Respiro Readers
vi segnalo un romanzo
di un'autrice italiana emergente.
TITOLO: Viaggi irregolari
AUTRICE: Claudia Muscolino
CASA EDITRICE: NeP Edizioni
GENERE: Narrativa
DATA USCITA: 24 Agosto 2018
PAGINE: 216
Romina
Dughini è una giovane donna che coltiva il sogno di diventare una
grande fotografa, ma eredita un'agenzia investiva e un passato
tragico che cela più di un mistero.
In
una cittadina di provincia che somiglia a migliaia di altre, la
ragazza si costruisce un'esistenza opaca e una corazza che la fa
sentire protetta dalle emozioni: ma un giorno d'estate riceve un
incarico inaspettato che la porterà a scoprire sia la verità sulla
sua famiglia che sulla parte più nascosta e intima del suo animo.
Romina percorrerà viaggi irregolari verso una nuova se stessa e il
lettore affronterà con lei itinerari difficili, camminando dentro un
frammento della storia di una famiglia e del nostro paese.
Antonio
si alzò dal letto cercando di non svegliare la mo glie: aveva sempre
avuto il sonno leggero. Dalla finestra semi aperta già entrava la
luce e un po’ di brezza portava un debole sollievo.
La
donna si mosse nel sonno borbottando qualcosa. No nostante il caldo
si ostinava a portare una lunga camicia da notte di cotone che con il
sudore le si appiccicava addosso. Non la toglieva neanche quando
facevano l’amore; i primi tempi la cosa lo eccitava profondamente,
gli sembrava di forzare la novizia di un convento ma ora, dopo quasi
otto anni di matrimonio, era soltanto una gran seccatura,
soprat tutto d’estate. Solo quando avevano concepito la loro figlia
Maria Luisa si era unita a lui completamente nuda.
La
bambina dormiva nella stanza accanto, ormai era abba stanza grande
per stare da sola. Era arrivata quando ormai non speravano più di
avere un figlio: i medici dicevano che era tutto a posto, che
dovevano solo rilassarsi e continuare a provare. E loro provavano.
Sua moglie pregava il Signore di darle un figlio: già la sorella e
il cognato erano sterili e lei aveva il terrore di fare la stessa
fine. Era arrivata a pensare che qualcuna delle precedenti fidanzate
del marito avesse fatto il malocchio a tutta la famiglia ed era
andata a racco mandarsi anche alla Madonna di Loreto, senza successo.
Infine,
si era rivolta alla “strega dei monti”. Non l’aveva mai detto
ad Antonio, nemmeno ai genitori. Glielo aveva consi gliato
Giuseppina, la sua amica d’infanzia che era diventata ostetrica.
«Dammi
retta Marilù, vai a trovarla! Ha fatto rimanere in cinte donne
anziane e malate. Vai da lei e vedrai che tuo marito ti metterà un
figliolo nella pancia.»
Maria
Luisa era cattolica praticante e non aveva il dono dell’iniziativa,
ma l’istinto le disse che quella era la strada giusta. Così, dopo
una settimana di rosari serali in chiesa fissò con Pinuccia per
andare a trovare la “maga”.
«Brava,
finalmente ti sei decisa!» disse la giovane levatri ce
abbracciandola, «fatti trovare domani alle otto davanti al cancello
della chiesa vecchia. Vestiti di nero e porta un velo per coprirti la
testa. Scarpe comode, mi raccomando!» An darono insieme dalla
presunta fattucchiera salendo per una strada che portava a una cava e
che non era stata più riaperta dopo la guerra.
La
donna che andavano a trovare aveva imparato da tanto tempo a
fregarsene di quello che in paese dicevano di lei, sapeva che prima o
poi – quando tutte le speranze erano cadute nel pozzo – la gente
andava a cercarla, anche quando ormai c’era solo da chiamare il
prete con l’acqua benedet ta. Accolse le due giovani donne nella
sua casa ricavata da un’antica grotta con la porta nascosta da un
enorme ginepro femmina. Fece sdraiare Maria Luisa su una lunga tavola
co perta da un lenzuolo.
Il
cuore di Marilù batteva così forte che aveva cominciato a credere
potesse risalirle in gola e vomitarlo.
«Shhh,
tranquilla cara. Non ti farò del male» disse la don na scoprendo i
pochi denti rovinati che le erano rimasti in bocca.
«Scopriti
la pancia per favore» aggiunse con professionalità, come fosse
stata un medico nel suo ambulatorio.
La
giovane si scoprì alzando il vestito fino allo stomaco e tremava
come quando l’avevano portata in sala operatoria per l’appendicite.
«Abbassa
un po’ anche le mutande, ti coprono tutta.» Maria Luisa abbassò
anche quelle e la guaritrice le fece scendere ancora di più, fino al
pube.
«Sei
la prima rossa vera che mi è capitata in tutti questi anni!» disse
la guaritrice osservando la peluria che si affac ciava, poi si
rivolse a Giuseppina che era rimasta in piedi accanto alla porta.
«Tu
esci. Ti chiamo io quando avrò finito.»
Nessun commento:
Posta un commento