Uno scambio di battute scritte su un cartellone pubblicitario, in calce al fondoschiena di una modella di intimo, diventa la chat di Livia e Jacopo. Lei cinica, disillusa e un po' scontrosa, dopo la morte della madre, si barcamena tra lo studio e un lavoro come cameriera. Lui, più maturo, è un manager affermato e con un matrimonio ai titoli di coda. L’incontro tra Livia e Jacopo è troppo potente ed esplosivo per accontentarsi dello spazio bidimensionale di un poster pubblicitario: i due si incontrano e scontrano, si cercano e sfuggono l’uno all’altra, dando vita a un rapporto perennemente in bilico tra ciò che potrebbe essere e la paura di lasciarsi davvero andare.
«A mia discolpa, posso dire che ci tenevo davvero tanto a conoscerti meglio.»
Livia sbuffa. E la capisco, sbufferei anch’io al suo posto. Forse farei di peggio. Ma sono al mio posto, non al suo, e devo tentare di metterci una pezza.
«Nonostante abbia detto quattro parole in croce e sia fuggita dal tavolo?»
«No, l’ho capito quanto mi hai implicitamente dato del coglione.»
La sento sorridere e il cuore mi si gonfia di orgoglio come un gorilla idiota.
«Hai degli strani standard di giudizio.»
«Lo so, ma fino a oggi non mi sono mai sbagliato sulle persone.»
«Disse l’uomo in procinto di divorzio.»
Cerco di tenere a bada il respiro fragile e impazzito, ma è inutile e lui percepisce tutta la mia difficoltà. E ne approfitta, lo stronzo, affonda il coltello sapendo di trovare spazio.
«Lo vuoi anche tu» sussurra.
«Non esserne così sicuro.»
«Non sono mai sicuro di niente con te, Livia. Ma lo sento che siamo simili, che proviamo le stesse cose e che combattiamo contro le stesse cose.»
«Combatti di merda, tu.»
Ride ancora, più libero stavolta.
«Allora ammetti di combattere contro qualcosa.»
«Di solito contro l’istinto di insultarti.»
«Gli insulti hanno lo strano potere di eccitarmi.»
«Stronzo.»
Lo sento nelle ossa il brivido che la scuote, l’eccitazione che esplode nel suo corpo e si fonde a quella che mi circola nelle vene, sottopelle. Come attirato dal canto di una meravigliosa sirena, mi avvicino di più a lei e le mie labbra sfiorano la pelle delicata del suo orecchio. Non riesco a trattenere un respiro che è tutto meno che aria: brama, desiderio, forza di volontà in procinto di abbandonarmi.
Ma non aria.
Non banale aria.
E il mio corpo reagisce in maniera primordiale, i muscoli si tendono fino a farmi male, la mente si svuota di colpo e i sensi prendono il sopravvento.
«La verità, Livia, è che sono seduto qui accanto a te con un’erezione da campionato. Ed è imbarazzante per un uomo della mia età non essere in grado di riuscire a contenersi.»
Come un film che non vorresti mai smettere di guardare, Livia reclina piano la testa all’indietro, abbassando le palpebre. Il richiamo candido del suo collo è troppo forte. Mi sporgo ancora un po’ e le imprimo sulla pelle un bacio per niente casto, umido, che mi permette di assaggiarla.
«La verità è che, incessantemente, oggi come da qualche giorno, nella mia testa vortica il pensiero di come sarebbe riuscire a farti aprire di più con me, scoprirti poco per volta. E non parlo solo del sesso, Livia, anche se quella sarebbe forse la parte più piacevole per entrambi.»
«Presuntuoso» sussurra piano, a occhi ancora chiusi.
Livia si irrigidisce, ma io le esploro le costole, appena sotto al cuore, scivolando poi con le dita verso il basso, fino all’ultima.
«Forse non è amore, ma sento che tra noi un vincolo, un legame, c’è. Ed è profondo, nonostante ti conosca poco e, soprattutto, da poco.»
In quella piccola insenatura ci premo le dita, le imprimo il mio essere, la mia volontà. Gli occhi tornano nei suoi.
«È qui che mi auguro di stare, prima o poi. Qui dove puoi sentirmi, nel bene e nel male, dove non puoi dimenticarti di me. Voglio essere tuo amico, Livia, ma è difficile penetrare la tua corazza. Fammi un po’ di spazio, non chiedo altro.»
Non so perché le ho detto questo, non so neppure se lo voglio davvero. So che oggi sono solo Jacopo e tutto ciò che desidero è stare con lei. Eppure, non riesco a non sentire male al cuore quando lei mi guarda e pronuncia la sentenza.
«Accomodati. Ma non devi mentirmi mai.»
«Non ci tengo a essere parte di te, Jacopo. Non voglio essere la costola di un’altra persona.»
Jacopo fa un passo in avanti e mi afferra la mano, portandosela sulla gabbia toracica. Trova lo spazio tra le ultime due costole e ci preme su con forza, tanto che quasi temo di fargli male.
«Non sei un’appendice del mio essere, Livia. Semmai è il contrario. Semmai sono io che non riesco a pensare di poter passare ancora un solo giorno senza di te. Qui» dice, premendo ancora di più e più fondo, «non c’è mai stato nessuno se non tu. Né Chiara né chi è venuto prima di lei. Qui, Livia, sei riuscita a penetrare solo tu.»
«Non te l’ho chiesto» replico con rabbia, tirando via la mano di scatto.
«Ma ormai ci sei, sei qui. Cosa facciamo?»
Classe 1988, è di origini campane, è giornalista pubblicista dal 2018. Autrice di romance contemporanei e storici, da novembre 2019 è l’editrice di Words Edizioni.
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