giovedì 6 dicembre 2018

Segnalazione Romanzo - REWIND di Sara Goria









Respiro Readers

vi segnaliamo il romanzo

dell'autrice italiana Sara Goria.










TITOLO: Rewind

AUTRICE: Sara Goria

CASA EDITRICE: Elmi's World

COLLANA: Parole in libertà

GENERE: Romance Suspense

PREZZO EBOOK: 4.49

PREZZO CARTACEO: 12

DATA USCITA: 21 Novembre 2018







Uno sparo in mezzo al bosco, esploso all’improvviso dieci minuti dopo la mezzanotte.
Chi ha sparato a Monica?
E quanto siamo pronti a “spingerci oltre” per difendere la persona che amiamo?
Riavvolgendo il nastro troveremo le risposte a queste due domande mentre in una limpida giornata d’estate un gruppo di harleysti percorre tornanti, salite e rettilinei attraverso i boschi della colorata Valle d’Aosta.








Capitolo 1

Ore 00,10

Rovistando con la mano destra nella tasca, Monica trova un fazzoletto e con le dita fredde spinge la mentina al suo interno.
Sotto un cielo lucido e macchiato di stelle cammina a passo lento tra i grandi alberi secolari: l’aria del bosco in estate profuma di resina e muschio e ha qualcosa di magico, di rigenerante.
Solleva il mento e respira a pieni polmoni.
Tutto le appare minuscolo, insignificante quanto la mentina abbandonata in tasca.
Anche lei lo è, mentre con la giacca di Leonardo e gli scarponcini slacciati procede lentamente lungo il sentiero godendosi un attimo di solitudine.
I contorni della sua figura goffa tremano come in un dipinto notturno di Van Gogh.
Il nastro dei ricordi pare riavvolgersi e sullo sfondo Monica ritrova lo stesso bosco nel quale decenni prima, al posto degli chalet che fanno da contorno all’albergo, non vedeva altro che prati, rovi e abeti.
Dopo tanti anni trascorsi tra quelle montagne dovrebbe essersi abituata al clima notturno della Valle d’Aosta in alta quota, dove solo chi ha radici forti sopravvive, invece non smette di stupirsi ogni volta che prende una boccata dell’ossigeno freddo che immediatamente le risveglia tutti i sensi.
Ha fatto bene a uscire un attimo dalla camera che condivide con Leonardo: le preoccupazioni, che fino a poco prima le parevano enormi, lì tendono a scomparire con il primo soffio di vento.
La “Scampagnata”, evento organizzato dal gruppo di harleysti valdostani al quale appartiene Monica, voleva essere un piccolo ritrovo tra amici, il classico giro in moto con nuove e vecchie conoscenze, ma con il passaparola e il caldo anomalo degli ultimi tempi il numero dei partecipanti è raddoppiato e si sono ritrovati a muovere tra i tornanti un’ottantina di Harley provenienti da numerose città del Nord Italia.
Stanotte il locale in mezzo ai monti che hanno scelto come destinazione è al completo.
Monica allarga le braccia e alza il mento, come ha visto fare qualche sera prima sulla pay-tv da una seducente attrice americana senza un capello fuori posto.
Lei sbarcava su un pianeta sconosciuto dopo che la terra era stata distrutta, mentre Monica è sopravvissuta a una giornata piena di scatti, di curve cieche e di adrenalina, e i suoi riccioli sono un disastro.
Lo scricchiolio delle foglie che accompagna i suoi passi è un suono familiare, come lo è la struttura in pietra vista dall’alto.
«Come sempre avrai scordato il titolo di quel film… - le direbbe Leonardo per prenderla in giro, e sorridendo aggiungerebbe - I dettagli inutili a te restano sempre impressi, eh!».
Nessun dettaglio è mai inutile per lei, che con i suoi quarantasette anni e un bagaglio di errori pagati a caro prezzo, crede che siano proprio i particolari custoditi con cura a fare la differenza.
«Il tuo inconscio è molto sviluppato, a differenza del tuo petto. - La prenderebbe invece in giro la sua inseparabile amica Betta - Ma dove tieni tutti i tuoi segreti? Tra i riccioli, oppure nei push-up di Tezenis?».
Facile per lei sostenerlo: gli uomini difficilmente la guardano in faccia quando parla ed è un peccato, perché oltre a quel seno difficile da nascondere, Betta possiede due grandi occhi chiari con sfumature che vanno dal verde al giallo. Lei non ha bisogno di spazio per custodire i propri pensieri, poiché difficilmente li tiene per sé. È schietta e leale, almeno fino a quando qualcuno non si avvicina troppo al suo “Pit”, all’anagrafe Pietro.
Monica prova gli stessi intensi sentimenti per Leonardo e lo ama in un modo che anni prima non avrebbe creduto possibile.
Sicuramente è a lui che pensa mentre abbassa la cerniera della giacca fino all’ombelico. Poi, con un secondo colpo secco la apre fino in fondo per accogliere l’odore del bosco.
Ha ragione il suo amico d’infanzia e gestore del locale a dire che quel posto porta a fare pace con se stessi e con la natura: dopo aver passato la giornata ad aspirare nicotina e fumi di scarico, perdersi lì e respirare a fondo è un po’ come rinascere.
Leonardo si arrabbierebbe se scoprisse che ha preso la giacca ed è uscita senza dirglielo, ma lui dorme e lei non avrebbe trovato migliore occasione per usufruire del prestito.
Le sta grande, ma ha un odore così familiare che se gliela cucissero addosso, come si fa con le toppe sui gilet dei bikers, non farebbe obiezioni.
Immobile, con il suo fardello di pensieri e i piedi ben saldi al terreno, per un istante Monica pare assorbire la maestosità dei robusti abeti che la circondano.
Nella sua mente, piena del rimbombare delle marmitte e di mille parole dette in compagnia di vecchi amici, sorride.
Per lungo tempo ha sopportato chi la voleva perfetta: forse per questo, con i suoi riccioli scompigliati e la giacca della taglia sbagliata, si sente più a suo agio in un quadro post impressionista che in un film di Hollywood.
Lei è trasparente come lo è il colore dei suoi occhi: difficile non notare quando dentro di lei c’è mare in tempesta. Lei è tormento e inquietudine e Leo non ha mai avuto la pretesa di cambiarla; ma Monica sa essere anche euforia e complicità, con Leo come con lo sgangherato gruppo di motociclisti valdostani al quale appartiene.
Non sono passati molti anni da quando ha cominciato a frequentarli, e si è sentita rinata con loro.
Nel mondo delle Harley, persone molto diverse formano una sorta di grande famiglia, alcuni si considerano fratelli, una minima parte ovviamente non si piace, ma c’è un forte rispetto reciproco e i rapporti che nascono sono profondi.
Monica muove qualche passo osservando dall’alto quei luoghi che conosce bene.
Il sentiero prosegue disegnando un’ellisse: di giorno si affaccia su un panorama mozzafiato, ma al buio ha la semplice funzione di riallacciarsi alla massiccia struttura centrale in pietra.
Qualcuno sulla soglia del ristorante parla a voce alta. Tra loro c’è Betta, Monica riconoscerebbe l’eco della sua risata ovunque.
Si sposta di pochi passi per ascoltare meglio: la musica dall’interno si percepisce a tratti attraverso la finestra spalancata, a seconda di dove tira il vento.
So I never gonna dance again,the way I danced with you...
Il giovane dee-jay ingaggiato per la serata se n’è andato, ma a quanto pare all’interno continuano a trasmettere note.
Ora c’è Careless Whisper, un lento anni Ottanta, messo forse nel vano tentativo di spronare gli ultimi pochi temerari festaioli a raggiungere le proprie stanze.
Monica muove le spalle e ondeggia lentamente da un piede all’altro.
La musica talvolta funziona un po’ come una macchina del tempo.
«Leo...» sussurra a voce bassa, voltandosi verso lo chalet dove lui sta riposando.
«Quando siamo stanchi tutto ci va stretto, tranne la persona che amiamo» aveva confidato a Betta prima di salutarla per ritirarsi con Leonardo nella graziosa camera ai margini del bosco.
Monica non ripercorre l’intero sentiero per tornare indietro, ma inizia a scendere in linea retta.
Non pare esserci alcun timore nei sui passi leggeri e con gli scarponcini alti non fa fatica a scavalcare i rovi.
Allunga il collo oltre un piccolo gruppo di abeti: lo sguardo è rivolto verso la finestra della camera dove riposa Amélie, sua figlia, la sua “Amy”.
La luce all’interno è spenta.
È stata una giornata dura per tutti, ma quella complicità che ha notato tra sua figlia e il giovane poliziotto nell’arco della giornata ha risvegliato in lei un istinto materno duro a morire.
La preoccupazione di un genitore può diventare persino imbarazzante, ma quel ragazzo in fondo è una persona sincera e piena di buone intenzioni.
Come lo è Leonardo.
Stando attenta a dove mette i piedi, Monica stringe a sé la giacca piena di toppe e residui di moscerini.
È consapevole che Leo è tutto quello che nessuno è mai stato per lei.
Il malinteso avuto qualche ora prima con lui le appare diverso adesso, quasi tollerabile. Non è arrabbiata con lui, le ha detto la verità, è soltanto infastidita da chi crede di poter giocare sporco davanti ai suoi occhi.
Un fruscio tra i rami la distoglie dalla imminente prospettiva di rientrare in camera. Il gattino grigio, con il quale ha stretto amicizia qualche ora prima, la sta osservando. È immobile, a pochi metri.
«Vuoi fare after anche tu, piccolino?» gli domanda a bassa voce, come se lui potesse comprendere la sua ironia.
Un luccichio tra gli alberi attraversa il loro campo visivo, riflettendosi sulla toppa della giacca.
Quella patch che brilla al buio è il ricordo del primo raduno Harley al quale partecipò con Leonardo.
La sua la conserva nella vecchia grolla, sul ripiano più alto del soggiorno, insieme a un groviglio di bigiotteria appartenuto a sua mamma. Non ha mai voluto cucire la sua toppa su nessun gilet, quell’esibizione ne avrebbe sminuito il valore affettivo.
Il piccolo felino allunga le zampe anteriori, come per sgranchire i muscoli. Emette un lieve miagolio, poi fugge.
Monica non è in grado di mettere a fuoco l’immagine in lontananza.
Bang!
Il boato arriva all’improvviso e la coglie alla sprovvista, così come il dolore lancinante al fianco. Perde l’equilibrio, ma non cade. In un attimo di panico che le pare eterno sente una vampata di caldo che l’attraversa. Subito dopo suda freddo. Incredula, preme la mano sopra la cintura.
La giacca di Leonardo si è squarciata sul lato sinistro. La sposta e sente qualcosa di liquido scorrere tra le sue dita.
Il sangue scivola giù e i pantaloni assorbono soltanto una parte di quel piccolo, caldo e inatteso fiume in piena che, superando la caviglia, penetra nella scarpa slacciata.
“Queste cose accadono nelle serie tivù della vecchia zia Lara, non nella vita reale” è il primo pensiero di Monica.
C’era Betta fuori dal ristorante, la sua amica la salverà, non può finire tutto così in fretta. Vorrebbe chiamarla, ma come in uno dei suoi incubi peggiori non le esce alcun suono.
“Dunque è così che ti senti, quando una pallottola ti colpisce”.
Un nodo stringe la sua gola: è uno di quelli che si sciolgono soltanto lasciando andare le lacrime, ma lei ora non ha la forza di piangere.
“Chi può volermi tanto male?” si domanda incredula.
Monica ha ripetuto più volte che la sua missione in questa vita è terminata quando Amy è diventata indipendente e che ogni giorno in più è un giorno regalato, ma ora che c’è Leo qualcosa di simile alla disperazione le fa cambiare idea.
Un brivido la attraversa, dal collo fino alla punta dei piedi.
Pervasa dal timore di muoversi, di togliere la mano dal fianco e di guardare sotto la maglietta chiude gli occhi.
Non è mai stata coraggiosa e non lo è neppure adesso.
Si lascia andare sul terreno dissestato dove un rovo la accoglie con le sue aguzze spine.
Sentendole penetrare nella coscia, spalanca i suoi grandi occhi chiari.
Poche immagini le scorrono davanti prima di perdere i sensi: Amy, alta meno di un metro, con la cartella blu sulle spalle; la sua laurea, lei tutta elegante, fiera e incredula del risultato ottenuto; Leo, e quel modo che aveva di guardarla stasera, a pochi centimetri dal suo naso mentre facevano l’amore.
Monica rincorre con la mente Betta, la sua amica, sua sorella, il suo tutto.
Aveva ragione lei, la felicità non dura.
“Betta, che aspetti, non hai sentito lo sparo? Vieni a salvarmi!”



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