Respiro Readings
vi segnaliamo la nuova uscita
edita Royal Books Edizioni del prossimo nuovo romanzo
dell'autrice Margherita Fray.
TITOLO: Pâtisserie Française. Macarons in cerca d'amore
AUTRICE: Margherita Fray
CASA EDITRICE: Royal Books Edizioni
GENERE: Chick Lit
PREZZO EBOOK: 2.99
DATA USCITA PREORDER: 17 Aprile 2020
DATA USCITA UFFICIALE: 21 Aprile 2020
Veronica,
una venticinquenne romana, si presenta a un colloquio alla Pâtisserie
Française. Ed è proprio lì che si imbatte in Pierre Mureau,
l’affascinante quanto arrogante, capo pasticcere della
pasticceria. Molto francese, molto bello, perfezionista fino
alla psicosi. Trova offensivo e riprovevole circa il 90% di quello
che fa Veronica. Il suo primo incontro con Pierre non è dei più
allegri. Dire che lui la consideri una buona a nulla è riduttivo. Di
tutt’altro avviso è Eleonora, la proprietaria della pasticceria,
che al contrario del capo pasticcere, è propensa a darle
un’opportunità. Quello che all’inizio sembrerà il giusto mix
per un disastro, riesce lentamente a diventare altro: Veronica
conoscerà lati piacevoli di Pierre che non avrebbe mai immaginato...
finché non scoprirà che anche l’irreprensibile Mureau ha dei
segreti piuttosto ingombranti.
Sullo sfondo di una Roma torrida e
asfissiante, Veronica conosce una versione più matura e adulta di
sé, e impara cosa sono l'amicizia e l’amore.
«Quanti macarons hai fatto nella tua vita?» domanda, osservandomi
mentre sollevo una metà di biscotto e la studio: sono davvero molto
belli, lucidissimi, regolari e con il bordino intorno.
Non ne ho fatti molti. Ovviamente ci ho provato e ammetto che erano
venuti piuttosto carini e buoni per essere la prima volta, però
sicuramente non erano come questi.
La risposta sarebbe “Non abbastanza”, ma mi mantengo vaga con un:
«Non li ho contati…» Deglutisco e gli lancio un’occhiata
inquieta: Mureau mi sta fissando in attesa che sia più sincera.
«Alcuni» butto lì con nonchalance.
Lui mi osserva ancora, mi soppesa, per alcuni secondi gli unici
rumori del laboratorio sono il ticchettio del timer-gallina e il
raschiare della sua frusta sul fondo della pentola. Alla fine
sospira, più arreso che arrabbiato. «Non so pas perché ti
chiedo le cose» spiega.
Continua a mescolare e fissarmi, e io mi sento una ragazzina in
attesa della punizione dopo una marachella. La situazione rischia di
diventare decisamente più “Cinquanta sfumature di grigio” del
voluto.
Sollevo un indice e senza aspettare il suo permesso dico: «Quello di
Eleonora è l’unico contratto che firmerò.»
«Eh?» ribatte con una smorfia.
Scuoto la testa invitandolo a lasciar correre e continuare.
«Bien, dicevo. Non mi fido pas a lasciarti la mia
crema» spiega tornando al fulcro della situazione. «Quindi prendine
uno e fammi vedere.»
Sbuffo, ma faccio come dice: prendo metà macaron giallo, poi osservo
tre sac à poche già riempite di creme. Ho paura di prendere la
crema alla vaniglia invece di quella al limone: ne farebbe un caso di
stato.
Mureau continua a fissarmi.
«Potresti aiutarmi» gli faccio notare senza guardarlo.
«Quella alla tua sinistra» si arrende a spiegarmi, mentre alza gli
occhi al cielo esasperato. «Bastava che le annusassi. Una bambina di
sette anni sarebbe più sveglia di te.»
«Un giorno saremo amici. Quel giorno mi spiegherai il perché di
tutta quest’aggressività» prevedo poi recupero la sac à poche
che mi ha indicato e faccio per spremere.
«Pensi di riuscire a mettere lo stesso quantitativo di crema in
ognuno» mi interrompe proprio quando sono pronta. Non è una
domanda, né un’affermazione. Nel dubbio annuisco.
«Non ci credo pas.»
«Conto» cerco di tranquillizzarlo.
«Conti?»
«Sì, conto» gli lancio un’occhiata. «Uno, due, stop.»
«Non far durare troppo l’uno» mi avverte.
Lo fisso immobile, ancora con lo stesso, disperato quanto me, mezzo
macaron in una mano e la sac à poche nell’altra. «Come fa a
durare troppo “uno”? È uno.»
«Prova a fare un, due.»
Il mio inconscio osserva il livello di frustrazione salire su, e
ancora più su, fino a toccare le stelle. È quasi poetico.
Mi volto per dargli le spalle e mettere fine a quest’insostenibile
conversazione. Lo sento borbottare quella che ha tutta l’aria di
essere un’imprecazione in francese.
Provo la sac à poche sul dorso della mano, giusto per rendermi conto
di quanto sia fluida la crema e quanta ne esca, prima di avvicinare
il beccuccio al biscotto. Farcisco come ritengo opportuno,
infischiandomene di quello che ne pensa Mureau, poi recupero l’altra
metà e compongo questo povero macaron, rimasto solo troppo a lungo.
Mi volto e gli sbatto contro, sorprendendolo praticamente addosso a
me, in punta di piedi, nell’evidente tentativo di sbirciare quello
che stavo e sto ancora facendo. Lo spingo via arrossendo.
«Sei infantile, Mureau» lo rimprovero.
«Come ti pare. Fa vedere.»
Glielo mostro.
Si china e lo osserva come se potesse dedurne la composizione
molecolare da uno sguardo. «Mh» dice infine.
Io sorrido furba: è il “mh” numero uno, quello che significa può
andare.
«Quanto hai contato?» mi chiede sollevando lo sguardo su di me.
Assottiglio lo sguardo. «Non te lo dico.»
Sbuffa.
Circa un’ora dopo tutti gli ottanta macarons hanno trovato la loro
anima gemella e se ne stanno tranquilli a godersi la vita coniugale
in una scatola verde, immersi nella carta velina rosa. Una confezione
molto di classe.
Mi fermo a studiarli prima di mettere il coperchio e Mureau mi si
affianca per fare lo stesso: siamo gomito a gomito, in contemplazione
dei macarons.
«Molto meglio di quanto temessi» osserva.
Gli lancio un’occhiata divertita. «Puoi anche dirlo, che sono
stata brava.»
Ride e ricambia il mio sguardo. «Vuoi davvero che li giudichi?»
domanda a voce bassa.
Lo trovo imprevedibilmente intimo, soli a parlottare vicini, mentre
intorno a noi ci sono dieci milioni di gradi. Forse è per questo che
sento tanto caldo.
«Sarai spietato?» domando mimando timore. I miei dolcetti sono
piccoli e sensibili, potrebbero non sopportare un giudizio troppo
amaro.
Si sbilancia verso di me spingendomi delicatamente. «Proverò a non
esserlo troppo» promette.
Mi mordicchio le labbra da un lato, mentre annuisco incerta.
Lui si china sul cofanetto con attenzione e li fissa uno per uno,
mentre continua a battersi delicatamente la punta del naso con
l’indice. Lo ammetto, è un tic da concentrazione adorabile.
«Questo» inizia indicandone uno. «Questo e questo sono più pieni
degli altri.»
Ha appena detto che sono grassi?
«Anche questo e questo. Qui – prosegue indicandone tre vicini –
hai spinto troppo quando li hai accoppiati e si sono rovinati...» Si
sofferma su uno e lo giudica colpevole. «Questo è storto.»
Lo fisso serissima. «Lo hai fatto piangere» dichiaro.
«Una prova discreta» conclude con un sorriso.
«Nove su ottanta non puoi definirla solo discreta» mi lamento.
Si stringe nelle spalle. «L’ho appena fatto» dice tornando a
guarnire crostatine.
Gli faccio la linguaccia quando non guarda.
«Ti ho vista» mi avverte. «Va’ a chiamare Eleonora e dille che è
tutto pronto.»
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