domenica 2 settembre 2018

Segnalazione Romanzo - RADICI D'INFANZIA, ALI DI VITA di Mirca Ferri









Respiro Readers

vi segnalo il romanzo autobiografico

dell'autrice italiana Mirca Ferri.









TITOLO: Radici d'infanzia, ali di vita

AUTRICE: Mirca Ferri

GENERE: Autobiografico

CASA EDITRICE: Edizioni Eracle






Questo libro parla di un luogo speciale dove ho trascorso la mia infanzia e dove, da giovane, ho mosso i primi passi lavorativi.
Le vicende narrate al’ interno di esso sono tutte realmente avvenute e di talune, ancora oggi, non si hanno delle vere risposte.
E’ un luogo antico che porta dentro se stesso misteri, magia e figure leggendarie che prendono vita, alimentando la fantasia e talvolta la paura di chi vi ha vissuto.
E’ la storia di diverse realtà familiari, del mutamento di un Paese in perpetuo evolversi che si scontrava con le lotte per i diritti civili dei più deboli e le rigide regole contadine che vigevano allora.
Nel mezzo di tutto ciò , in questo contesto bucolico e rurale, vi era un gruppo di ragazzi che con la loro complicità e le loro avventure hanno saputo abbattere ogni barriera sociale, consolidando nell’amicizia il più onorevole dei valori.







CAPITOLO 3

Il nostro villaggio

Durante il periodo estivo avevamo la possibilità di stare tutti insieme fin dal mattino permettendo alla nostra creatività di espandersi. Negli anni ’80 la televisione trasmetteva programmi per bambini soltanto al pomeriggio quindi trascorrevamo la maggior parte del tempo sempre fuori casa.
In Azienda vi era una zona precisa, subito a ridosso dell’ uscita posteriore del mulino, adibita allo stoccaggio di rottami. Mio padre era un fanatico della ricerca di oggetti che ritenesse utili durante le aste fallimentari. Comprava interi lotti di materiale, anche se spesso la maggior parte di questo veniva poi lasciato nella zona di cui sopra, in attesa di un suo nuovo, possibile, uso.
Ripensandoci adesso trovo poetico immaginare che un oggetto non nasca con una sola finalità di utilizzo, ma che quand’essa diventi obsoleta, gli sia offerta 
l’ opportunità di trasformarsi e rinascere a nuova vita , nuovo uso e nuovo consumo.

Noi ragazze rispetto ai maschi, avevamo più fantasia e le iniziative di gioco e divertimento iniziavano sempre da una nostra idea; quell’estate sentivamo il desiderio di crearci un nostro rifugio dove poterci raccontare i pettegolezzi giocare a carte e bere di nascosto la Coca cola.
Trovammo l’edifico apposito per il nostro scopo proprio nella zona dei rottami, sulla parte destra.
Era un pezzo di lamiera metallica che fu probabilmente la base di un vecchio silos, con due aperture grandi ai lati e due rotonde più piccole. Non aveva il tetto, e questo permetteva sia l’ingresso della luce che dell’aria.
Era color rosso mattone, o meglio era completamente arrugginito ma a noi piacque subito. Per renderlo esteticamente gradevole avevamo appeso delle tendine bianche con fiori azzurri a quelle che definivamo le finestre ( cioè i fori del silos) e per rendere più comodo il nostro soggiorno all’interno di esso avevamo portato dei piccoli sgabelli per sederci.
Passavamo ore a sistemarla, decorarla e pulirla .
Con un paio di pallet di legno avevamo realizzato il tavolo e ogni giorno mettevamo dei fiorellini nel vaso che stava al centro di esso.
Essendo così indaffarate nel nostro proposito, ignorammo per giorni il resto del gruppo composto per lo più dai ragazzi. Tra di loro la maggior parte erano filarini , come si diceva allora, di mia sorella e della nostra amica più grande, perciò iniziarono a seguire i nostri vari spostamenti perché non accettavano di sentirsi esclusi.
I rottami erano una zona pericolosa data l’ elevata presenza di oggetti di varia natura, per cui avevamo cercato di non farci scoprire dai nostri genitori per timore che ci impedissero di andarvi. Escogitavamo dei veri e propri percorsi alternativi per raggiungerlo, spesso allungando il tragitto, attraversando la zona degli orti, nascondendoci appena avvertivamo un rumore sospetto ma era fondamentale essere il più discrete possibile.
I ragazzi lo sapevano e con questa scusa cercarono di convincerci ad ospitare anche loro nel nostro rifugio. Ma la grandezza del silos era limitata ed era impossibile star dentro tutti quanti assieme, così i ragazzi, piuttosto risentiti, decisero che avrebbero scelto un loro rifugio, sempre nei rottami.
Nacque così il nostro villaggio immaginario : noi ragazze eravamo nella casetta rossa con le tendine , i ragazzi avevano ricavato una specie di condominio , a forma piramidale, di colore verde , con tantissimi fori rotondi abbastanza larghi da poterci infilare la testa e vedere fuori. Loro non avevano pensato ad arredarla, l’ importante era giocare tutti insieme e ogni scusa era buona per andare gli uni dagli altri. I maschi avevano la tendenza a stuzzicarsi vicendevolmente, quindi spesso assistevamo al trasloco di uno o dell’ altro membro, che si cercava 
un altro rottame – rifugio tutto per sé.
Gli screzi tra di loro erano divertenti per tutti e non impedivano comunque la collaborazione reciproca fra noi.
Allestimmo un ristorante sito subito all’ ingresso del villaggio e persino un cinema. Tra i vari resti, infatti, ci capitarono tra le mani anche delle vecchie poltroncine pieghevoli , imbottite e foderate. Le sistemammo in fila orizzontale , proprio come nelle platee dei cinema di sala .
Facevamo merenda nel nostro villaggio, fingevamo di prenotare un tavolo al ristorante e di andare a vedere un film. I ragazzi invitavano noi ragazze ad uscire bussando alla porta della nostra casetta rossa ed insieme si andava a giocare.

Vivevamo in una realtà parallela , stabilendo una tappa fondamentale del percorso pedagogico dei bambini: il gioco della finzione e apprendemmo quanto la collaborazione, piuttosto che i conflitti o la gelosia, contribuisse a rendere il gioco più divertente e stimolante. 
Ricordo ad esempio che una notte venne un grande temporale: la mattina seguente ci recammo subito a controllare i danni che la pioggia poteva aver provocato nel nostro villaggio e la nostra casetta rossa, non avendo il tetto, era completamente allagata. I ragazzi ci aiutarono non solo a sistemarla ma soprattutto a cercare qualcosa che potesse farle da riparo, quindi ognuno di noi perquisì la zona per trovare l’oggetto più adatto allo scopo ed infine recuperammo una resina ondulata che la coprì quasi definitivamente.
Il villaggio è rimasto in vita per oltre un mese, arricchendo la nostra infanzia con questa esperienza che si potrebbe definire una sorta di teatro vivente.
Da un giorno all’altro però, le nostre case sparirono: quando il quantitativo di rottami diveniva troppo voluminoso, i miei genitori avvertivano il rottamaio di fiducia che con il suo camion “ a ragno “ ( cioè dotato di pinza per sollevare il materiale ) portava via quelli considerati inutili. Purtroppo tra essi c’ erano i nostri rifugi e con la loro dipartita e l’ imminente inizio della scuola, il villaggio scomparve con loro.
Quando ,come ora che scrivo, ripenso alla sensazione di vuoto e desolazione che provai allora nel non vedere più la casetta rossa, il cinema, il condominio e tutto il resto, senza essere neanche stati preventivamente avvertiti, riemerge dentro di me una sensazione di grande malinconia.
Una parte di me è rimasta a lungo arrabbiata con i miei genitori, non tanto o non solo, per avercelo portata via ,ma soprattutto per non averci dato la possibilità di salutarlo, questo nostro villaggio che seppur precario e certamente pericoloso, era stato fautore di entusiasmo, inventiva e collettività.
Forse avremmo fatto una festa per dirgli addio, forse avremmo solo pianto un giorno in più o ci saremmo fortemente adirati con i grandi, non lo sapremo mai.
Era come se ci avessero svegliati da un lungo sonno, privati di tutti i gli sforzi fatti durante quel periodo e disperso ogni traccia di ciò che vi avevamo costruito.
Il gioco della finzione era terminato con un gelido bagno di realtà .
Onestamente so che fu un’esperienza straordinaria, a tratti onirica , che confermò come il nostro gruppo sapesse trasformare persino un rottame in un sogno.




1 commento:

  1. Mi chiamo Barbara ho acquistato il libro su www.ibs.it ed oggi ho notato che è disponibile i brevissimi tempi anche su www.amazon.it
    Conosco personalmente l'autrice e capitava che talvolta ci raccontasse alcune sue avventure " in Azienda " come la definiva lei. Sono felice che abbia deciso di farne un libro, è piacevole, divertente, un po' melò e straziante alla fine ma con un velo di speranza ( le ali di vita ).Spero di avere presto l'occasione di rivederti <Mirca per un autografo e chissà magari un nuovo libro. Brava! E' sempre stata la tua strada

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