Kane Monrell è la punta di Diamante dei RedBlacks, ha tutto ciò che si possa desiderare: fama, ricchezza e ragazze pronte a spogliarsi ad ogni suo schiocco di dita. Sembrerebbe tutto perfetto, se non fosse per lei, Joy Martinez, la ragazza che ha deciso di entrare in punta di piedi nella sua vita per sconvolgerla.
Lei, così:
Sensuale.
Imprevedibile.
Irraggiungibile, lo spingerà oltre a dei confini che non dovevano essere oltrepassati, intraprendendo così, un viaggio senza destinazione, dove basta un attimo, per perdersi per sempre.
«Sierra, portala via da qui!», ordino, senza neanche degnare di uno sguardo la mia amica.
«Come…»
«Hai sentito. Portala. Via. Da. Qui.», ripeto.
«E se non volessi andarmene?», è Joy a parlare, mi incanto a guardare come la sua bocca colorata di un rosso scarlatto si muove lentamente, mentre pronuncia quelle parole, o per lo meno credo che sia così.
«Va bene, come vuoi, ma poi non venirmi a dire che non ti avevo avvisato», la sua fronte, al pronunciare delle mie parole, si corruccia confusa. Mi chino il tanto che basta per afferrare le sue gambe e caricarmela in spalla come se non pesasse niente e senza il minimo sforzo.
«Mettimi giù, subito!», grida, le sue piccole mani battono prepotenti contro la mia schiena ancora nuda.
«Avresti dovuto ascoltarmi», le rammento e imbocco il corridoio semi buio verso l’uscita.
«Vuoi mettermi giù, dannazione!»
«Solo quando saremo lontani da qui», ed è quello che faccio non appena raggiungo il prato posteriore dell’edificio e la metto giù.
«Sei un pazzo!», inveisce con rabbia contro di me.
«Quello», indico l’ingresso di quel buco oltre le mie spalle, «non è un posto adatto a te».
«E tu cosa ne sai di me? Di quello che può o non può andar bene?», continua a urlarmi contro.
«Vuoi sapere come lo so?», con un passo annullo ogni possibile distanza, «perché mi basta guardarti negli occhi per capire tutto quello che cerchi di non mostrare».
A metà del secondo film inizio a sentire gli occhi pesanti, sto quasi per addormentarmi quando il mio cellulare mi avvisa dell’arrivo di un messaggio.
Le mani prendono a tremare, nessuno ha il mio numero.
«Tutto bene?», mi chiede Khloe.
«S…sì», pesco il cellulare dalla borsa, il numero in evidenza sul display non lo conosco, apro la chat e leggo il messaggio:
Ho risolto la situazione per la tua finta occupazione alla Cooper & Associati.
Non riesco a crederci, è Kane; mi allontano dalle altre, mi dirigo verso il piccolo terrazzo della cucina e mi siedo su una delle sedie in ferro battuto.
Joy: Come hai avuto il mio numero?
Kane: Semplice, me lo sono preso, come ogni cosa che voglio.
Joy: Hai frugato tra le mie cose?
Kane: Sì e lo rifarei.
Joy: Sei uno stronzo!
Kane: Lo so, buona notte.
Fisso quella stupida faccina sorridente che mi strizza l’occhio alla fine del messaggio e inizio a pensare a cosa mi dovrò inventare, quando getterò via anche questo numero e lui mi chiederà perché non rispondo ai suoi messaggi.
«Verrò con te al ballo, ma poi non ti dovrò più niente. In fin dei conti, il tuo invito, era solo un favore o sbaglio?»
Il suo sguardo precipita su di me con un'intensità tale da farmi stringere nelle spalle; abbozza un sorriso sbieco che gli crea una leggera fossetta all’angolo destro della bocca che non avevo mai notato prima d’ora, poi, fa un passo verso di me, un altro e un altro ancora, fino a ritrovarci a un respiro di distanza.
«Sbagli», mormora, avviandomi una ciocca di capelli dietro l’orecchio, «vuoi sapere su cosa?»
«Sì», la voce prende a tremare.
«Sul fatto che non mi dovrai più niente», la sua voce bassa e roca mi cosparge di tanti piccoli brividi lungo la spina dorsale.
«Cosa…cosa vuoi dire?», trovo il coraggio di chiedergli.
Kane si protrae verso di me, la sua guancia a sfiorare la mia, «che mi darai tutto quello che vorrò e ciò che voglio sei tu. A domani».
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