lunedì 24 settembre 2018

Segnalazione Romanzo - IL FIGLIO DEL MARE di Nicholas Maurizio Mercurio









Respiro Readers

vi segnalo l'uscita del nuovo romanzo

dell'autore italiano Nicholas Maurizio Mercurio.










TITOLO: Il figlio del mare

AUTORE: Nicholas Maurizio Mercurio

CASA EDITRICE: Self Publishing

GENERE: Fantasy

SERIE:  La Trilogia dell'ombra #1

DATA USCITA: 15 Giugno 2018

PAGINE: 640






"In una terra in cui uno spietato male sta consumando e uccidendo chiunque ne venga colpito, un ragazzo lascia che il mare accompagni suo fratello negli abissi per liberarlo dalla sofferenza del suo popolo. Nel frattempo, in un luogo in cui elfi e nani si contendono dei continenti sconfinati e sconosciuti, un potere nascosto minaccia i loro reami e la pace conquistata solo tre secoli prima dopo una lunga guerra."

Un libro che parla di due popoli, della loro alleanza, delle origini del mondo de la Saga dell'Ultimo e le Rose di Elgand Saga, e degli uomini. 






«Le decisioni passate del re sono chiare a tutti: intendeva arricchire Gilvobir dall'interno grazie ai mercanti stranieri provenienti da ogni luogo. Ecco perché permette ai nani di vendere e acquistare senza ritorsioni da parte delle tue guardie, padre. Vuole prestare il fianco ai reami dei nani e al tempo stesso essere alleato di re Ilanen, che, nonostante abbia più volte proposto di essere disposto a un dialogo, è sempre stato rifiutato dalla Lucente Guida. La questione del fiume potrebbe essere un vantaggio per re Mirel, ora che bande di Orkrim e Goblin compiono scorribande sulle sue rive e mettono in difficoltà le truppe dello Spezzato. Se il re decidesse di ristabilire la vecchia alleanza con re Ilanen, questi non la rifiuterebbe mai.»

Eralden, udendo quelle parole, sorrise appena. «E chi dovrebbe confidargli questa idea, figlio mio?»
«Nessuno, padre», replicò Eraden con decisione. Gli occhi di Ravel lo osservavano incuriositi. Sua madre, che era al suo fianco, n'era orgogliosa e ammaliata.
«Perché?», chiese.
«Una storia aiuta essere consapevoli dei propri limiti, ma non a prevederli», fu la risposta. «Così suona meglio.»




 Prologo: il figlio dimenticato.


Brendon si strinse nel mantello per resistere al freddo di quella mattina dal cielo plumbeo, camminando adagio lungo un sentiero battuto che si apriva nella foresta. Gli alberi venivano spinti dal vento del nord da una parte all'altra, alzando le foglie secche che erano al suolo. Gli pungeva sulle narici e le dita nude, attraversava le carni e lo sferzava come a breve la pioggia avrebbe sferzato il terreno ricoperto di sterpaglia, su cui camminava da quando aveva lasciato Rejalk, il suo villaggio natio.
Ogni volta che se ne allontanava era sollevato. Suo padre, che rispondeva al nome di Erak, non lo amava come amava i fratelli maggiori, e lo trattava come il frutto di un errore, un presagio nefasto e indegno.
La legge dei Nercest non prevedeva che un terzo figlio potesse sopravvivere in una terra spoglia come la loro, e tanto meno un quarto, quello che stringeva in un fagotto, nudo e affamato. Era nato soltanto tre giorni prima, e suo padre aveva già deciso il suo fato. "Non vivrà con noi. È il frutto di un errore, come te. Sbarazzatene, o non tornare", gli aveva ordinato prima che picchiasse sua madre, che gli aveva tenuto nascosto quella gravidanza per tenerlo al sicuro. Ma aveva fallito, e ora quel bambino avrebbe subìto le conseguenze della sua nascita, della sua vita indegna di essere vissuta in una terra ormai in rovina, consumata a causa della fame, della miseria e della paura. "Non c'è cibo per tutti", aveva detto il Saggio Emmar, a capo del villaggio, urlando a gran voce storie che non aveva mai udito nei suoi quindici anni di vita.
I Nercest ne tramandavano molte e spesso ne inventavano altre, per spaventare i bambini più vivaci e capricciosi. Ma con lui non avevano mai sortito l'effetto sperato. Tuttavia, credeva soltanto in una storia, quella che suo padre gli aveva insegnato fin da piccolo, e che si leggeva dalle cicatrici che aveva sulla schiena. L'ultima gliela aveva fatta sul petto, con un coltello arroventato per fermarlo prima che picchiasse sua madre mentre i suoi fratelli assistevano divertiti. Quel prezzo lo aveva pagato caramente, e nessuno al villaggio osava guardarlo negli occhi.
Brendon seguì un torrente, che dovette in seguito superare facendo attenzione in modo da non fare scivolare il bambino dalle sue braccia. Il fagotto che lo copriva non lo riscaldava abbastanza. Quando cominciò a piovere, dovette condividere il suo mantello con lui.
Da quando era partito non aveva né pianto né dormito. Era silente, e per un momento aveva pensato fosse morto. Ma percepiva sul petto il suo cuoricino che batteva, e quella paura – sebbene non gli dovesse appartenere – lo annientava molto più delle frustate di suo padre. Sebbene la sua missione fosse chiara, non era certo che sarebbe riuscita a portarla fino in fondo.
Brendon continuava a camminare lungo un sentiero che lo condusse fuori dalla foresta, su una brughiera verde che ammirò per qualche istante. Si fermò per un momento, concentrando lo sguardo davanti a sé. Vedeva dei carretti, qualche casupola in fango e sterco costruita per ospitare i membri di una famiglia numerosa.
La pioggia iniziò a cadere adagio. Avanzava piano per non scivolare a terra, a causa dell'erba alta che gli impediva di vedere dove mettesse i piedi. Imprecò per qualche istante, udendo il bambino lamentarsi. "Avrà fame", pensò. Ma non aveva niente con sé.
«Tu, ragazzo.... Questa valle è del clan Aukurt», gli disse qualcuno alle spalle, in tono per niente amichevole. Brendon si volse, deglutendo. Aveva paura di trovarsi di fronte qualcuno che poteva ucciderlo.
Quando vide chi aveva di fronte, abbassò lo sguardo. L'individuo indossava un'armatura in pelle decorata con rifiniture in bronzo, e stringeva un arco sulla mano destra e delle lepri nell'altra. Notò che lo squadrava con disgusto, come se avesse di fronte a sé uno dei Nomadi, che venivano uccisi dal clan Aukurt perché figli degli spiriti del male.
«Lo so», replicò Brendon cercando di non tradire le sue emozioni. Suo padre gli aveva insegnato solo una cosa nella vita: a non farsi intimorire dagli altri se non da lui. «Sono solo di passaggio.»
L'uomo si avvicinò, sputando al suolo. Aveva i capelli raccolti in trecce, e una lunga barba folta che gli nascondeva le labbra. Puzzava di sterco e piscio, ma avrebbe fatto di tutto per resistere a quel fetore. «Di passaggio, eh? I ragazzini come te non sono benvoluti, da queste parti. È meglio che continui per la tua strada, ma a distanza di sicurezza dalla mia casa. Chiunque tu stia portando al mare è un'onta per me»
Brendon non replicò, quindi indietreggiò e si avviò il più lontano possibile dal villaggio che avrebbe attraversato se non fosse stato trovato con un bambino tra le sue braccia. L'individuo, che non distolse lo sguardo da lui finché non fosse lontano, urlò a qualcuno di entrare nelle casupole. Come Nercest comprendeva le loro paure. I quarti figli erano pazzi, mutilati alla nascita e sarebbero cresciuti nell'oscurità, lontani dalla ragione dei capi villaggio e dei clan. Meritavano la morte, e chi eseguiva quella sentenza era soltanto un figlio non desiderato, non amato, non voluto ma temuto.
Oltrepassò la brughiera con lo sguardo abbassato, mentre raggiungeva una strada ora battuta e più facile da seguire. Di sicuro non si sarebbe perduto quando fosse tornato a casa, dopo essersi sbarazzato del bambino. Brendon si alzò il cappuccio sul capo, stringendo il bambino sempre più vicino al mantello. La pioggia batteva al suolo con furia, segno che gli spiriti erano inquieti e spaventati da quel quarto figlio, che meritava la morte nelle terre dei Nercest. Decise dunque di fermarsi sotto a una quercia, attendendo che smettesse. In cuor suo, sapeva che ci avrebbe messo molto più di quanto immaginava. Batteva i denti per il freddo, udendo il bambino piangere e dimenarsi. Cercava di tenerlo fermo, ma gli era impossibile.
Sebbene fosse solo un neonato, era molto forte. Lo strinse con più forza al petto, mentre il cielo celava il sole sopra di loro. Immaginava si trattasse solo di una tempesta momentanea, che sarebbe passata da lì a poco. Tuttavia, non attendeva altro che spostarsi subito da lì. Ben presto il fango gli avrebbe sporcato gli stivali, i pantaloni e il mantello.
Era stata sua madre a donarglieli all'oscuro di suo padre, che preferiva vestire i suoi fratelli che lui. "Non merita niente", ripetevano quest'ultimi, i quali non lasciavano mai loro padre da solo nei campi e nelle feste del clan. Da piccolo era stato oltraggiato, picchiato e quasi ucciso dal padre perché gli aveva rivolto la parola. Se non eseguiva i suoi ordini veniva punito, e molto spesso finiva a dormire coi maiali, o quello che ne restava di loro. La terra dei Nercest era in rovina da due secoli, ed era a causa loro. Gli spiriti, a detta di suo padre, avevano smesso di donare loro cibo, e il ritorno nei draghi aveva spezzato ogni legame con la terra.
Nonostante fosse un pazzo, ciò non toglieva che lavorava la terra. Aveva dato tutta la sua vita a coltivare cibo e a venderlo, e ora i suoi sforzi venivano meno ogni volta che piantava quello che poteva per provvedere alla sua famiglia, che era composta soltanto da lui e dai suoi due fratelli.
Mentre ripensava a quello, la pioggia aveva smesso di sferzare il terreno. Il bambino aveva ripreso a dormire, e ammetteva di esserne sollevato. Riprese il viaggio senza esitare, seguendo il sentiero che lo condusse in seguito a una strada secondaria.
Ai lati c'erano arbusti, qualche albero e delle casupole abbandonate. Poco più in là aveva scrutato del fumo alzarsi sopra al cielo, e ora sopportava il fetore del fango che gli pizzicava le narici. Aumentò il passo, sperando che l'imbrunire non giungesse troppo presto. Quando riconobbe il fiume Agrl, che sfociava nel mare, comprese di essere vicino. Lo seguiva senza badare a strade più sicure, rapido e silenzioso come una lepre.
"Ho fame", pensò dopo alcuni istanti. Le acque del fiume erano torbide a causa della pioggia, e del terriccio che era stato portato via dalla corrente. Ci avrebbe messo poco a catturare un pesce, ma non poteva fermarsi lì. Avrebbe mangiato solo al suo ritorno, chiedendo ospitalità in una casupola per una notte sebbene temesse di non essere ben accetto.
Nessun giovane raggiungeva il mare da solo. Chi lo faceva era un terzo figlio, un Nomade o un Nercest solitario, che aveva abbandonato il proprio clan per vivere da solo, ma ormai ne restavano ben pochi. A nord c'erano clan più forti, in grado di vivere insieme e prodigarsi gli uni per gli altri anche in tempo di guerra con quelli del sud.
Tuttavia, la pace dominava ormai da due anni. Suo padre aveva combattuto e vinto contro i Teskr, che si erano battuti per del grano e cento pecore. Ogni contadino aveva ricevuto due sacchi di grano e una pecora, che suo padre aveva diviso soltanto coi suoi due figli prediletti. Ma Brendon non se n'era mai lamentato.
Mentre camminava lungo la strada, ripensava alla zuppa di sua madre, preparata con amore e attenzione. Non era convinto che, una volta tornato a casa, ne fosse avanzata. Non gli restava che immaginare il colore verde e giallo, mentre le carote e il sedano si univano in un'armonia di colori. Il suo palato poteva gustarla anche in quel momento, sebbene non ne avesse una ciotola di fronte. Ma a Brendon bastava poco per essere felice.
Strinse il bambino a sé, abbassandosi il cappuccio. Più si avvicinava al mare e più percepiva l'odore della salsedine. Scrutava in lontananza gli scogli neri della Barriera di Argolt'hol, l'antico troll che governò la terra dei Nercest – ora chiamata Erguson – prima dei canti per venerare i draghi e delle storie dei Saggi di ogni clan.
Si narrava che le loro rocce appuntite potessero uccidere un drago, e che al loro interno vivesse una viverna in grado di scomparire nel mare per poi giungere in altri lidi.
Quando Brendon raggiunse la spiaggia, si guardò attorno. Il sole illuminava la sabbia dorata scontrandosi con le pareti argentate degli scogli, che si riflettevano sulle onde del mare. Il ragazzo ammirava quel luogo con un sorriso, spostando poi lo sguardo.
Sperava di trovare qualcosa nell'orizzonte, ma non c'era niente. Neanche la viverna delle leggende, la quale avrebbe accettato il bambino che aveva tra le sue braccia più della sua stessa famiglia. Sarebbe stato ingoiato da un'antica bestia, e non annegato dal suo stesso fratello. Ma non sarebbe cambiato niente, perché avrebbe avuto comunque la sua morte nel cuore. Brendon si avvicinò verso le onde più alte, ormai deciso a compiere ciò che suo padre gli aveva ordinato di fare.
Si inginocchiò, togliendo poi dal fagotto il bambino. Lo adagiò sulla spiaggia, mentre attendeva le onde che lo raggiungessero. Lo osservava dritto negli occhi, e sembrava cercasse di dirgli qualcosa. Il giovane gli accarezzò il volto, sospirando appena.
"Fatti forza, Brendon", pensò. "Non ha scampo. Deve morire." Quando il vento portò l'acqua quasi a sommergere il neonato, il giovane allontanò le mani. Chiuse gli occhi, deglutendo appena. Il freddo si faceva più penetrante. Le ossa gli dolevano e le gambe erano stanche. Quella notte avrebbe vegliato lì, come a dire addio a quel fratello che non avrebbe mai abbracciato né conosciuto bene come in quel momento.
Quando sbarrò gli occhi, il bambino era ancora lì. La sua mano destra gli impediva di farlo trascinare via dalle onde, e se n'era reso conto perché la sua volontà non intendeva lasciarlo. Ma non poteva restare comunque lì, in quella terra spoglia, e nella paura. Brendon si guardò attorno, deglutendo. Sospirò appena, cercando una risposta a quell'enigma che cominciò ad attanagliarlo, e che non lo avrebbe abbandonato.
Quando vide una cesta di vimini accanto a un imponente masso, prese il bambino e lo infilò nuovamente nel fagotto. Ci mise un po', siccome ora si muoveva a causa dell'acqua fredda che lo aveva quasi ucciso. Prese poi la cesta, che era più grossa di quel fratello che avrebbe lasciato al mare, ma non si sarebbe preso l'onere di ucciderlo.
La aprì, e non trovò niente. Lo infilò all'interno, facendo attenzione a non fargli male. Se fosse morto sarebbe stato cullato dal mare, dal suo tocco dolce, gentile e amorevole; come quello di una madre.
Se fosse sopravvissuto avrebbe navigato per sempre, smarrito e senza una patria, una famiglia e degli affetti. Sarebbe solo scomparso, ed era quello che doveva fare. La sua sentenza era stata decisa dal suo stesso padre, che non aveva pietà neanche per la donna che diceva di amare. Sarebbe stato cresciuto in un clan che lo avrebbe sacrificato ai draghi, o a qualsiasi spirito di quella terra ormai sempre più povera.
Brendon lo coprì al meglio, strappando un pezzo del mantello che era stato un dono di sua madre. Quello lo avrebbe accompagnato nel suo viaggio, e lo avrebbe riscaldato e protetto molto più di lui. Gli accarezzò il volto, sorrise e poi prese il coperchio della cesta. La adagiò, non disturbando il sonno del piccolo e i suoi sogni.
Quando si rialzò, la imbracciò con forza. Le onde gli bagnarono i pantaloni e gli stivali in pelle, ma non gliene importava. Non avrebbe atteso le onde, anche a costo di tornare a casa inzuppato d'acqua. Era l'unico gesto d'amore che poteva fare nei confronti di quel bambino.
L'acqua ormai gli arrivava alla vita. La cesta, che non avrebbe fatto penetrare acqua, ora ondeggiava ancora tra le sue mani. Mentre il ragazzo osservava l'orizzonte, la lasciò andare. Tenne lo sguardo fisso su di essa finché non venne portata a largo, dal mare e dal forte vento dell'imbrunire. In cuor suo, sapeva di aver fatto la scelta più giusta, e l'unica che avrebbe fatto sì di donare a quel fratello una speranza. Nessuno dei Nercest conosceva altre terre, e nessuno era in grado di essere sicuro ne esistessero, neppure i Saggi di tutti i clan. Ma in quel momento Brandon non voleva pensarci.
Osservava la cesta allontanarsi verso l'ignoto, col cuore nel petto e la sua anima ancora integra. Era salvo, almeno per il momento.







Nicholas Maurizio Mercurio nasce ad Aosta il 15 Giugno 1995. Pubblica a diciannove anni il suo primo romanzo fantasy "L'Alba di un Cavaliere" e subito dopo "La Saga dell'Ultimo", dov'è protagonista Argail di Lytel. Recentemente ha pubblicato "Il Figlio del Mare", primo volume de "La Trilogia dell'Ombra", che sta avendo un ottimo successo ed è tra più venduti di Amazon. Ora sta lavorando al secondo volume.


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