Respiro Readers
vi segnaliamo il romanzo
dell'autore italiano Alessandro Del Gaudio.
TITOLO: Anello d'ombra
AUTORE: Alessandro Del Gaudio
CASA EDITRICE: Il Foglio Edizioni
SERIE: La stirpe di un supereroe #3
GENERE: Fantasy
PAGINE: 360
PREZZO CARTACEO: 12.75
DATA USCITA: 4 Novembre 2019
Arsian, l'eroe proveniente dall'Anello che il mondo ha imparato a conoscere come Metallo d'Ombra, è un uomo di quarant'anni che deve confrontarsi con il difficile ruolo di padre. Lo abbiamo lasciato mentre confessa a Betty la sua identità segreta e lo ritroviamo con due figli, Astrea e Arno, fratelli gemelli eppure profondamente diversi. Ma il passato bussa alla porta del paladino di Big City presentandogli un conto salato: il Re Eterno sarebbe intenzionato a dichiarare guerra al mondo di superficie e a conquistare il pianeta. È forse per questa ragione che i fratelli di Arsian sono giunti fino a Big City? Per avvertirlo del pericolo? Oppure il conflitto tra l'Anello e la Terra nasconde una minaccia ben più terribile legata ad un'antica leggenda, che affonda le radici in un passato lontano, ai tempi in cui nacque il mondo stesso. Con "Anello d'Ombra" si chiude la trilogia de "L'Ombra di Big City", i cui primi due volumi "Metallo d'Ombra" (2012) e "Lacrima d'Ombra" (2014) sono sempre editi da Il Foglio.
Per fortuna un ometto sulla cinquantina vestito con frac e
cilindro, dall’aria buffa e dal portamento goffo fece il suo ingresso in sala, attirando l’attenzione dei commensali. Eseguì
alcuni banali giochi di prestigio come quello di estrarre dei
fazzoletti da una bocca o una colomba dal cilindro, fino all’immancabile numero della moneta scomparsa. Sorridevo al pensiero di avere probabilmente di fronte il più scarso tra i prestigiatori in circolazione, domandandomi come avesse fatto a finire in un posto tanto raffinato, dove certamente badano anche
al livello degli intrattenitori. Eppure il pubblico sembrava gradire, rispondendo con esagerato calore alla sua mediocre performance. Al termine dello spettacolino l’ometto scomparve e
di lui – per fortuna – si perse ogni traccia. Subito dopo i camerieri ci portarono le nostre ordinazioni, presentate nel piatto
con curiosa creatività. Io, per esempio, avevo ordinato del pollo e delle cosce guarnite di miele erano state disposte a raggiera come a formare i petali di un fiore. Oltre a essere bello da
vedere, quella portata era davvero prelibata e una volta terminata ne ordinai un’altra. Betty e i ragazzi mi imitarono subito
dopo.
Lasciammo il ristorante che era mezzanotte passata. Eravamo spensierati e per la prima volta da tanto tempo mi sentii
sereno.
Sul tragitto verso casa mi soffermai a guardare la mia città,
febbrile come in pieno giorno, con occhi nuovi, come sa tra me
e lei fosse scoppiata una nuova passione.
C’era molto traffico, gli occhi erano stanchi e le luci della
sera erano accecanti. Forse fu per questo che non seppi dire
esattamente cosa o chi attraversò la strada. Per evitarlo sterzai
e invasi la corsia opposta.
Nella mia direzione viaggiava un tir che non avrebbe fatto
in tempo a evitarmi. Eravamo spacciati.
Ma qualcosa sollevò la macchina e, ancora pietrificati dallo
spavento, ci ritrovammo nel parcheggio vicino a casa.
Impiegammo un poco a rendercene conto.
Come eravamo giunti in un battito di ciglia a dieci chilometri dal punto in cui stavamo per essere coinvolti in un incidente mortale?
“Che diavolo è successo?”, esclamai con le gambe che mi
tremavano. Avevo ancora le mani arpionate al volante e non
riuscivo a convincere i muscoli a muoversi.
Betty e Arno erano ammutoliti e pallidi come cadaveri.
“Papà”, mormorò Astrea con voce stentata e gli occhi sbarrati. “Papà, credo di essere stata io”.
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