Bella, ma stronza.
Se a un campione random di persone venisse chiesto di descrivere Santana, con tutta probabilità sarebbe questo l’unanime giudizio. Editor e ghostwriter per professione, con una vita sessuale altalenante nel tempo libero, Santana non ha di certo nulla a che vedere con Michael. Anzi, Luke. Forse Ryan. No, ecco… Brian! Insomma, col vicino nerd di undici anni più giovane, appassionato di D&D e Star Wars e, all’occorrenza, hacker, scassinatore e moonwalker professionista.
Eppure, complici una notte ad alto tasso alcolico, una delusione d’amore e un tappeto che ha decisamente visto troppo, Santana e Brian si ritroveranno a condividere più di quanto avrebbero voluto.
Dopo l'esordio da oltre 15.000 copie digitali con il chick lit "Che nessuno s'innamori", torna Paola Russo con questa commedia romantica e due protagonisti fuori dagli schemi.
«Che simpatica che sei. Perdonami, come hai detto che ti chiami?»
Non l’ho detto, cerbiatto nano, pensò, carica di odio. «Mi chiamo Santana.»
«Santana?»
«Sì, Santana.»
«Davvero?»
«Davvero.»
«Ma che nome…»
«…del cazzo» completò Santana.
«No, no» ribatté Lily agitando le mani per negare con forza. «Volevo dire interessante… originale.»
«Secondo me, invece» ribatté Santana, «è proprio un nome del cazzo. Ma tant’è.»
Quando sentì suonare il campanello di casa, Brian si staccò dalla tastiera del computer, domandandosi chi potesse mai essere a quell’ora. Quando fu Santana a comparirgli davanti agli occhi, sul suo viso si allargò all’istante un sorriso ebete.
Vestita di tutto punto, truccata e con i tacchi alti, era ancora più bella del solito. Non fece in tempo a dire una parola, che lei lo anticipò con una domanda secca e inaspettata: «Hai alcolici in casa?»
Preso alla sprovvista, balbettò: «S-sì. Ho delle lattine di birra e una bottiglia di vodka aperta da poco.»
«Cibo spazzatura?»
Il ragazzo la guardò disorientato.
«Cibi industriali dallo scarso valore nutrizionale, pieni di sale o zuccheri in quantità notoriamente nociva per la salute» spiegò lei ulteriormente. Vedendolo ancora smarrito, gli schioccò le dita davanti alla faccia. «Ryan, sto parlando di patatine, snack e dolci vari.»
«Sì, certo» si ridestò il ragazzo. «Quelli ci sono sempre nella mia dispensa.»
«Bene» commentò lei, senza scomporsi. «Tu, alcol e cibo spazzatura. A casa mia. Tra venti minuti» ordinò.
Santana gli salì a cavalcioni sullo stomaco, affondandogli un dito nel petto. «Non azzardarti a morire sul mio tappeto.»
Brian sorrise, con una smorfia che era un misto di dolore e divertimento. «Non mi permetterei mai.»
«Bravo.» E gli assestò un buffetto su una guancia. Da lì la sua attenzione si spostò sulla bocca ancora sorridente del ragazzo e con un dito provò ad abbassargli quella parte di labbro inferiore che gli impediva di sorridere completamente.
«È colpa di alcuni nervi morti» spiegò lui. «Sono nato così.»
Santana osservò quell’imperfezione con curiosità. Con lo stesso dito prese a percorrere le labbra dischiuse di Brian, sfiorandole con un tocco leggero.
«Mi piace il tuo sorriso» ammise senza interrompere l’esplorazione. «Ha un che di… sexy.» Posò poi il dorso della mano sulla guancia coperta dall’accenno di barba e l’accarezzò fino ad arrivare al mento, da cui poi risalì per incontrare di nuovo le labbra col pollice.
«Ma lo sai, Ryan detto Brian…»
«Brian detto Ryan» la corresse.
Santana lo ammonì con uno schiaffetto sulla guancia. «Non mi contraddire.»
«Nossignora» rise lui.
«Bravo» commentò lei compiaciuta. «Dicevo. Ma lo sai, Brian detto Ryan, che sei proprio carino?»
«E ora, con la benedizione dei Guardiani dell’Universo – la razza aliena che da miliardi di anni mantiene l’ordine nelle galassie – dichiaro il nostro accordo ufficialmente suggellato.»
«Siamo benedetti nientemeno che dai Guardiani dell’Universo» commentò Santana divertita.
«Già, nientemeno.»
«Non per mettere in dubbio l’autorevolezza di una razza aliena che da miliardi di anni mantiene l’ordine nelle galassie, ma non mi pare che stiano facendo un gran lavoro qui sulla Terra.»
Brian scrollò le spalle. «Non si impegnano molto con le razze votate all’autodistruzione.»
«Severi, ma giusti.»
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