Lei non ha mai dimenticato il ragazzo introverso che le rubò il cuore. Lui non è mai riuscito a passare sopra alla sua prima cotta. È giunto il momento che Destiny prenda in mano la situazione.
Kyla Callaghan ha lasciato Destiny’s Cove per inseguire il suo sogno a New York, ma non ha mai smesso di pensare al ragazzo che al liceo le salvò la vita e le catturò segretamente il cuore. Quando, nove anni dopo, Kyla ritorna nella sua cittadina natale per una breve visita e lui la salva un’altra volta, non può fare a meno di chiedersi se, in fondo, la locale leggenda del fantasma combina-matrimoni non sia vera.
A causa di una presunta maledizione di pirati connessa alla propria famiglia, Caleb Morgan è stato un emarginato per tutta la vita. Sebbene abbia tentato di ricominciare lontano da Destiny’s Cove, il suo paese di provincia ha finito col richiamarlo a casa, e lui ormai si è rassegnato a vivere come un eremita con la sola compagnia del suo cane. Fino al giorno in cui la ragazza per cui aveva una cotta segreta ai tempi del liceo torna in città, e Caleb non può fare a meno di chiedersi se le cose non stiano per cambiare.
Quando i due iniziano finalmente a conoscersi, i loro sentimenti si fanno sempre più profondi. Troveranno un modo per far funzionare la loro storia una volta che la permanenza della ragazza sarà giunta alla fine, oppure il loro è destinato a non essere altro che un breve incontro con l’amore?
Questo è il secondo volume della trilogia romantica di Destiny’s Cove, ma è una novella autoconclusiva che può essere letta individualmente.
Livello di sensualità: dolcemente romantico.
Quando raggiunse il ruscello, il suo sguardo fu subito attirato su una donna che sbatteva forsennatamente le braccia, riuscendo a malapena a tenere la testa fuori dall’acqua. Si trattava forse di un qualche tipo di scherzo? Anche Orso era dentro il ruscello e nuotava verso la sponda trasportando sopra la testa quello che sembrava un cagnolino bianco. Da com’era inzuppato l’animale, con la pelliccia bianca appiccicata al minuscolo corpicino, avrebbe potuto benissimo trattarsi di un ratto.
«Aiuto!»
Il grido disperato riportò la sua attenzione sulla donna in acqua. Okay, quindi non era uno scherzo. Caleb brontolò mentre entrava nel ruscello: inzupparsi non era sulla sua lista di cose da fare quel giorno. Con due passi fu abbastanza vicino per afferrare la sconosciuta per le braccia e sollevarla. Solo che lei non capì il suo suggerimento di alzarsi in piedi e, invece, gli lanciò le braccia attorno al corpo, facendogli quasi perdere l’equilibrio. Lui grugnì e la prese in braccio per evitare di finire a gambe all’aria. Solo allora si rese conto che lei tremava come una foglia, e non poteva essere per via del freddo, dato che quel giorno dovevano esserci almeno trenta gradi. No, la donna era davvero terrorizzata. Lui si voltò per uscire dall’acqua, ma lei gli si aggrappò con tanta forza che quasi lo strangolò.
«No, aspetti! La mia cagnolina. Si è tuffata in acqua, devo salvarla!»
Caleb alzò gli occhi al cielo. «Si calmi. Il suo cane sta bene.»
La donna gli si divincolò tra le braccia e lui fu tentato di lasciarla cadere, prima che li facesse andare entrambi a fondo. «Non capisce! Stava annegando, e io mi sono dovuta tuffare e…» D’improvviso si bloccò, con la bocca spalancata. «Caleb Morgan?»
Lui aggrottò la fronte e la guardò bene per la prima volta. I lunghi capelli scuri erano appiccicati alla testa e le coprivano in parte una guancia ma, incrociando il suo sguardo, venne come colpito da un fulmine quando la riconobbe. Avrebbe riconosciuto quegli occhi azzurri ovunque.
«Kyla Callaghan.»
Il nome gli uscì dalle labbra in un sussurro, come se avesse paura che pronunciarlo ad alta voce l’avrebbe risvegliato dal sogno. La ragazza per la quale aveva avuto una cotta per quasi tutta la durata del liceo si trovava tra le sue braccia. Se avesse creduto alla stupida leggenda del fantasma combina-matrimoni che infestava la città, avrebbe probabilmente pensato che Destiny O’Hara avesse qualcosa a che fare con quell’incontro fortuito.
«Tuffy!»
Kyla uscì sulla sponda del ruscello e prese in braccio la sua piccola. Si era completamente dimenticata della sua cagnolina, mentre i ricordi degli anni del liceo le affollavano la mente. Era buffo che la prima persona che aveva incontrato appena ritornata a casa fosse il ragazzo per cui aveva avuto una cotta per tutto il penultimo e ultimo anno di liceo – quello che praticamente non aveva mai permesso a nessun altro uomo di reggere il confronto. Nessuno l’aveva mai fatta sentire – e, a quanto pareva, continuava a farla sentire – così scombussolata come Caleb Morgan a quei tempi. Ed era ancora più buffo che fosse stato lui a soccorrerla, come se non fosse stato abbastanza imbarazzante che l’avesse tirata fuori dall’acqua già una volta. Perlomeno allora si era trovata nelle acque profonde del Golfo, non in un ruscello di novanta centimetri. Doveva trovarla patetica.
A quel punto, l’enorme bestia che aveva causato tutto il trambusto le si avvicinò e lei fece un passo indietro, sventolando la mano di fronte a sé mentre teneva Batuffolina stretta al petto.
«Cane cattivo. Sciò, vai via. Sciò.»
Se Caleb non fosse stato lì, probabilmente si sarebbe girata sui tacchi e sarebbe tornata di corsa alla macchina più veloce che poteva. Ma voleva mantenere almeno un pizzico di dignità, così che lui non la ritenesse una totale imbranata. Il cane si avvicinò di un altro passo. Se avesse indietreggiato ancora, sarebbe ricaduta in acqua.
«Orso, seduto.»
L’animale si sedette immediatamente sul posteriore e inclinò la grossa testa di lato per fissare Caleb. A quel punto Kyla realizzò cosa stava succedendo e, se possibile, si sentì ancora più stupida.
«Quel cane è tuo?»
Lui annuì. «È grande e grosso, ma non farebbe male a una mosca.»
«Ma si è quasi mangiato la mia piccolina!» Forse avrebbe potuto usare un tono un po’ meno lagnoso, però non poteva farci niente: per lei la sua piccola era una di famiglia.
Caleb rise e si avvicinò al cane nero. Gli diede una pacca affettuosa sulla testa e l’animale scodinzolò felice. «Per essere precisi, ha salvato la tua piccolina e l’ha riportata sulla terraferma.»
«Ma… Ma…» Adesso si sentiva davvero un’idiota. Quindi fece ciò che aveva imparato a fare quando si sentiva in imbarazzo e la fiducia in sé stessa veniva meno: tirò fuori gli artigli. «Tuffy è caduta in acqua perché il tuo cane l’ha attaccata!»
«Tuffy? È così che si chiama?» La sua risata non fece altro che gettare benzina sulle emozioni confuse che Kyla provava in quel momento.
«Si chiama Batuffolina. E non lo trovo affatto divertente.» Lo fulminò con lo sguardo, stringendo più forte a sé la cagnolina. «E tu dovresti mettere una museruola al tuo cane o perlomeno tenerlo al guinzaglio, anziché lasciarlo libero di andarsene in giro.»
Lui sollevò una spalla. «Lo faccio, quando sono in paese. Ma non devo tenerlo al guinzaglio quando è a casa. Dopotutto, è un cane da guardia: il suo compito è tenere lontani gli intrusi.»
«Aspetta. Mi stai dicendo che questa è proprietà tua?»
Caleb annuì.
«Tutto questo è proprietà tua?» Sventolò la mano per includere tutti i campi e gli alberi circostanti.
Lui annuì di nuovo. Kyla si ricordò del cartello sulla recinzione e fece una smorfia.
«E io sto violando una proprietà privata.» Avrebbe voluto gettarsi nel fiume e morire. Sarebbe stato meno doloroso della sensazione di vergogna che le infiammò il viso.
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