Respiro Readers
vi segnaliamo il nuovo romanzo
dell'autrice Kylie Gilmore.
TITOLO: Royal darling. Emma
AUTRICE: Kylie Gilmore
CASA EDITRICE: Extra Fancy Books
SERIE: I Rourke #3
GENERE: Romance Contemporaneo
PAGINE: 207
PREZZO EBOOK: 4.99
DATA USCITA: 5 Novembre 2019
Jackson
Essere
un dio del rock non è poi quello che si crede.
È
diventato un lavoro senz’anima. Ed è il motivo per cui mi trovo
sulla casa galleggiante di un mio amico, lontano dai riflettori,
sperando di ritrovare la mia via verso la musica.
Già.
Niente da fare.
Ho
appena scoperto una clandestina a bordo e non riesco a credere chi è.
Una maledetta principessa? E questo sussiegoso microbo di donna non
ha intenzione di andarsene, quindi le faccio un’offerta che la
spaventerà: una scappatella senza impegni.
Solo
che lei dice sì.
Io
dico no e lei si chiude prontamente nella mia camera.
Giuro
che la scaricherò al prossimo porto.
È
un problema avvolto in una bella confezione virginale e so che non
dovrei toccarla.
Emma
Sono
una sposa fuggiasca che cerca di evadere senza che mi trovino.
Ma
quando Jackson Walker mi scopre nascosta nella sua barca (e mi
riprendo dallo shock di essermi imbattuta nel nascondiglio di una
rock star) capisco immediatamente che lui è esattamente ciò di cui
ho bisogno. È selvaggio, rozzo, perfetto.
La
mia famiglia non approverebbe mai. La stampa ci farebbe a pezzi.
Eppure continuo a volerlo.
Lui
è l’antidoto alla mia vita dai confini ristretti.
Ma
riuscirà a guardare oltre il mio titolo, per vedere la donna che
desidero essere?
Capitolo Uno
Emma
Domani sposerò un uomo che ho
incontrato solo due volte.
La prima volta avevo sedici anni,
appena dopo il nostro fidanzamento e la seconda volta questa
settimana, per preparare il nostro matrimonio. È normale per un
matrimonio combinato tra due regni remoti. Mi passo una mano tremante
tra i capelli. Il nervosismo è fuori luogo. Sono la principessa Emma
Rourke di Villroy, quinta in linea di successione al trono e figlia
primogenita. Sono stata educata a essere corretta, imperturbabile e
per aderire strettamente al protocollo reale. Devo essere all'altezza
della situazione.
In effetti, sono stata piuttosto
fortunata riguardo al marito che i miei genitori hanno scelto per me.
Il principe ereditario Abdul Marjan di Kainei ha solo un anno più di
me, ventisei, ed è attraente, con i capelli castano scuro pettinati
nitidamente con la riga da una parte, occhi marroni color cioccolato
e un sorriso pieno di denti bianchi. È stato educato in Inghilterra
ed è stato un perfetto gentleman durante la sua visita, questa
settimana. Dopo il matrimonio, mi trasferirò a Kainei, un regno
prospero nel sud-est asiatico.
Non ho semplicemente nessuna ragione
per preoccuparmi.
La prova del matrimonio nella cappella
del palazzo comincerà tra poco, ma prima che mi vesta per
l'occasione, decido di andare a vedere mia madre, nella sua suite
privata. Penso che sarebbe contenta della compostezza regale che ho
mantenuto durante questa settimana di eventi sociali. Non ha
partecipato a nessuno dei festeggiamenti, vuole semplicemente restare
da sola con il suo dolore. Mio padre è morto tre mesi fa. Mi manca,
manca a tutti. Era il re, una presenza importante e vitale nella mia
vita prima del cancro che alla fine se l'è portato via. Mia madre ha
abdicato al trono alla sua morte, non ha voluto governare senza di
lui.
Faccio un respiro profondo, cercando di
raggiungere la compostezza perfetta che ci si aspetta da me, prima di
bussare alla sua porta.
Apre Joan, la cameriera di mia madre,
chinando la testa e facendo una breve riverenza. «Altezza.»
«Mia madre è sveglia?»
Joan fa un passo indietro. «Sì,
Altezza, anche se è ancora a letto.»
Sospiro. Avevo sperato che il mio
matrimonio l'avrebbe fatta uscire dal suo stato di auto-segregazione.
Vorrei poter fare qualcosa per aiutarla. Passo attraverso il salotto
formale per andare nella sua stanza, dov'è appoggiata ai cuscini in
un grande letto antico di mogano, quasi al buio, con solo il
riverbero della TV montata sulla parete. Il volume è così basso che
non sono sicura che riesca a sentire ciò che dicono. Accendo la
piccola lampada sul comodino e do un'occhiata allo schermo. È il
reality show che era solita guardare con mio padre.
Si volta lentamente a guardarmi e
mormora: «Ciao» prima di tornare a guardare la TV.
Mi sento il cuore pesante. Indossa una
vestaglia di seta azzurro chiaro, ha i capelli scuri sciolti sulle
spalle, non nel solito ordinato chignon, come se non le importasse
più del suo aspetto. Mia madre era sempre vestita con abiti color
pastello dal taglio perfetto, truccata e con tutti gli accessori
giusti. Ora ha le borse sotto gli occhi nocciola e la pelle è troppo
pallida. Tranne che per il funerale non esce da oltre un anno. Era
rimasta al fianco di mio padre quando era allettato. Abbiamo gli
stessi colori, anche se la mia carnagione non è così pallida. A me
piace restare all'aperto, a Villroy.
Mi chino per baciarle la guancia.
«Mamma, stasera c'è la prova del mio matrimonio. Ci raggiungerai
per la cena, dopo?»
«Sarò al matrimonio» dice, con la
voce arrochita, come se non parlasse da un po'.
Mi siedo accanto a lei sul letto e le
prendo la mano fresca. «Partirò presto. Temo di non essere pronta.
Non parlo ancora bene il malese. Sarà tutto così diverso là.»
Lei non reagisce.
«Ho paura» ammetto a bassa voce.
Finalmente mi guarda e mi stringe forte
la mano. «Non hai paura. È solo nervosismo ed è normale. Devi
superarlo.»
«Sì, mamma.» Lo so. Perché è così
difficile? Ho passato la mia vita a comportarmi secondo gli standard
elevati di mia madre e la mia ricompensa è stato un legame molto
stretto. Ero la figlia che desiderava dopo quattro maschi. Ero la
figlia di cui andava fiera. Ora mi sembra così lontana. «Vorrei che
avessi partecipato a qualcuno degli eventi di questa settimana. Sei
sicura di non volerti unire a noi, magari per il dessert?»
Lei mi lascia andare la mano e torna a
guardare la TV. «Non sono pronta ad apparire in pubblico. Sarò là
domani per la cerimonia.»
Mi si stringe il petto e mi manca il
respiro. Capisco che sia in lutto, ma non posso fare a meno di
sentire di averla persa. Avevo immaginato che questo sarebbe stato un
momento gioioso, in cui lei si sarebbe unita a me per tutti i
preparativi prima delle nozze, il momento più alto del rapporto
madre-figlia. Una piccola parte di me aveva sperato che mi avrebbe
preparata per ciò che mi aspetta, dato che anche lei aveva fatto la
stessa esperienza, attraversando mezzo mondo, da un piccolo regno
isolato al largo delle coste australiane fino all'isola di Villroy,
al largo della costa sud-occidentale della Francia, per sposare mio
padre, un uomo che non aveva mai incontrato prima del giorno delle
loro nozze.
I miei genitori avevano sollevato
l'argomento di un matrimonio combinato quando avevo sedici anni,
spiegandomi che era il modo tradizionale, chiedendomi se avrei
accettato l'uomo che avrebbero scelto per me, e io avevo acconsentito
prontamente. Non era un obbligo; la maggior parte dei miei fratelli
maggiori aveva scelto di non adeguarsi, eccetto l'erede, Gabriel, che
era tenuto a rispettare standard più elevati. La verità è che
volevo portare avanti la tradizione ed ero fiera di sapere che
avrei aiutato Villroy con un’utile alleanza. Sapendo che anche
quello dei miei genitori era stato un matrimonio combinato che era
poi sfociato in un grande amore, ero stata contenta della mia
decisione. Ma adesso che è arrivato il momento, appena dopo il mio
venticinquesimo compleanno, come avevano richiesto i miei genitori,
sto mettendocela tutta per mantenere la compostezza. E, mi addolora
ammetterlo, sto avendo dei dubbi. Vivrò con un estraneo in una terra
straniera, che non ho mai nemmeno visitato. Mi mancherà la mia
famiglia, la mia casa, la mia isola. Villroy è parte di me, con il
suo mare azzurro-verde, le scogliere rocciose e le dolci spiagge
sabbiose. Ho passato molti momenti felice a Villroy. La mia felicità
futura non è altrettanto certa.
Mia madre parla a voce così bassa che
devo chinarmi per afferrare ciò che dice. «Adesso devi rivolgerti a
tuo marito per farti confortare.»
Le lacrime mi bruciano gli occhi.
Capisco che sta tentando di aiutarmi spingendomi verso il mio futuro
marito, ma fa male. Seppellisco in fondo alla mente tutte le mie
preoccupazioni, le mie paure, i miei dubbi. Non ho intenzione di
condividerli con Abdul. Devo essere coraggiosa. Mi alzo e faccio una
breve riverenza. «Ci vedremo domani.»
Lei china la testa, ma il suo sguardo
resta incollato alla TV.
Esco precipitosamente dalla stanza,
dirigendomi al piano di sopra, alla mia suite, per vestirmi. Mi trema
il labbro e lo mordo, dicendomi di essere superiore. Finirà tutto
presto. Mi adatterò alla mia nuova vita. Sono la figlia di mia
madre: forte, imperturbabile, fiera, e farò ciò che è giusto per
il mio regno. Il mio matrimonio forgerà un'alleanza che porterà
benefici alla traballante economia di Villroy e ci assicurerà un
futuro stabile. Onorerò mia madre e la renderò fiera, seguendo i
desideri dei miei genitori.
La mia cameriera, Lina, mi sta
aspettando con i vestiti pronti. È efficiente e competente, quindi
ci vuole poco perché io sia pronta per la prova generale. O forse
sono io che penso di aver fatto in fretta, perché in realtà speravo
segretamente di rimandare ancora un po'.
«Siete bellissima, vostra Altezza»
dice. «Questo colore vi dona.»
«Grazie» rispondo, assente. Il mio
abito decoroso a maniche lunghe, pizzo delicato sopra una guaina rosa
pallido, è veramente bello. Il mio guardaroba è sempre castigato e
corretto, colori pastello, spalle e scollatura sempre coperti, l'orlo
alle ginocchia. Il mio abito da sposa è una creazione splendida ma
pudica di seta, pizzo e tulle. Perfino la lingerie per la mia prima
notte di nozze è modesta: una fluida camicia da notte bianca, lunga
fino ai piedi con la vestaglia abbinata. Il mio pensiero va a cosa,
se mai ci sarà qualcosa, potrei provare per il mio nuovo marito la
mia prima notte di nozze. Non mi ha mai toccato, non mi ha mai
nemmeno tenuto per mano. Non sa che non sono vergine, che una volta
ho sperimentato la passione. Gli dirò la verità se mi sembrerà che
possa capire le azioni avventate di una ragazza, ma se si aspetta una
sposa vergine, cosa possibile in un regno tradizionalista come il
suo, ho la bugia pronta. Sono sempre stata brava a improvvisare.
Vado alla finestra della stanza e fisso
il mare. Lo spettacolo familiare mi calma. Non possono cominciare le
prove senza la sposa, quindi andrà tutto bene se mi prenderò
qualche momento in più per ricompormi.
«Ha bisogno d'altro, Altezza?» chiede
Lina.
Ho sulla punta della lingua di
chiederle: Sto facendo un errore? Mi volto. «Nient'altro,
Lina. Grazie.»
Lei china la testa, fa una veloce
riverenza ed esce, chiudendo silenziosamente la porta alle sue
spalle.
Io mi dico di muovermi, un piede dopo
l'altro. Il mio corpo non collabora, quindi faccio un respiro
profondo, chiudendo gli occhi. Bussano alla porta. Lina deve aver
deciso di chiedermi se voglio una scorta fino alla cappella del
palazzo. Una volta avevo immaginato che avrei avuto mia madre al mio
fianco.
«Avanti, Lina.»
La porta si apre lentamente e Anna, mia
cognata, mette dentro la testa, con la sua massa di riccioli scuri.
«Hai un minuto?»
Le faccio cenno di entrare, poi chino
in fretta la testa e faccio una riverenza.
«Per favore, Emma, non hai bisogno di
farmi la riverenza nell'intimità della tua stanza.»
Io nascondo un sorriso; mi diverte un
pochino il modo in cui continua a dimenticare che il suo rango è
superiore al mio. Lei è la regina di Villroy adesso, da quando ha
sposato Gabriel due mesi fa.
«Sei la mia regina» le ricordo. È
un'americana che ha dovuto imparare il protocollo.
Lei si avvicina e abbassa la voce. «Hai
voglia di parlare?»
«Di che cosa?»
Anna sorride gentilmente, con gli occhi
castani che irradiano calore. «Emma, sposarsi è una cosa grossa,
specialmente quando si tratta di un matrimonio combinato che hai
accettato a occhi chiusi quando avevi solo sedici anni.» Dall'età
di sedici anni ho deviato dal cammino che mi ero prefissata una sola
volta, e il crepacuore che mi ha causato quel passo falso mi ha fatto
tornare velocemente in me. La passione arriva solo fino a un certo
punto.
Mi stampo sul volto un sorriso educato.
«Il matrimonio combinato dei miei genitori è riuscito
meravigliosamente. Sono sicura che sarà lo stesso anche per me.
Abdul rappresenta tutto ciò che potrei volere in un marito.»
«Tu lo ami?»
Cerco di calmare i nervi. «Imparerò
ad amarlo.»
Anna mi punta un dito addosso. «Quella
è tua madre che parla.»
«Questa sono io che parlo» sbotto.
Lei non capisce mia madre o il nostro legame. Loro due sono sempre
state come acqua e olio.
Lei sospira. «C'è una Renault Clio
color argento parcheggiata sulla strada di servizio di fianco alla
cappella, le chiavi sono sotto il tappetino, nel caso in cui volessi
allontanarti e pensare.»
Sbatto gli occhi, sorpresa dal suo
intuito, sapendo che potrei avere bisogno di una pausa dai
preparativi per le nozze. Comunque non posso ammettere di essere
nervosa. Lei è così sfacciata e franca, vorrebbe che… non lo so,
ma so che è capace di tutto. Questa donna ha formulato da sola un
piano brillante per trasformare la nostra morente industria della
pesca in una manifattura di prodotti di bellezza naturali a base di
olio di pesce, alghe, spugne, sale marino e roba simile, da usare e
vendere in una nuova day-spa a Villroy. Non è certo che abbia
successo, visto che il piano è ancora agli inizi, ma non posso
negare che abbia un buon potenziale. E la raccolta fondi per dare il
via al piano, sempre idea sua, è stata un'asta di scapoli reali,
protagonisti i miei fratelli single! Scandaloso, veramente! Ho
sentito che i miei fratelli hanno mostrato un po' di pelle, mettendo
a nudo pettorali e addominali. Lucas ha perfino causato un tumulto,
preparandosi a slacciare la cintura. Ai miei fratelli è stata
concessa una libertà che io non ho avuto e non sono rigidi e
corretti come me. Unica eccezione Gabriel, l'erede. Non meraviglia
che io l'abbia preso ad esempio.
Ma con la prova generale questa sera,
seguita dalla cena, e il matrimonio domani, non ho tempo per
allontanarmi e pensare. Inoltre, pensare porterà solo ad aumentare
il nervosismo. Devo essere più forte e vincerlo.
Alzo la testa. «Non ce n'è bisogno,
ma ti ringrazio. Ora devo andare alla prova.»
«Verrò con te.»
Soffoco un sospiro, sapendo che Anna
non lascerà perdere. È abituata a dire ciò che pensa e Gabriel la
vizia. Lo ha cambiato. Gabriel non è più così formale. Ha
allentato parecchio il protocollo e perfino il suo atteggiamento è
cambiato. Sorride moltissimo, la sua postura è meno rigido. Tra il
cambiamento di Gabriel e il fatto che mia madre si sia ritirata dalla
vita e dai doveri reali, sono alla deriva. Erano i miei modelli. Una
vocina nella mia testa sussurra che non è più necessario, né
apprezzato, aderire strettamente al protocollo reale e alla
tradizione. Ma chi sono io senza le regole secondo le quali ho
vissuto tutta la mia vita?
Raddrizzo la schiena, mantenendo
un'espressione piacevole e composta mentre percorro il corridoio con
Anna.
«Gabriel mi ha sposato per amore»
dice. «Ha rifiutato il matrimonio combinato.» Sa che ho un debole
per Gabriel.
Non dico niente. Non è una novità.
Anna mi afferra per il braccio,
sorprendendomi. Nessuno afferra una principessa. La stretta è forte,
la voce insistente. «Vorrei che avessi la stessa felicità che ho io
con Gabriel. Per favore, Emma, se hai qualche dubbio, anche solo un
piccolissimo accenno di dubbio, possiamo rimandare» mi sussurra
direttamente all'orecchio, «o annullare tutto. Ci penserò io a
sistemare le cose, fare le scuse dove necessario.»
Deglutisco, con il cuore che mi
martella nel petto. Posso osare rompere con la tradizione reale che
ho accettato così prontamente? Fermare tutto dopo tutti i
preparativi fatti? Quando Abdul mi ha aspettata per nove anni?
Anna continua a sussurrare ferocemente.
«Si tratta della tua vita non di quella di tua madre.» Non mi piace
che parli di mia madre come se mi controllasse. Io voglio bene a mia
madre.
Do uno strattone per togliere il
braccio dalla sua mano. «Non voglio più parlarne.»
Anna sospira ma resta zitta. Arriviamo
alle scale, in fondo alle quali ci aspettano Gabriel e Abdul. Gli
occhi di Gabriel s'illuminano quando vede arrivare Anna. Abdul mi
rivolge un sorriso a labbra strette, esattamente come il mio.
Cominciamo a scendere verso i nostri
rispettivi uomini. Anna sussurra sottovoce: «L'auto resterà lì ad
aspettarti semmai ne avessi bisogno.»
«Non ne avrò bisogno» le sussurro in
risposta.
Lei sorride a Gabriel e continua a
parlare sottovoce. «Sei testarda come Gabriel.»
Sorrido anch'io. «Grazie.»
Poi prendo posto accanto al mio
fidanzato.
«Stai benissimo» dice Abdul, come
tutte le volte in cui mi vede.
«Grazie» dico pudicamente, con gli
occhi bassi.
«Andiamo?»
«Sì, certo.»
Non mi offre il braccio né mi prende
la mano, si limita a camminare di fianco a me per tutta la lunga
strada verso la cappella, alla fine dell'ala ovest. Dietro di noi,
Gabriel, Anna e l'entourage composto dai membri della famiglia e dai
servitori di Abdul ci seguono lenti e dignitosi.
«Aspetto con piacere il momento di
mostrarti Kainei» dice Abdul. «Sono sicuro che ti sentirai a casa,
anche se fa molto più caldo di qui.»
«Non vedo l'ora» rispondo.
Continuiamo in silenzio, e la mia mente
corre avanti, cercando di immaginare la mia nuova vita. Non riesco a
visualizzare niente, ho la testa vuota. Invece mi concentro su Abdul.
Sarà contento o deluso della sua sposa? Si prenderà un'amante una
volta che gli avrò dato l'erede al trono che ci si aspetta da me? Mi
piacerebbe avere un bambino. Il resto è incerto. Ho immaginato a
lungo il mio tempo da sposa come un'esperienza romantica e magica, ho
immaginato il mio futuro sposo veramente attratto da me. È ora di
smettere di fantasticare.
Metto piede nella stupenda cappella con
il soffitto altissimo e la sua abbondanza di decorazione in oro e gli
affreschi, e mi sento gelare. Lo spazio che ho sempre considerato
accogliente, con le statue di marmo così familiari, tre organi dalle
canne d'argento, i banchi intagliati a mano e la lunga navata con la
passatoia rossa, di colpo mi sembra soffocante. Respiro in fretta,
con le pareti che sembrano chiudersi su di me. Anna mi è entrata
nella testa, peggiorando i miei nervi già scossi.
Mi rifiuto di guardarla, mi rifiuto di
guardare il mio futuro sposo. Mi concentro completamente
sull'officiante alla fine della navata e vado avanti con le gambe
legnose, un passo dopo l'altro.
Riesco ad arrivare alla fine della
prova in modo dignitoso e composto.
Sostengo la mia parte di educata
conversazione per tutta la cena di prova, scusandomi presto per
prepararmi per andare a letto. La fatica della giornata si fa sentire
e mi addormento in pochi minuti.
Il giorno dopo mi sveglio rinfrancata a
pronta a cominciare il resto della mia vita. Era semplicemente ansia
pre-matrimoniale. Certo che posso farlo. Sarà bellissimo.
Mi vesto con l'aiuto di parecchie
cameriere e di Silvia, mia sorella minore. Mia madre non si fa
vedere, dicendo che riuscirà a sopportare solo di partecipare alla
cerimonia. Cerco di ricacciare in fondo il dolore che provo. Mi vedrà
fare il mio dovere, come lo fece lei a suo tempo, e questo la renderà
fiera di me.
Vado davanti allo specchio a
tutt'altezza e mi guardo vestita da sposa. Di colpo è tutto così
reale. Ho i capelli raccolti, il velo e un'espressione acida. Cerco
di rilassare i lineamenti del viso, ma non è possibile. Respiro a
fatica e ho le mani sudate mentre ispeziono il vestito per il quale
una volta ero così eccitata. È molto tradizionale, seta bianca
sotto il pizzo, accollato e con le maniche lunghe. È stretto in
vita, il punto da cui comincia una gonna ampia a campana fatta di
strati di tulle. L'abito striscia sul pavimento perché dev'essere
portato con i tacchi alti e sono ancora in pantofole. Mi tiro il velo
sopra il viso per vedere l'effetto completo e il mondo diventa un po'
più buio, il chiacchiericcio allegro delle donne dietro di me
soffocato dal ronzio che ho nelle orecchie. Mi sento intorpidita. Sto
galleggiando sopra a tutto, osservando da un'enorme distanza la
principessa che sta per sposarsi.
«È bellissima, signora» dice Lina,
apparendo al mio fianco. «La sposa perfetta! Vuole mettersi
le scarpe adesso?»
Principessa perfetta. Sposa
perfetta.
Torno di colpo alla realtà, con lo
stomaco sottosopra e una scarica di energia che mi scorre nelle
gambe. Mi volto di colpo. «Scusatemi. Ho bisogno di restare un
minuto da sola.»
Le cameriere si affrettano a uscire
dalla stanza e mia sorella Silvia mi manda un bacio prima di uscire.
Mi tolgo il velo dalla faccia e decido che ho bisogno di fare una
passeggiata. Ho ancora un'ora prima di dover andare in cappella.
Sollevo il vestito e percorro il lungo
corridoio prima di fare un giro tortuoso per arrivare al salone da
ballo, attenta a evitare la zona dove alloggiano Abdul e la sua
famiglia. Se solo riuscissi a vedere la zona del ricevimento,
immaginarmi come sposa felice che festeggia il matrimonio, tutto
andrebbe bene.
Grazie al cielo, il salone da ballo è
vuoto. È bello, come sempre, con il pavimento di legno intarsiato, i
lampadari di cristallo, il soffitto affrescato e la tappezzeria in
foglia d'oro. Riesco a immaginare i musicisti e la gente che balla al
centro, probabilmente un valzer, elegante e regale. Da un lato della
stanza ci sono lunghi tavoli, apparecchiati con gli scaldavivande
mentre dall'altra parte c'è un tavolo con una torta nuziale di
dimensioni gigantesche al centro. Mi muovo come in sogno, attirata
dalla torta nuziale con la coppia di porcellana in cima, sotto un
arco di piccoli fiori bianchi.
Assomigliano a me e ad Abdul. Stiamo
sorridendo, sembriamo innamorati. Sento un sibilo acuto nelle
orecchie e mi sento di colpo troppo calda mentre fisso la coppia di
porcellana. Perché ci hanno fatto apparire così? Dovremmo apparire
fieri, dignitosi, regali. Non innamorati. È una distorsione della
realtà. Una bugia. La decorazione diventa sfuocata davanti ai
miei occhi. Di colpo sembra che Abdul stia ridendo di me. Una presa
in giro. Un insulto.
Mi lancio in avanti
per afferrare l'Abdul sorridente e la decorazione vola via,
rimbalzando sul tavolo e poi sul pavimento di legno. Oh no! Mi
affretto ad andare dall'altra parte del tavolo e fisso il danno. La
mia testa si è staccata e mancano parecchi frammenti al mio vestito.
È un segno.
Sposare Abdul
sarebbe la mia fine.
Alzo la testa. C'è
un'auto che mi aspetta di fianco alla cappella.
Sento una scarica di
adrenalina e la mente corre, insieme al battito del mio cuore.
Sollevo il vestito e corro fuori dalla porta, attraverso in fretta il
cortile e vado dietro la cappella, verso la LIBERTÀ!
Kylie Gilmore è l’autrice
Bestseller di USA Today delle serie: I
Rourke; The happy endings Book Club; The Clover Park e The
Clover Park STUDS. Scrive
romanzi rosa umoristici che vi faranno ridere, piangere e allungare
le mani per prendere un bel bicchiere d'acqua.
Kylie vive a New York con la sua famiglia, due
gatti e un cane picchiatello. Quando non sta scrivendo, tenendo a
bada i figli o prendendo debitamente appunti alle conferenze per gli
scrittori, potete trovarla a flettere i muscoli per arrivare fino
all’armadietto in alto, dove c’è la sua scorta segreta di
cioccolato.
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