da qualche giorno di ferie.
Quando scopre che una delle famiglie in questione era stata coinvolta in un caso di omicidio non molti anni prima, il caso si fa subito più interessante.
Sette fosse.
La prima con cinque corpi martoriati i cui connotati sono stati sconvolti; due in ognuna delle altre.
Sembrano tutti avere dei segreti e le indagini vanno avanti a rilento, ma Rosita può contare su una squadra coesa e soprattutto sull'aiuto di chi non vuole farla passare liscia a un assassino senza scrupoli.
Che cosa hanno a che fare le teorie di Lombroso con gli omicidi?
Chi si nasconde nell'ombra per portare morte e scompiglio nelle vite di due famiglie apparentemente senza colpe.
Si tratta di vendetta? O di un gioco sanguinoso e crudele?
E cosa ha a che fare il poker in tutto questo?
Dopo La colpa delle madri e Stalk Her, un nuovo capitolo ci attende in compagnia dei personaggi che abbiamo saputo amare nei precedenti romanzi di Jane S. Doe.
Rosita, D'Annunzio, Kurui, Montgomery, Allen, Redcliff, Guerrera, Kovach saranno di nuovo insieme a voi, pronti a scoprire qualsiasi cosa si nasconda dietro a un caso che è decisamente fuori dal comune.
«Se non avevano nessuno, da chi riusciva a sapere i particolari? Abbiamo letto gli articoli e ci sono moltissimi dettagli delle loro vite, del loro carattere. Cose che non si possono sapere da semplici conoscenze superficiali.»
«È vero. Sa, la gente non ci conosce, ma lei adesso, dopo pochi minuti, sa qualcosa di me. Per esempio sa che sono disponibile ad aiutare, sa che faccio fatica a camminare e se mi avesse offerto un caffè, saprebbe che lo detesto. Allo stesso modo, la mia panettiera sa che amo gli animali perché ogni giorno prendo il pane vecchio e lo porto al canile. Il mio vicino sa che la musica country è la mia preferita e in special modo Jonny Cash. Tutte queste informazioni, e molte altre messe insieme, fanno me. È questo che facevo. Cercavo chiunque avesse una briciola e cercavo di tirare fuori una pagnotta completa. Non era sempre facile e nemmeno ci riuscivo il più delle volte, ma ci provavo.»
Forse la mia nascita difettava di qualcosa e io non ho acquisito il senso dell'amore. Al pari di venire al mondo senza una gamba o un braccio, io non ho la capacità di provare amore e incredibilmente provo un’attrazione inspiegabile per tutti coloro che hanno questo mio stesso handicap. Lo sento a distanza, me ne accorgo, lo fiuto. Ho una specie di sesto senso, ne vedo l’aura e ho l’obbligo di avvicinarmi. Mi incuriosiscono. Se riesco a capire loro, forse riesco a capire anche me. Per quanto riguarda gli altri, semplicemente me ne tengo alla larga. Posso fingere per un po’, ma alla lunga diventa evidente che non ho nulla in comune con loro e suscito istintivamente sospetti e in qualche caso anche repulsione. Se posso permettermi di fare un paragone, davanti a me hanno la stessa reazione che potrebbero avere davanti a un rettile sconosciuto. Vorrei dire che non mi importa, ma non sarebbe la verità. Mi ferisce invece. Lo ha sempre fatto. A tratti ho creduto che fosse colpa mia, ma poi è subentrata la rabbia. Sono tutti pronti ad aiutare chi nasce con una menomazione fisica, ma io? Io che ho questa mancanza che non ho chiesto di avere? No, io devo stare a distanza. Sono inquietante. Così ho dovuto canalizzare la mia frustrazione per non esplodere.
Ciò che mi fa stare bene è creare difficoltà agli altri, da sempre.
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