Respiro Readers
vi segnaliamo il romanzo
dell'autore italiano Francesco Albanese.
TITOLO: Come una farfalla
AUTORE: Francesco Albanese
CASA EDITRICE: Self Publishing
GENERE: Narrativa
PAGINE: 209
PREZZO EBOOK: 7.99
PREZZO CARTACEO: 13.00
DATA USCITA: 23 Settembre 2023
La notizia del cancro, un’esistenza artificiale e un matrimonio fallito spingono il protagonista a rifiutare le cure e a trasferirsi su un'isola del Messico, dove vivere gli ultimi giorni in modo autentico. Quello del protagonista è un doppio viaggio, verso Isla Mujeres e dentro se stesso, guidato da Soledad, una vecchia curandera Maya che gli svela i segreti dell'Universo e gli mostra che niente capita per caso. In questo scenario, tutto acquista un senso: il viaggio sull’isola, la conoscenza di Soledad e il suo conto in sospeso col figlio morto, l’arrivo delle farfalle monarca e l’amicizia con Isaline, che in poco tempo si trasforma in amore.
Come una farfalla è una storia d'amore, guarigione e rinascita che tocca il cuore e fa vibrare le corde nascoste dell’Anima.
Come una farfalla è una storia d'amore, guarigione e rinascita che tocca il cuore e fa vibrare le corde nascoste dell’Anima.
CAPITOLO UNO
Una Brutta Notizia
Firenze, 3 ottobre
Io credo di non aver provato a sperare neanche per un attimo.
«E quindi?» avevo domandato soltanto. E basta. Come puoi chiedere al meccanico che ti ha appena detto che la tua auto si spegne da sola perché c’è un problema a una centralina. Tu non capisci, e allora domandi: «E quindi?»
Questa volta però la centralina non era un pezzo dell’auto, ma di me. Il problema non ce l’aveva l’auto, ce l’avevo io. Stava capitando a me, non più a qualcun altro.
Ma per fortuna la cosa sembrava avermi riguarda- to solo per pochi istanti. Sì, perché quando ti diconoche hai il cancro, il tempo si ferma. Da un momento all’altro, la tua testa si svuota completamente da ogni pensiero. Tutto quello che fino a un momento prima ti era sembrato importante, un attimo dopo non lo è più. Semplicemente non esiste più.
Poi arrivano la sorpresa e l’incredulità. «Non è possibile, non può capitare a me...» dice una voce dentro di te, nel penoso tentativo di negare l’evidenza del fatto che ti trovi seduto in un ambulatorio di on- cologia, e per giunta dalla parte sbagliata della scriva- nia. «Sta leggendo i fogli sbagliati, sta sbagliando per- sona...» si ostina, ma ormai non l’ascolti più, perché è comparsa la paura.
La paura del cancro ti paralizza.
Di solito, di fronte a una minaccia puoi attacca- re, oppure fuggire, dartela a gambe. Ma con il cancro non funziona così. Scappare non puoi scappare per- ché, ovunque tu vada, il cancro te lo porti con te. Per non parlare dell’attacco. Si può attaccare un nemico così grande con la speranza di poterlo sconfiggere ve- ramente? Oppure magari pensare di averlo sconfitto, e aver invece vinto soltanto una battaglia, per poi vi- vere ogni singolo giorno col terrore che la guerra rico- minci? È davvero una vittoria questa? O è soltanto un modo per rimandare la sconfitta?
La paura del cancro ti paralizza perché né l’una, né l’altra strada, né l’attacco, né la fuga, ti salvano ve- ramente.
Mi sentivo svuotato di ogni emozione, un involu- cro di essere umano lasciato cadere dal destino sulla punta di quella sedia da ambulatorio, con le gambe serrate e le mani unite tra le cosce.
«Cominciamo la prossima settimana con la Te- rapia a Bersaglio Molecolare.» Era l’oncologo, che dal suo mondo sicuro e protetto, forte del potere di cura che la sua scienza deterministica gli conferiva, recitava la prima battuta del copione che aveva imparato sin dai primi anni di università.
La sua risposta mi era passata attraverso. Perché, dopo la paura che ti paralizza, si innesca dentro di te un meccanismo che ti evita di andare in mille pezzi, o di sgretolarti: improvvisamente, ogni emozione scom- pare. Niente più paura, niente più tristezza, niente sorpresa, niente sgomento. Niente di niente.
«Niente chemio», avevo detto. Ero calmo. Vuo- to. Non ero io.
È lì che il tempo ricomincia a scorrere, nel mo- mento in cui decidi quale strada prendere.
Lui aveva alzato la testa dal foglio sul quale stava scrivendo. Aveva le sopracciglia alzate e mi guardava da sopra gli occhiali, la penna sospesa a pochi millime- tri dal foglio. Cercava di capire cosa mi stesse passando per la testa.
Poi aveva posato le mani sulla scrivania e si era tira- to su, riprendendo col suo copione: «La TBM non è una chemioterapia...»
«Niente terapie.» Ero un automa. «Non farò la chemioterapia», avevo detto. «Non farò radioterapia. Non farò alcun tipo di terapia.» Nessuna delle due strade mi avrebbe salvato, né l’attacco né la fuga, e al- lora avevo deciso la terza: stare col cancro.
Lui era rimasto in silenzio. Poi si era lasciato cade- re sullo schienale della sua sedia da ufficio, coi gomiti sui braccioli e le mani incrociate con gli indici uniti davanti alla bocca. «È una scelta importante...»
«È la mia scelta.»
Mi aveva guardato ancora per un po’. Ma poi, qualcosa nella sua testa doveva averlo consigliato di lasciar perdere. «Tenga», aveva sospirato, allungando- mi dei fogli, mentre si tirava nuovamente su. «Li leg- ga. Ci dorma sopra. E se ci ripensa, ci chiami. I numeri sono in fondo a ogni pagina.»
Ho lasciato cadere quei fogli in una grossa scatola gialla con su scritto CARTA, fuori dall’ambulatorio. Con buone probabilità, di lì a non molto quei fogli inutili sarebbero stati macinati assieme ad altri, sbian- cati, lavati e trasformati in nuova carta. E forse adesso si trovano nel quaderno di qualche bambino ignaro. Pagine bianche sulle quali poter scrivere la storia di una nuova vita.

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