
Respiro Readers
vi segnaliamo l'uscita del nuovo romanzo
edito Leggereditore
dell'autrice italiana Melissa Spadoni.
TITOLO: Frammenti
AUTRICE: Melissa Spadoni
CASA EDITRICE: Leggereditore
GENERE: Romance Suspense
PAGINE: 298
DATA USCITA: 20 Dicembre 2018
Fanny, 29 anni, è una ragazza come tante altre. Lavora in un cinema multisala, esce ogni tanto con le amiche, le piace correre, cucinare e coccolare il suo fedele cane Magnus. Sembra felice, senza particolari problemi, ma nessuno sa che in realtà Fanny è in fuga. Sono dieci anni che si nasconde in una città che non è la sua, dieci anni che osserva allo specchio una persona che non riconosce più e che mente, anche sul proprio nome, a chiunque incontri. Quando è ormai convinta di essere finalmente al sicuro, di aver ingannato tutto e tutti, la sua vita apparentemente tranquilla inizia piano piano a sgretolarsi. Prima con il sopraggiungere di Sloan, un vicino di casa misterioso e sospetto che Fanny non riesce proprio a capire né tantomeno a evitare; poi con l’arrivo di un nuovo, piccolo e orribile frammento proveniente proprio da quel passato che si è tanto sforzata di seppellire.
Riuscirà Fanny a sconfiggere i demoni che da dieci anni governano i suoi incubi e a ricomporre tutti i frammenti della propria vita per tornare, finalmente, la vera sé stessa?
Quando
faccio per salire il primo gradino del mio portico mi blocco perché
con la coda dell’occhio colgo un movimento alla mia sinistra.
Voltandomi
mi rendo conto che nel vialetto della casa accanto alla mia c’è
una macchina che prima, quando sono uscita, sono certa non ci fosse.
Anzi!
Non
c’era niente da settimane!
So
che i precedenti proprietari, i signori Grissom, si sono trasferiti
in Florida in cerca di climi più miti per trascorrere gli anni del
loro dorato tramonto.
Quindi,
di chi è quest’auto?
È
vero che ho parlato poco con loro. Tendo a non dare molta confidenza,
ma quanto basta per non risultare una vicina scortese. Ma so per
certo che loro non avessero figli!
Hanno
già venduto la casa?
Così
in fretta?
Strizzo
gli occhi, ma col fatto che lì non c’è nemmeno una luce non
riesco a capire di che auto si tratta. È nera comunque. E grossa.
Controllo la casa con la mia vista radar… tutte le luci all’interno
sono spente. Forse deve aver effettuato il trasloco mentre io ero al
lavoro, e prima poteva essere fuori per un qualsiasi motivo.
Mmm…
non so se mi sconfinfera molto l’idea di avere un nuovo vicino che
non conosco! Mi mette ansia! Domani sarà meglio che vado a
presentarmi, giusto per inquadrare il nuovo arrivato e capire se è
qualcuno da cui mi devo riguardare o se è inoffensivo invece.
Borbottando
e liberando Magnus dal guinzaglio, mi porto una mano guantata davanti
alla bocca per coprire uno starnuto, mentre con l’altra afferro le
chiavi e inizio ad aprire il portone, ma quando faccio per entrare mi
rendo conto che c’è un’ombra dietro alla finestra rivolta verso
la mia casa.
È
solo un attimo.
Il
tempo di una folata di vento che muove la tenda scura oltre il vetro.
Il
tempo necessario di sbattere le palpebre.
Un
attimo prima c’era un’ombra. Quello dopo non c’è nessuno.
Ho
idea che questa notte chiuderò a chiave anche la porta della mia
camera.
Busso
ancora.
Niente.
Sospirando
faccio per tornare in casa, quando mi rendo conto di alcuni rumori
provenienti dall’interno del garage, e ovviamente dirigo lì i miei
passi nervosi.
Busso
sulla serranda marrone ruggine. «Ehilà!», cerco di fingere un tono
trillante pieno di cordialità, per provare a nascondere la mia
agitazione.
Avverto
dei rumori, come di attrezzi in metallo e ferro abbandonati al
pavimento, poi finalmente dei passi che mettono sull’attenti il mio
cane, mi indicano che chiunque sia il mio nuovo vicino sta venendo
verso di me.
Tempo
mezzo secondo e un movimento secco e un po’ sferragliante fa aprire
la porta del garage, rivelando alla debole luce di questa fredda
mattinata di febbraio un ragazzo.
Oh.
Ahm…
Correzione
automatica della mia ultima affermazione.
Come
la porta si apre e la luce del fiacco sole invernale illumina
l’interno del garage, io posso constatare che il mio nuovo vicino è
un figo spaziale.
Una
montagna più alta di me, (e già io come donna sono piuttosto alta)
con due spalle che potrei usare come panca per sedermi, braccia super
muscolose che potrebbero benissimo stritolarmi e spaccare un masso da
cento chili, piene di tatuaggi… lo so con certezza perché,
nonostante il freddo fottuto che c’è qui, lui indossa una t-shirt
grigia completamente chiazzata di grasso di motore. Biondo come una
bella pinta di birra fresca, con i capelli rasati ai lati e
leggermente più lunghi al centro. Occhi di un particolarissimo blu
che ricorda un cestino pieno di mirtilli, che mi fissano seri,
impassibili e illeggibili, mettendomi parecchio in soggezione.
Mister
montagna umana si pulisce le mani sporche di grasso con un vecchio e
logoro strofinaccio, continuando imperterrito a studiarmi con
un’espressione immobile. Così come immobile è il resto del suo
corpo. Se non fosse per quegli occhi e per le mani che si muovono,
dubiterei perfino che sia vivo o reale!
Cerco
di ricompormi un minimo, mi schiarisco silenziosamente la voce con un
secco colpo di tosse e butto un occhio a Magnus, il quale è preso ad
annusare e studiare il nuovo arrivato.
«Ciao!
Sono Fanny, la tua vicina…» Indico velocemente la casa a due piani
azzurra alla mia destra.
Lui
ci butta un’occhiata veloce e poi torna ad analizzarmi.
Ancora
non parla. Né si presenta.
Sospiro
a disagio. «Comunque… ho pensato di presentarmi e di portarti
questi…» Porgo i biscotti e lui prende a fissarli manco gli stessi
donando un serpente a sonagli.
Resto
con il contenitore sospeso tra noi due per quello che a me appare un
tempo infinito. Anche Magnus ci fissa con aria perplessa, tenendo la
testa inclinata da un lato, mentre butta un occhio al contenitore
pieno di biscotti, nella speranza forse che cada e lui possa scappare
con il bottino.
Incuneo
un sopracciglio. «Bè?». Sto iniziando a perdere la pazienza.
Machiste
sbuffa dal naso. Si volta leggermente col busto per gettare lo
straccio verso quella che riconosco essere un qualche modello di
Harley Davidson, ma non so quale con precisione. So che è molto
bella. Tutta nera e lucida. Forse è a questa che stava lavorando
quando l’ho interrotto a giudicare da tutti gli attrezzi che le
vedo attorno. E subito dietro scorgo la sagoma dell’auto sotto un
telone bianco sporco.
«Che
dovrei farci con i biscotti?».
Toh!
Sa parlare!
«Mangiarli?».
Scuoto la scatola agitando il suo contenuto, richiamando così ancora
di più l’attenzione di Magnus, che ora ha le orecchie super dritte
e si lecca il muso.
«Non
accetto cibo dagli estranei», sentenzia incuneando la bocca
piacevolmente piena in un mezzo sorriso impertinente.
Sta
scherzando, vero?
«Scusami?»,
scatto e strabuzzo gli occhi. «Ma per chi mi hai presa? Non sono
avvelenati!».
«E
io che ne so? Mica ti conosco?», se la ride di gusto con le possenti
braccia intrecciate davanti al petto.
Come
primo incontro stiamo andando sempre peggio per quanto mi riguarda.
«Nemmeno
io ti conosco…» Digrigno i denti e cerco di mantenere una qual
certa parvenza di calma. «Ecco perché sono qui. Saremo vicini di
casa e io volevo fare un gesto cortese. A differenza tua». Sollevo
il mento e lo fisso con astio.
Sguardo
al quale lui risponde dilatando il ghigno beffardo.
«Capito…»
Mi toglie dalle mani la scatola con i biscotti in malo modo. «Grazie.
E ora…» Si allontana per rientrare nel garage. «Prima che
irrompessi con le tue lagne, stavo facendo una cosa molto
importante», inizia ad abbassare la saracinesca arrugginita e
cigolante. «Bye, bye!» Mi fa dono di un veloce occhiolino con gli
occhi che sprizzano ilarità e poi BANG! Svanisce dietro la serranda
con un forte botto. Lasciandomi qui. In giardino. Da sola con Magnus.
A fissare una crepa nella verniciatura color ruggine che lascia
intravedere il metallo sottostante, con quella che io suppongo essere
la faccia appesa più idiota mai vista prima d’ora.
Ma
brutto cafone, arrogante, imbecille di un pezzo di cacca fumante e
gigante!
Gli
occhi blu si adombrano sempre di più, assomigliando in maniera
spaventosa a un cielo un istante prima che un violento tornado si
abbatta sulla tua casa, sradicandola dalla terra per farla a pezzi e
poi sparire. «Cosa ti è successo?», ripete quasi sibilando. Sembra
seriamente pronto a staccare la testa dal collo a mani nude al primo
mostro che ha osato ferirmi.
E
la cosa assurda è che uno sguardo simile dovrebbe spaventarmi.
Terrorizzarmi. Farmi scappare dalla parte opposta. Invece mi fa
straordinariamente sentire al sicuro. Protetta.
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