New Harbour, 1947
In una città in mano alla criminalità organizzata, cinque grandi famiglie si spartiscono il controllo su industria, finanza, politica e attività illecite.
Quando Miranda Peterson, potente capo dei Peterson, viene assassinata, l’unica erede è la nipote Eileen, fino a quel momento completamente estranea al loro mondo.
La ragazza faticherà a trovare il proprio posto nel complicato universo di alleanze e regole non scritte, e quella che doveva essere solo l’avventura di una notte avrà conseguenze che porteranno alla distruzione dell’equilibrio tra le Famiglie…
La
narrazione avviene a tratti veloce, a tratti rapida in un mondo dove
gli intrighi e le vendette tra famiglie rivali sono all’ordine del
giorno.
Capri
espiatori su cui rivalersi, ma non pensavo che l’autrice riuscisse
anche a scrivere romanzi di questo genere, abituata come sono stata a
leggere le sue opere fantascientifiche. “Il fulcro della guerra”.
Accenno
solo qualcosa e non alla fine, altrimenti i lettori perderannno il
gusto di sfogliarlo. La prima domanda che mi sono posta è stata:
“Chi ha ucciso Miranda Peterson zia di Eileen”. Qui primo colpo
di scena. Non lo scoprireremo se non alla fine. E poi sicuro che è
morta? Oppure è ancora viva?
L’autrice
lascia aperta ogni possibilità sulla morte di questo personaggio.
“Bella gatta da pelare se vorrete conoscere la verità sulla sua
sparizione. E qui entra in gioco il fattore, che chiamo
simpaticamente: “Velociraptor”. Già, perchè il lettore è così
preso nel voler scoprire immantinente il colpevole, che non si
accorge di arrivare alla parola ”Fine”!.
La
voce narrante decisa dei personaggi è come una nuova musicalità che
porta avanti l’intreccio ben costruito. Tra i personaggi spicca
soprattutto il carattere dirompente e deciso delle donne: Eileen,
Miranda, il commissario Ortiz, donna determinata a scoprire il
colpevole, anche a rischio della propria incolumità.
Come...?
Lo scoprirete sempre e solo leggendolo.
Ora
passiamo però ai punti deboli della storia, perché, se ci sono
punti forti, bisogna anche menzionare quelli, anche se pochi, deboli,
che se fossero stati eliminati, avrebbero dato una nota positiva in
più alla narrazione.
Durante
la lettura, purtroppo, ho rilevato molte ripetizioni, refusi ed
errori di sintassi.
(L’autrice
in alcuni passaggi si avvale troppo spesso del verbo: spazientire,
indispettire.
Malcolm
si stava indispettendo: scoccò un’occhiataccia.
fece
schioccare le labbra.
Malcolm
si stava spazientendo. Richard gli scoccò un’occhiata - L’ho
presa da distante, Reed si strinse nelle spalle.
Richard
si strinse nelle spalle. Ecc)
Avrei
finito di leggere il libro in molti meno giorni se l’autrice
avesse semplicemente “eliminato” alcuni passaggi superflui.
Tuttavia, non è facile scrivere un romanzo di questa portata e, a
parte ripetizioni, refusi e qualche errore sintattico, devo fare
comunque i miei complimenti alla Mantovani per l’intreccio giallo
con il quale ha portato avanti la storia sino alla parola “Fine”
tra colpi di scena di agguati, sparatorie tra bandi rivali mafiose e
di suspense dosata al punto giusto. La parte romance, poi, rende
alcuni passaggi rilassanti tra inseguimenti e gli innesti di nuove
azioni incalzanti, ed è introdotta
nell’
intreccio senza essere sfrontata. Comunque sia, lo stile della
Mantovani mi piace, non posso negarlo.
La
cover è azzeccata poiché rispecchia il contenuto narrativo. Devo
dire che il romanzo ha lasciato dentro di me pareri contrastanti ma
l’ambientazione a New Harbour negli anni ‘50 - nonché ’20 e
’70 - è una location del passato di cui sono una fervente
appassionata. Che dire, consiglio di leggerlo anche ai non amanti del
genere per farsi una propria idea. Io la mia lo già espressa. Ora
non mi resta che leggere il secondo volume…
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