Respiro Readers
vi segnaliamo il romanzo
dell'autrice italiana Sara Goria.
TITOLO: Rewind
AUTRICE: Sara Goria
CASA EDITRICE: Elmi's World
COLLANA: Parole in libertà
GENERE: Romance Suspense
PREZZO EBOOK: 4.49
PREZZO CARTACEO: 12
DATA USCITA: 21 Novembre 2018
Uno sparo in mezzo al bosco, esploso all’improvviso dieci minuti dopo la mezzanotte.
Chi ha sparato a Monica?
E quanto siamo pronti a “spingerci oltre” per difendere la persona che amiamo?
Riavvolgendo il nastro troveremo le risposte a queste due domande mentre in una limpida giornata d’estate un gruppo di harleysti percorre tornanti, salite e rettilinei attraverso i boschi della colorata Valle d’Aosta.
Chi ha sparato a Monica?
E quanto siamo pronti a “spingerci oltre” per difendere la persona che amiamo?
Riavvolgendo il nastro troveremo le risposte a queste due domande mentre in una limpida giornata d’estate un gruppo di harleysti percorre tornanti, salite e rettilinei attraverso i boschi della colorata Valle d’Aosta.
Capitolo 1
Ore 00,10
Rovistando con la mano destra nella tasca, Monica trova un fazzoletto
e con le dita fredde spinge la mentina al suo interno.
Sotto un cielo lucido e macchiato di stelle cammina a passo lento tra
i grandi alberi secolari: l’aria del bosco in estate profuma di
resina e muschio e ha qualcosa di magico, di rigenerante.
Solleva il mento e
respira a pieni polmoni.
Tutto le appare minuscolo, insignificante quanto la mentina
abbandonata in tasca.
Anche lei lo è, mentre con la giacca di Leonardo e gli scarponcini
slacciati procede lentamente lungo il sentiero godendosi un attimo di
solitudine.
I contorni della sua figura goffa tremano come in un dipinto notturno
di Van Gogh.
Il nastro dei ricordi pare riavvolgersi e sullo sfondo Monica ritrova
lo stesso bosco nel quale decenni prima, al posto degli chalet che
fanno da contorno all’albergo, non vedeva altro che prati, rovi e
abeti.
Dopo tanti anni trascorsi tra quelle montagne dovrebbe essersi
abituata al clima notturno della Valle d’Aosta in alta quota, dove
solo chi ha radici forti sopravvive, invece non smette di stupirsi
ogni volta che prende una boccata dell’ossigeno freddo che
immediatamente le risveglia tutti i sensi.
Ha fatto bene a uscire un attimo dalla camera che condivide con
Leonardo: le preoccupazioni, che fino a poco prima le parevano
enormi, lì tendono a scomparire con il primo soffio di vento.
La “Scampagnata”, evento organizzato dal gruppo di harleysti
valdostani al quale appartiene Monica, voleva essere un piccolo
ritrovo tra amici, il classico giro in moto con nuove e vecchie
conoscenze, ma con il passaparola e il caldo anomalo degli ultimi
tempi il numero dei partecipanti è raddoppiato e si sono ritrovati a
muovere tra i tornanti un’ottantina di Harley provenienti da
numerose città del Nord Italia.
Stanotte il locale in mezzo ai monti che hanno scelto come
destinazione è al completo.
Monica allarga le braccia e alza il mento, come ha visto fare qualche
sera prima sulla pay-tv da una seducente attrice americana senza un
capello fuori posto.
Lei sbarcava su un pianeta sconosciuto dopo che la terra era stata
distrutta, mentre Monica è sopravvissuta a una giornata piena di
scatti, di curve cieche e di adrenalina, e i suoi riccioli sono un
disastro.
Lo scricchiolio delle foglie che accompagna i suoi passi è un suono
familiare, come lo è la struttura in pietra vista dall’alto.
«Come sempre avrai scordato il titolo di quel film… - le direbbe
Leonardo per prenderla in giro, e sorridendo aggiungerebbe - I
dettagli inutili a te restano sempre impressi, eh!».
Nessun dettaglio è mai inutile per lei, che con i suoi quarantasette
anni e un bagaglio di errori pagati a caro prezzo, crede che siano
proprio i particolari custoditi con cura a fare la differenza.
«Il tuo inconscio è molto sviluppato, a differenza del tuo petto. -
La prenderebbe invece in giro la sua inseparabile amica Betta - Ma
dove tieni tutti i tuoi segreti? Tra i riccioli, oppure nei push-up
di Tezenis?».
Facile per lei sostenerlo: gli uomini difficilmente la guardano in
faccia quando parla ed è un peccato, perché oltre a quel seno
difficile da nascondere, Betta possiede due grandi occhi chiari con
sfumature che vanno dal verde al giallo. Lei non ha bisogno di spazio
per custodire i propri pensieri, poiché difficilmente li tiene per
sé. È schietta e leale, almeno fino a quando qualcuno non si
avvicina troppo al suo “Pit”, all’anagrafe Pietro.
Monica prova gli stessi intensi sentimenti per Leonardo e lo ama in
un modo che anni prima non avrebbe creduto possibile.
Sicuramente è a lui che pensa mentre abbassa la cerniera della
giacca fino all’ombelico. Poi, con un secondo colpo secco la apre
fino in fondo per accogliere l’odore del bosco.
Ha ragione il suo amico d’infanzia e gestore del locale a dire che
quel posto porta a fare pace con se stessi e con la natura: dopo aver
passato la giornata ad aspirare nicotina e fumi di scarico, perdersi
lì e respirare a fondo è un po’ come rinascere.
Leonardo si arrabbierebbe se scoprisse che ha preso la giacca ed è
uscita senza dirglielo, ma lui dorme e lei non avrebbe trovato
migliore occasione per usufruire del prestito.
Le sta grande, ma ha un odore così familiare che se gliela cucissero
addosso, come si fa con le toppe sui gilet dei bikers, non farebbe
obiezioni.
Immobile, con il suo fardello di pensieri e i piedi ben saldi al
terreno, per un istante Monica pare assorbire la maestosità dei
robusti abeti che la circondano.
Nella sua mente, piena del rimbombare delle marmitte e di mille
parole dette in compagnia di vecchi amici, sorride.
Per lungo tempo ha sopportato chi la voleva perfetta: forse per
questo, con i suoi riccioli scompigliati e la giacca della taglia
sbagliata, si sente più a suo agio in un quadro post impressionista
che in un film di Hollywood.
Lei è trasparente come lo è il colore dei suoi occhi: difficile non
notare quando dentro di lei c’è mare in tempesta. Lei è tormento
e inquietudine e Leo non ha mai avuto la pretesa di cambiarla; ma
Monica sa essere anche euforia e complicità, con Leo come con lo
sgangherato gruppo di motociclisti valdostani al quale appartiene.
Non sono passati molti anni da quando ha cominciato a frequentarli, e
si è sentita rinata con loro.
Nel mondo delle Harley, persone molto diverse formano una sorta di
grande famiglia, alcuni si considerano fratelli, una minima parte
ovviamente non si piace, ma c’è un forte rispetto reciproco e i
rapporti che nascono sono profondi.
Monica muove qualche passo osservando dall’alto quei luoghi che
conosce bene.
Il sentiero prosegue disegnando un’ellisse: di giorno si affaccia
su un panorama mozzafiato, ma al buio ha la semplice funzione di
riallacciarsi alla massiccia struttura centrale in pietra.
Qualcuno sulla soglia del ristorante parla a voce alta. Tra loro c’è
Betta, Monica riconoscerebbe l’eco della sua risata ovunque.
Si sposta di pochi passi per ascoltare meglio: la musica dall’interno
si percepisce a tratti attraverso la finestra spalancata, a seconda
di dove tira il vento.
So I never gonna dance again,the way I danced with you...
Il giovane dee-jay ingaggiato per la serata se n’è andato, ma a
quanto pare all’interno continuano a trasmettere note.
Ora c’è Careless Whisper, un lento anni Ottanta, messo
forse nel vano tentativo di spronare gli ultimi pochi temerari
festaioli a raggiungere le proprie stanze.
Monica muove le spalle e ondeggia lentamente da un piede all’altro.
La musica talvolta funziona un po’ come una macchina del tempo.
«Leo...» sussurra a voce bassa, voltandosi verso lo chalet dove lui
sta riposando.
«Quando siamo stanchi tutto ci va stretto, tranne la persona che
amiamo» aveva confidato a Betta prima di salutarla per ritirarsi con
Leonardo nella graziosa camera ai margini del bosco.
Monica non ripercorre l’intero sentiero per tornare indietro, ma
inizia a scendere in linea retta.
Non pare esserci alcun timore nei sui passi leggeri e con gli
scarponcini alti non fa fatica a scavalcare i rovi.
Allunga il collo oltre un piccolo gruppo di abeti: lo sguardo è
rivolto verso la finestra della camera dove riposa Amélie, sua
figlia, la sua “Amy”.
La luce all’interno
è spenta.
È stata una giornata dura per tutti, ma quella complicità che ha
notato tra sua figlia e il giovane poliziotto nell’arco della
giornata ha risvegliato in lei un istinto materno duro a morire.
La preoccupazione di un genitore può diventare persino imbarazzante,
ma quel ragazzo in fondo è una persona sincera e piena di buone
intenzioni.
Come lo è
Leonardo.
Stando attenta a dove mette i piedi, Monica stringe a sé la giacca
piena di toppe e residui di moscerini.
È consapevole che Leo è tutto quello che nessuno è mai stato per
lei.
Il malinteso avuto qualche ora prima con lui le appare diverso
adesso, quasi tollerabile. Non è arrabbiata con lui, le ha detto la
verità, è soltanto infastidita da chi crede di poter giocare sporco
davanti ai suoi occhi.
Un fruscio tra i rami la distoglie dalla imminente prospettiva di
rientrare in camera. Il gattino grigio, con il quale ha stretto
amicizia qualche ora prima, la sta osservando. È immobile, a pochi
metri.
«Vuoi fare after anche tu, piccolino?» gli domanda a bassa
voce, come se lui potesse comprendere la sua ironia.
Un luccichio tra gli alberi attraversa il loro campo visivo,
riflettendosi sulla toppa della giacca.
Quella patch che brilla al buio è il ricordo del primo raduno
Harley al quale partecipò con Leonardo.
La sua la conserva nella vecchia grolla, sul ripiano più alto del
soggiorno, insieme a un groviglio di bigiotteria appartenuto a sua
mamma. Non ha mai voluto cucire la sua toppa su nessun gilet,
quell’esibizione ne avrebbe sminuito il valore affettivo.
Il piccolo felino allunga le zampe anteriori, come per sgranchire i
muscoli. Emette un lieve miagolio, poi fugge.
Monica non è in grado di mettere a fuoco l’immagine in lontananza.
Bang!
Il boato arriva all’improvviso e la coglie alla sprovvista, così
come il dolore lancinante al fianco. Perde l’equilibrio, ma non
cade. In un attimo di panico che le pare eterno sente una vampata di
caldo che l’attraversa. Subito dopo suda freddo. Incredula, preme
la mano sopra la cintura.
La giacca di Leonardo si è squarciata sul lato sinistro. La sposta e
sente qualcosa di liquido scorrere tra le sue dita.
Il sangue scivola giù e i pantaloni assorbono soltanto una parte di
quel piccolo, caldo e inatteso fiume in piena che, superando la
caviglia, penetra nella scarpa slacciata.
“Queste cose accadono nelle serie tivù della vecchia zia Lara, non
nella vita reale” è il primo pensiero di Monica.
C’era Betta fuori dal ristorante, la sua amica la salverà, non può
finire tutto così in fretta. Vorrebbe chiamarla, ma come in uno dei
suoi incubi peggiori non le esce alcun suono.
“Dunque è così
che ti senti, quando una pallottola ti colpisce”.
Un nodo stringe la sua gola: è uno di quelli che si sciolgono
soltanto lasciando andare le lacrime, ma lei ora non ha la forza di
piangere.
“Chi può volermi
tanto male?” si domanda incredula.
Monica ha ripetuto più volte che la sua missione in questa vita è
terminata quando Amy è diventata indipendente e che ogni giorno in
più è un giorno regalato, ma ora che c’è Leo qualcosa di simile
alla disperazione le fa cambiare idea.
Un brivido la
attraversa, dal collo fino alla punta dei piedi.
Pervasa dal timore di muoversi, di togliere la mano dal fianco e di
guardare sotto la maglietta chiude gli occhi.
Non è mai stata
coraggiosa e non lo è neppure adesso.
Si lascia andare sul terreno dissestato dove un rovo la accoglie con
le sue aguzze spine.
Sentendole penetrare nella coscia, spalanca i suoi grandi occhi
chiari.
Poche immagini le scorrono davanti prima di perdere i sensi: Amy,
alta meno di un metro, con la cartella blu sulle spalle; la sua
laurea, lei tutta elegante, fiera e incredula del risultato ottenuto;
Leo, e quel modo che aveva di guardarla stasera, a pochi centimetri
dal suo naso mentre facevano l’amore.
Monica rincorre con la mente Betta, la sua amica, sua sorella, il suo
tutto.
Aveva ragione lei,
la felicità non dura.
“Betta, che
aspetti, non hai sentito lo sparo? Vieni a salvarmi!”
Nessun commento:
Posta un commento