lunedì 2 settembre 2019

Segnalazione Romanzo - DENTRO L'ANIMA di Ida Daneri









Respiro Readers

vi segnaliamo il nuovo romanzo

dell'autrice italiana Ida Daneri.










TITOLO: Dentro l'anima

AUTRICE: Ida Daneri

CASA EDITRICE: Leonida Edizioni

GENERE: Fantasy

PAGINE: 272

PREZZO CARTACEO: 14.00

DATA USCITA: 30 Aprile 2019






Un lungo, pericoloso e intenso viaggio in un luogo singolare, ma anche in profondità dentro l’anima alla ricerca della propria vera essenza, nel superamento di un passato dall'eredità pesante per costruire un futuro che non sembra più esistere.
L'ambientazione è fantasy: una valle incantata celata nelle pieghe del tempo e dello spazio da una potente magia che affonda le proprie radici nella filosofia, dove pensieri e ricordi sono il filo conduttore.
Il giovane stregone, Xeymus O'Moore, dovrà trovare la fiducia in se stesso; comprendere il sentiero di predizione delle rune e ricongiungere l'anima; accettare il perdono e abbandonarsi all'amore; e sconfiggere infine l'oscurità sfidando con coraggio e dolore mille pericoli.
E' una storia d'amore e d'avventura, alla ricerca del proprio vero io; la lotta tra maghi, stregoni, esseri umani generosi e spiriti malvagi, lo scontro feroce tra luce e oscurità per la sopravvivenza; la ricerca del perdono per le proprie colpe e l'anelito verso l'amore, nella riscoperta della propria luce e valore.
E' la battaglia disperata dell'Anima Oscura per raggiungere la propria integrità a scapito di ogni essere vivente; è la difesa coraggiosa di chi ha imparato di nuovo a credere in se stesso, in un crescendo di incantesimi sempre più potenti, eredità incisa con le rune nel leggendario libro di un potente stregone che, per amore, ha saputo scindere anche l'anima.










Estratto capitolo 14: L'incantesimo dell'anima.
Forse era venuto il momento di credere in se stesso.
La strega gli toccò una mano per attirare la sua attenzione indicando le due pietre con le rune: Gebo e Algiz.
Con dita esitanti, il mago afferrò Algiz e la depose sul fondo del bacile che riempì con il restante infuso di artemisia e Hyssopus officinalis: nessuna certezza, ancora, esisteva per lui sulla purezza della propria anima lacerata dagli assassini di gioventù.
Con la punta delle dita sfiorò il liquido purificante e si riflesse sulla superficie tremolante illuminata dalla luna appena sorta; quando le piccole onde concentriche si esaurirono, un volto pallido, dagli ardenti occhi neri, si ricompose e lo fissò immobile, la tensione palpabile nei lineamenti spigolosi.
Era infine giunto il momento di mettere a nudo la propria anima.
Puntò la bacchetta al petto, sul cuore, e fece un lungo e intenso respiro; poi, quasi trascinasse un filo invisibile, portò la punta alla fronte, che percorse con lentezza da una tempia fino all’altra, per tornare infine in mezzo agli occhi, alla radice del naso, emettendo un nuovo, profondo respiro mentre fissava la notte davanti a sé.
Gli occhi neri di Xeymus rimasero sbarrati per un istante interminabile, senza neppure un battito di ciglia; quindi mosse la bacchetta, la punta rivolta in alto, e la fece roteare veloce nell’aria creando un vortice dal quale cominciarono a emergere immagini confuse e sfocate.
Nimue lo fissava affascinata, gli occhi spalancati, mentre la vita del mago aleggiava leggera: un intenso riverbero iridescente colmo di speranza, illusione, emozione, sentimento, disillusione, errore, colpa, pentimento, dolore, disperazione, rimorso, rimpianto, riscatto, redenzione, solitudine, dovere e sofferenza. Un’infinita, inesorabile, implacabile sofferenza che gli aveva bruciato anima e cuore per anni. Le immagini composero un nastro dai mille tenui colori, intervallati da chiazze scure: vorticò nello spazio formando una spirale e poi s’immerse lento nel bacile, dove Xeymus stava riversando tutta la sua vita, la vera essenza di sé, la sua intera anima.
Le immagini evanescenti scorrevano davanti agli occhi sbarrati del mago divenendo reali: riviveva e di nuovo soffriva. Le infantili speranze destinate a infrangersi sulle sue scelte; il rifiuto impaurito dei genitori, l’allontanamento della vergogna e l’emarginazione; le dolci illusioni naufragate sugli scogli aguzzi degli sbagli; le forti emozioni e i delicati sentimenti d’amore che aveva dovuto rinchiudere dentro di sé, seppellendoli nel profondo del cuore, incatenandoli sotto una spessa coltre di ghiaccio. Poi, solo il vortice dell’abisso infernale del Dominio che lo risucchiava, pulsando immondo all’interno del polso, e lampi di disperazione che uccidevano l’amore e il futuro. Xeymus gemette e il suo corpo ondeggiò: aveva gli occhi serrati stretti, l’affanno a distorcere i lineamenti dipinti di un pallore mortale. «Xeymus!»
Poi l’espressione del mago mutò: si fece seria e dura, segnata dal peso di un enorme travaglio che, in una sola notte, l’aveva reso uomo, completamente diverso dal ragazzo orgoglioso e ambizioso che era stato un tempo.
Nimue gridò spaventata; Ravi si alzò di scatto e corse a sostenerlo, le mani strette attorno alle sue spalle e il corpo minuto di ragazzo a sorreggere quello genuflesso del mago che tremava visibilmente. Erano gli anni del Dominio e della colpa, delle mani macchiate di sangue innocente, della depravazione e della perdita di umanità. Poi fu la luce azzurra di un sorriso, la comprensione e l’affidamento di un nuovo padre che esigeva il sacrificio; infine la notte dell’errore e dell’inganno, la morte a distruggere la sua realtà e dolore, dolore, straziante dolore e angoscia senza fine. Il mago singhiozzò senza controllo e lacrime silenziose sgorgarono dagli occhi neri schiariti dalla luna: era imprigionato nella tormentata disperazione del passato, di nuovo vera e reale. Ancora il cuore si frantumò in miliardi di frammenti taglienti, che squarciavano la sua povera anima colpevole, sommersa e affogata nel rimorso e nel rimpianto. Aveva perso tutto.
Xeymus trasse un lungo sospiro e un lamento sfuggì dalle labbra sottili, le guance bagnate dalle lacrime piante sulla propria vita che adesso era lì, confinata nelle immagini caledeoscopiche che vorticavano nel bacile: l’essenza di se stesso e delle sue colpe, ma anche del suo coraggio e della rinascita.
Gli era rimasta solo la sua anima impaurita e tremante, a brandelli, lacerata da colpe orribili. Gli occhi neri e profondi, che si erano affacciati sull’abisso più efferato, s’illuminarono della luce del dovere, guida severa sulla lunga e faticosa via verso la liberazione, l’espiazione e la redenzione. S’inerpicò con fatica per lo scosceso e solitario sentiero del riscatto, accompagnato dalla più tormentosa sofferenza, finché il padre pretese il suo martirio di orrendo carnefice. Fu la notte dell’estremo sacrificio di sé: la sua anima si era ritrovata a un soffio dalla fine, e aveva invece rivisto la libertà e la salvezza, scevra da ogni residuo di Dominio; era di nuovo integra, ricucita dalla profonda pena inflitta da un rimorso implacabile, che per anni non lo aveva mai lasciato per un solo istante. Respirò a fatica, guardando l’espressione sconvolta di Nimue, mentre Ravi con discrezione si allontanava. Infine, abbassò gli occhi sulla consistenza opalescente della propria anima e prese adagio la runa Gebo, la pietra in cui era intrappolata l’anima della strega: la sollevò davanti a sé incrociandone lo sguardo teso. Era il momento cruciale. Quello in cui avrebbe scoperto la verità su se stesso. E su Nimue. Avvicinò la pietra alla superficie del bacile, soffice nebbia dai riflessi cangianti illuminati dalla luna, e lentamente aprì la mano lasciandola scivolare, trattenendo il fiato mentre s’inabissava piano.
Anche se era l’uomo che la strega amava.
Afferrò quindi con decisione le mani della strega, intrecciando le dita con le sue: anche le loro anime si sarebbero congiunte nello stesso modo? La sua anima era abbastanza pura da trarre con sé quella di Nimue, liberarla e restituirla alla strega? Le mani della donna tremarono e per un momento gli sembrò che cercasse di sottrarsi alla stretta: Xeymus le serrò ancor più forte mentre la perenne luna piena brillava fiera sopra di loro, nel cielo nero orfano di stelle. Il mago cominciò a pronunciare l’antica formula: un complesso incanto, arcani suoni che sembrarono musica sulle sue labbra, carezzati dalla voce profonda e colma d’emozione. Per un lungo istante non accadde nulla: i loro occhi rimasero incatenati, accogliente cielo e abisso notturno che si congiungevano e confondevano. Poi una grande e densa nuvola di fumo nero uscì dal bacile e li avvolse, rendendoli invisibili a Ravi che si alzò di scatto, il cuore che gli scoppiava in petto. Cercò di avvicinarsi a Nimue, ma l’involucro di nebbia nera si dimostrò barriera più solida del marmo, insuperabile senza magia: fu costretto a fermarsi, impotente, senza sapere ciò che stava avvenendo davanti ai suoi occhi spaventati e ciechi. Arretrò di qualche passo e si accoccolò nell’erba sui talloni, pronto a schizzare in piedi: non poteva far altro che continuare ad avere ostinatamente fiducia nel professore, l’unico che poteva salvare Nimue.
Nimue sorrise, felice e sicura, e si affidò al suo salvatore, all’uomo che amava da sempre. Sorrise e gli permise di entrare in sé, di congiungersi con la propria anima che lo attendeva trepidante e piena d’amore.
Quando la nube oscura li avviluppò, Xeymus sentì la strega sfuggirgli, come se una barriera potente si fosse frapposta impedendo alla sua anima di congiungersi con quella di Nimue. Strinse forte le piccole mani che cercavano di sottrarsi alla sua presa, maledicendosi per ogni scelta sbagliata, per tutte le colpe che gli avevano indelebilmente macchiato l’anima e che ora non gli permettevano di liberare quella della strega che, all’improvviso, percepiva essere limpida e pura. Nell’istante in cui la caligine nera emerse dal bacile, Nimue si sentì perduta. Era la stessa, orribile sensazione di cecità provata quando l’Ombra l’aveva catturata, una settimana prima. Cercò di combattere, di allontanarla con tutte le forze, di fuggire disperata mente, ma l’Ombra le strinse le mani, le serrò le dita in una ferrea morsa, dolorosa e invincibile, da cui non riuscì a liberarsi. Un’angoscia tremenda la assalì: aveva forse trascinato Xeymus alla perdizione, condannando anche lui all’orrenda prigionia dell’Ombra? Poi, nel buio le parve si accendessero le stelle, quelle che da settimane erano scomparse. Sbatté forte le palpebre, più volte, turbata e sorpresa. E infine comprese.
Il volto di Xeymus emerse dalla caligine, diafano nella purezza del suo intenso pallore, gli occhi scintillanti come neri cristalli nel limpido riflesso lunare. Erano sue le mani che la trattenevano, era la volontà del mago che diradava l’ombra, era la sua anima pura che la cercava per liberarla.




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