sabato 1 dicembre 2018

Segnalazione Romanzo - ETERNO CONTRASTO, PERFETTO INCASTRO di Serafina Lomaisto









Respiro Readers

vi segnaliamo l'uscita del nuovo romanzo

dell'autrice italiana Serafina Lomaisto.










TITOLO: Eterno contrasto, perfetto incastro

AUTRICE: Serafina Lomaisto

CASA EDITRICE: Self Publishing

GENERE: Romance

DATA USCITA: 1 Dicembre 2018






Gaia è una diciottenne, prossima alla maturità, che conoscerà l'amore per caso e si ritroverà incastrata in questo sentimento dalle mille sfaccettature. Conoscerà il sapore dell'esser donna tra forza e fragilità, tra conoscenze e perdite, tra sconfitte e cambiamenti. Farà scelte dettate dalla paura di soffrire o far soffrire. Così, spesso, preferirà lasciar scorrere il tempo senza realmente viverlo, ma la vita non è una sprovveduta: offre nuove possibilità a chi sa coglierle.
In questo viaggio Gaia non sarà sola, anzi. Ci sarà chi cambierà con lei e si ritroverà ad essere causa e soluzione di queste scelte.








PROLOGO 

Era la metà di aprile quando, studiando in biblioteca per gli esami di Stato, incontrai un ragazzo, poco più grande di me. Si chiamava Marco, era simpatico e gentile. Non era proprio il mio tipo, però mi chiese di prendere un caffè insieme, ed io non rifiutai. Dopo il caffè arrivò l’appuntamento. Mi aveva invitato a fare una passeggiata prima di andare al cinema con altri amici. Ero emozionata, era passato tanto tempo dal mio ultimo appuntamento con un ragazzo. Non sapevo cosa mettere. Provavo e riprovavo finché non optai per i miei amati jeans e le mie Converse blu, abbinate alla maglietta. L’appuntamento era al parco vicino casa mia. Non avevo ancora capito se lui abitasse da quelle parti o veniva fin lì solo perché era il posto più vicino a casa mia. Insomma, arrivai con dieci minuti di anticipo. Preferivo aspettare io piuttosto che sfilare davanti a lui in totale imbarazzo mentre mi aspettava, magari anche infastidito. Nonostante fossi in anticipo lui era già ad aspettarmi, seduto su una panchina. Capelli spettinati, camicia a quadri, jeans e Converse: un bel tipo, diverso dal solito. Mi salutò... ci sedemmo e io imbarazzata continuavo a giocherellare con le mani guardando a terra, fin quando lui prese la parola e disse: «Beh come è andata l’interrogazione?» 8 «Bene, bene» risposi sorridendo e guardandolo negli occhi. Sembrava piuttosto divertito. «Ci siamo visti per parlare della mia interrogazione?» dissi ironicamente e con aria di sfida. «Se vuoi possiamo anche smettere di parlare» disse ridendo mentre io abbassai lo sguardo per l’imbarazzo. Dov’erano le mie risposte taglienti e provocanti? Tutto taceva dentro la mia testa ma il cuore mi batteva forte. Era bello averlo accanto. «Vieni. Ti faccio vedere una cosa» dissi alzandomi e prendendolo per mano. «Dove andiamo? Mi devo preoccupare?» continuava a parlare ridendo. Era davvero difficile spegnere il suo buon umore e il suono della sua risata echeggiava nella mia gabbia toracica al ritmo del mio cuore. «Forse, o forse no. Dipende se ti fidi di me» lo guardai dritto negli occhi smettendo di camminare. Ero seria. «Mi fido» disse prendendo il mio viso tra le mani e lasciandomi un bacio sulla guancia. Gli sorrisi. «Fai bene» lo minacciai ironicamente mentre entrambi scoppiammo a ridere. Camminammo ancora per un po’, ammirando ogni particolare che ci circondava. Gli facevo notare ogni fiore, ogni albero, ogni singolo dettaglio. Conoscevo bene quel parco. Ci ero cresciuta e quando ero piccola venivo sempre con i miei genitori. Mio padre era un ottimo compagno di giochi. Mia madre è sempre stata più razionale, e mentre io e papà ci sporcavamo nell’erba, lei era sempre lì a rimproverarci. «Guarda che bello qui. Si vede tutto ma nessuno ti vede» dissi, sedendomi ai piedi di un albero dietro ad alcuni cespugli altissimi che sembravano coprire il panorama. 9 Parte del parco e della città si estendevano sotto i nostri piedi ma per me quel posto era qualcosa di più. Era il mio posto. Il posto in cui mi rifugiavo quando le cose non andavano bene. Il posto dove mio padre mi disse dei miei nonni, morti a seguito di un incidente. Avevo scoperto questo posto con lui e, seduti qui dietro, fantasticavamo sul futuro. Ero solo una bambina ma già avevo le idee chiare. “Voglio la casa rossa. La compriamo?” chiedevo ingenuamente a mio padre, mentre lui e mia madre lottavano per avere un altro figlio. «Gaia è bellissimo qui» mi disse sorridendo con gli occhi colmi di meraviglia. C’era però qualcosa che mi impediva di condividere con lui tutti i miei ricordi. Forse non era ancora il momento. Persa in questi dubbi non mi accorsi che Marco mi fissava. «Che c’è?» chiesi. Lui mi guardò negli occhi e mi baciò, ed io mi lasciai andare. Alla fine al cinema non andammo. Restammo a guardare le stelle e a raccontarci un po’ di noi. Ci ascoltavamo rapiti, soprattutto io dalla sua percezione della vita. Sorrideva, ad ogni problema, ad ogni ostacolo, lui era sempre pronto a sorridere alla ricerca di una soluzione. Quando tornai a casa trovai i miei genitori sul divano a guardare la televisione, o a far finta di farlo. «Buonasera» dissi fingendo di essere triste. Sapevano che dovevo uscire con lui e, come ogni genitore, non riponevano molta fiducia in quel ragazzo. Era comunque più grande di me, e per loro continuavo ad essere una bambina. «Com’è andata?» chiese impaziente mia madre. «Benissimo» gli sorrisi correndo ad abbracciarli. Gli raccontai qualcosa, tenendo i dettagli per me. Da quel giorno i miei sonni furono tranquilli e felici. 10 Gli esami si conclusero al meglio, e io e le mie amiche eravamo pronte a festeggiare la promozione e l’inizio delle vacanze. Avevamo previsto una serata al pub, tra musica e confusione. Per Marco era la vigilia di un esame importante perciò non venne a festeggiare con noi, ma mi promise una serata romantica il giorno seguente. «Allora accompagniamo prima Gaia» disse Manuela mentre entravano in macchina, ma subito intervenni «Io vado a piedi, devo chiamare Marco e non basterà la strada fino a casa» dissi sarcasticamente, e salutai le mie amiche che non insistettero. La telefonata quella sera durò solo il tempo di dirsi “mi manchi” perché Marco doveva tornare a studiare. Lo sapevo ma era un’ottima scusa per tornare a piedi. Mi piaceva ammirare le stelle quando, a farmi compagnia, c’era solo il silenzio. Quando Marco era sotto esame, non ci vedevamo per giorni e ci sentivamo pochissimo. S’impegnava molto nello studio e dava il meglio di sé in quel che faceva. Così passeggiai sotto le stelle... perché era la cosa che più mi piaceva. Quando mamma non stava bene, mia nonna mi ripeteva sempre “Guarda le stelle, sono tantissime. Ognuna di loro è un angelo volato via dalla terra. Loro sono gli amici di Dio e ascoltano ogni preghiera fatta col cuore. Non ti deluderanno mai”. Credetti subito alle parole di mia nonna, ebbi fede e l’angelo mi aiutò. Mia madre guarì e da allora non smisi di guardare il cielo ogni sera. Immersa nei miei pensieri, fui interrotta da alcune voci provenienti da una stradina, mi girai e vidi dei ragazzi che parlavano tra loro. A un certo punto uno si staccò dal gruppo e mi seguì. Sentivo la sua presenza alle mie spalle ma pensavo stesse andando da un’altra parte, perciò continuai a camminare perdendomi nei miei pensieri. 11 «Ciao bella» esclamò il ragazzo. Io sobbalzai, ma immediatamente dissi sorridendo «Scusa, non ti avevo visto.» «Me ne sono accorto, non volevo farti spaventare» mi sorrise. Media altezza, capelli arruffati e vestiva con una semplice camicia bianca ben raccolta nei pantaloni. Dagli occhi e dalla camminata non sembrava essere pienamente in sé ma non ero spaventata. Sicuramente avrei preferito tornare a casa da sola. Se Marco fosse venuto a saperlo, ero certa che si sarebbe arrabbiato. «Posso accompagnarti a casa?» mi chiese. «Grazie ma preferisco tornare da sola» provai a dire cortesemente, senza accennare all’esistenza di un fidanzato. «Hai paura di me?» mi chiese, con un tono che mi fece rabbrividire. «No, ma non voglio litigare con il mio fidanzato» cercai di farmi forza ma la voce mi tremò quando lessi nei suoi occhi le sue intenzioni. Mi prese per i polsi e mi avvicinò al muro. Era ad un passo dalle mie labbra quando disse «È geloso il fidanzato? E di cosa?» mi fissava insistentemente, mentre io ero paralizzata dalla paura. Non osavo aprire bocca ma non riuscii a trattenere le lacrime. Non ricordo neanche cosa mi disse, se continuò a parlare. Ero come volata in un’altra dimensione. Ricordo solo le sue mani, il suo corpo sempre più vicino al mio. La mia unica reazione fu quella di alzare lo sguardo e fissare le stelle, credendo nelle parole di mia nonna ancora una volta e sperando che lei facesse qualcosa da lassù. All’improvviso sentii il vento carezzarmi le gambe e mi resi conto che lui si era allontanato. Era di fronte a me, cercava i miei occhi ma aveva lo sguardo vuoto, terrorizzato. 12 «Scusa» sussurrò indietreggiando mentre tremava, abbassando la testa. Io mi lasciai cadere a terra, nascondendo il viso tra le mani e continuando a piangere, ma questa volta piangevo perché tutto era finito. Un labile “Grazie” mi sfuggì senza che me ne rendessi conto, ma ero certa che non mi avesse sentita perché scappò via, lasciandomi lì da sola con la mia vergogna. Passò circa mezz’ora prima del mio rientro a casa. Smisi di piangere e cercai di sistemarmi al meglio. Nessuno lo avrebbe saputo, sarebbe stato il mio segreto per sempre, o quasi...



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