrebbe detto Bukoswki: “La verità profonda, per fare qualunque cosa, per scrivere, per dipingere, sta nella semplicità. La vita è profonda nella sua semplicità.” Aggiungo, che i veri scrittori raccontano in modo realistico e senza troppe circonlocuzioni, la quotidianità. Dovrebbero farsi capire al tocco di un avverbio, di un aggettivo, un verbo, una frase sintatticamente semplice. Questo è il messaggio che tuttavia non trapela dalla lettura del romanzo. Anzi, non respira l’aria della semplice lettura: lo stile è di per sé ridondante e l’abbondanza di frasi e periodi ghirogarate lascia dentro il lettore, il nulla.
La playlist: anche i libri hanno colonne sonore
Ogni capitolo del romanzo porta il titolo di una canzone famosa, che ha fatto la storia. Niente da eccepire, ma avrei preferito meno titoli di canzoni e più costrutto narrativo positivo. Anche se l’idea dell’autrice di accompagnare ogni sezione con il titolo di un brano e guidare il lettore nel suo percorso di lettura nel suo viaggio, non è da scartare. Ma questo non basta. Le buone idee vanno di pari passo con un buono e sano modo di leggere, cosa che invece non ho recepito.
Credo che la storia avrebbe acquistato molto su tutti i livelli, se il lavoro di correzione degli editor nonché i correttori di bozze fosse stato più accurato. Poiché oltre il lavoro di editing eseguito sul testo da parte degli editor, ho trovato tanti e ben altri errori di diversa natura.
È una storia che mi sento di sconsigliare, ma ognuno è libero di leggerlo per farsi una propria idea e per riflettere su cosa sia veramente necessario perché qualcuno possa essere considerato un bravo autore; su come sia facile a volte venire editata da una casa editrice in auge quando non lo si merita, ma che alla prova dei fatti, si rivela un vero flop letterario, dove si narra di virus Hiv, tematica esplosa negli anni ’90 e che oggi come oggi non causa più tutto il clamore o la curiosità di una volta.
Paul e Harrie commetteranno i loro errori e da questi ultimi impareranno e sapranno rialzarsi dandoci il buon esempio, mentre per qualcun altro sarà oramai troppo tardi, ma anche in questo caso le pagine lasceranno il segno solo per le incongruenze e gli errori, per non parlare dello stile piuttosto
convenzionale, approssimativo e immaturo, ma di cui l’autrice, con le sue frasi a effetto, auliche e pompose crede di saper narrare. Mi dispiace, ma non è così che vanno le cose. Narrare significa entrare in sintonia con il lettore, dare e avere un qualcosa che ti rimane dentro, lasciare il segno, avere empatia per tutto ciò che succede attorno a noi. Concludere per tirare le fila, colpire, far ricordare, conquistare il lettore fin dall’incipit. Al posto dell’autrice avrei scelto un registro linguistico meno forzato, esagerazioni che a lungo andare storpiano il vero senso di ciò che si vuole comunicare. Per intenderci, parlo dello stile formale, dove il lessico è studiato ma sobrio, senza ricercatezze, la sintassi è elegante ma senza eccessi. Io, autore, devo rivolgermi al lettore come se stessi parlando a un amico, a un compagno. Lo conosco, devo conoscere i suoi gusti, le sue aspettative e in ciò che racconto lasciare fuori il mio ego. Tutto qui. Il romanzo non si fa leggere facilmente e, sinceramente, mi sarei aspettata qualcosa di più da una autrice che ha vinto un premio e che soprattutto la sua opera venga classificata come la migliore dell’anno!













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