Daniel si volta, dandomi le spalle, e fa per andare via.
«Dove pensi di andare?» urlo con le braccia incrociate al petto.
Si ferma, mi guarda e alza le spalle. «Ad ammazzare mia sorella!».
Sollevo le sopracciglia e lo guardo riottosa. La punta delle scarpe che picchietta sul terriccio disomogeneo.
Non starà mica dicendo sul serio?
«Non guardarmi in quel modo, Aurora. Non resto un secondo di più» stabilisce pronunciando il mio nome con quel tono che anche non volendo porta brividi ad attraversare la mia colonna vertebrale,
percorrere ogni costola e terminare alla base del collo. «Ci manca solo che oltre al divorzio tu mi chieda un’ordinanza restrittiva».
«Quanto sei melodrammatico» constato roteando gli occhi.
Il piacere di essere qui con lui, è praticamente lo stesso, ossia inesistente.
«Sono la prima a non voler respirare un minuto di più la tua stessa aria, ma ho bisogno di fare questo fottuto sopralluogo alla baita» sbraito,
«quindi potresti gentilmente farmi gli onori di casa?».
«Neanche morto!» sentenzia irremovibile.
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